Omelia della V domenica di Quaresima (17 marzo 2024 - Anno B)

 


Questo Vangelo parla della glorificazione di Gesù, ma non solo in termini dell’annuncio della sua passione e risurrezione.

Alcuni Greci erano saliti a Gerusalemme per il culto, l’appellativo Greci viene usato in Gv 7,35 quando Gesù dice: mi cercherete ma non mi troverete, e i discepoli pensano: andrà all’estero, tra i Greci, tra gli stranieri. I greci di cui si parla non erano sicuramente Ateniesi, ma piuttosto gente di lingua greca, il che non restringe molto il campo visto che il greco era un po’ una lingua veicolare. I Greci erano stranieri, e anche se osservavano la legge ed erano circoncisi, forse non si osano andare direttamente da Gesù, ma sentono parlare di questo predicatore che potrebbe essere il messia, e avranno pensato: chissa, magari possiamo farne parte.

Allora cercano qualcuno dell’entourage di Gesù e si avvicinarono a Filippo, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo va da Andrea e gli dice: che facciamo?

Decidono di riferire a Gesù la cosa il quale risponde, ma non solo a loro due, non si dice li prese in disparte e disse, sembra che Gesù faccia un discorso a tutti.

Annuncia la salvezza tutti, anche ai Greci, anche agli stranieri, e se parliamo di persone di lingua greca, si intende praticamente a tutto il mondo, accogliere questi Greci significa che Gesù è il messia di tutti, significa che non ci sono esclusi nella casa di Dio, significa che nessuno è tenuto fuori, che nessuno può essere escluso dal disegno salvifico di Dio.

Sembra che questo avvenimento narrato da Giovanni non sia realmente accaduto, ma che sia un modo dell’evangelista di far risalire a Gesù l’universalità del suo annuncio di salvezza, che dobbiamo a Lui questa apertura a tutte le genti, che questa cosa l’ha inventata Gesù, non Paolo.

Gesù nella sua risposta associa la sua glorificazione alla similitudine del chicco di grano che se cade a terra e non muore rimane solo ma che al contrario se muore porta molto frutto e chi ama la sua vita la perde e chi la odia in questo mondo la conserverà per la vita eterna.

Ovvero per incontrare Gesù dobbiamo far rompere questa scorza dura, quella corazza che ci siamo creati, per poter essere accolti, dobbiamo rinunciare a quella vita che ci siamo costruiti per accogliere quella che ci è donata.

La glorificazione di Gesù allora non è solo il suo sacrificio di amore per noi, ma anche la nostra risposta.

La glorificazione di cui parla Gesù è abbracciare questa vita nuova che ci aspetta e che lui ci dona e ci mostra con le parole: dove sono io la sarà anche il mio servitore e il Padre lo onorerà.

Gesù rende Gloria al Padre perché tutto quello che ha ricevuto lo ha manifestato a noi, rende onore anche anche a Giuseppe, infatti rimane il figlio del falegname non lo rinnega. Allo stesso modo noi siamo chiamati a rendere gloria a Dio.

Gesù mette in relazione: tramite la figura dei Greci, l’universalità e attraverso questo cammino di conversione, liberazione e rinascita simbolizzati dal chicco di grano che da frutto e il lasciare la nostra vecchia vita per la nuova, la realizzazione della sua gloria

C’è una promessa grande che ci attende, ma da subito, e non ci sono esclusi, nessuno è escluso a priori: per razza, religione, per la sua vita passata. Non è il nostro passato che ci limita, ma solo il rifiuto di un presente e un futuro promessi. Quindi se Gesù non esclude nessuno chi siamo noi per farlo? Non possiamo escludere nessuno se non noi stessi.

Fr. Abramo 


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