Omelia per la Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (8 dicembre 2024)

 



Non è sempre così semplice comprendere la solennità che celebriamo, l’Immacolata Concezione di Maria, poiché il mistero che oggi contempliamo non trova narrazione diretta nelle pagine bibliche. Nella consapevolezza del credente e della Chiesa, contemplando il volto di Maria, è cresciuta sempre più la certezza che la Vergine ha vissuto un’esperienza di grazia che l’ha preservata dalla macchia del peccato originale. Lei la creatura tutta immacolata, tutta pura, tutta bella!

Ma questa festa cosa ci dice di Maria? Cosa dice a noi?

Contemplare il volto di Maria, in fondo, è contemplare l’immagine di quella creatura “nuova” che è l’orizzonte al quale siamo anche noi chiamati, secondo il prestabilito disegno del Padre che in Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere anche noi santi e immacolati di fronte a Lui nella carità.

In Maria contempliamo la creatura secondo il desiderio di Dio, in Lei troviamo il compimento di ciò che siamo chiamati a diventare anche noi. Un compimento che è la nostra stessa realizzazione, il nostro pieno desiderio.

 

La Parola di Dio appena ascoltata ci mostra gli estremi di un cammino: ci è presentata la bellezza di una creatura pienamente realizzata in relazione con Dio e a Lui pienamente abbandonata, e questa è messa in contrasto con la tentazione a cui il cuore dell’uomo può essere sottoposto, in un desiderio di autonomia e indipendenza che, più che essere emancipazione e libertà, conduce in un vortice di menzogna che priva veramente della vita.

 

Da una parte ci è mostrata Maria nel dialogo con l’angelo nella sua disponibilità, ma anche nel suo desiderio di comprendere e nell’accettazione di un lasciar fare a Dio offrendo tutta la sua collaborazione. Dall’altra Adamo ed Eva confrontati con la tentazione della paura e del sospetto, che sono alla radice di ogni peccato, che sono ciò che mina la relazione con Dio e con gli altri, portando l’uomo ad un abisso di solitudine e disperazione.

 

Significative sono le due domande che il Signore rivolge ad Adamo ed Eva e su queste vorrei soffermarmi…

 

dove sei? cosa hai fatto?

 

La comprensione di queste domande dipende molto dallo spirito con il quale le si accoglie.

Dove sei?” può essere la richiesta di qualcuno che è alla ricerca della persona amata, che ne soffre la distanza, l’assenza, il silenzio. Oppure può essere la minaccia di qualcuno che, furibondo vuole trovare colui da cui si è sentito privare di qualcosa di vitale.

Così come la domanda “cosa hai fatto?” può essere la domanda di chi cerca di capire quale sia la radice dell’infelicità di chi sta soffrendo, per intervenire e offrire soluzioni o vie che conducono alla pace, alla vita. Oppure può essere la recriminazione di un padre arrabbiato di fronte alle marachelle di un figlio discolo e ribelle.

 

E tutto dipende da come queste domande vengono lette, perché il modo in cui queste vengono lette non dice tanto la verità su Dio, ma piuttosto lo stato del nostro cuore. C’è in noi paura di lasciarsi trovare? C’è il sospetto rispetto all’agire di Dio? Oppure c’è la pace e la consolazione di chi si sa cercato, di chi si sente accompagnato, custodito, curato?

 

Adamo, cibatosi del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, è confrontato all’esperienza della conoscenza propria nudità e del proprio limite e di questa nudità e di questo limite prova vergogna e si nasconde… più che agli occhi di Dio, si nasconde a sé stesso. La paura lo invade, perché vede nel proprio limite e nella propria nudità una minaccia. Come difendere una vita così fragile? Da solo non può esserne capace! E adotta tutta una serie di strategie goffe per mettersi al sicuro: delle foglie di fico per nascondere le proprie nudità e dei cespugli dietro i quali nascondersi per rendersi impacciatamente invisibili.

Maria, consapevole della propria piccolezza, fa di questo limite l’opportunità per abbandonarsi nelle mani del Signore, facendosi trovare, dicendo il proprio eccomi. In lei non c’è ombra di paura perché sa che la sua vita è amata, difesa e custodita da Colui che è la sorgente della vita. L’Autore della Vita, Colui che ha plasmato Maria, continuerà a tenerla nelle Sue mani, modellando la storia in modo che tutto concorra al bene… anche se la vita assumerà forme strane.

 

Eva accoglie le parole del serpente con ingenuità, cedendo alla logica del sospetto. Si lascia coinvolgere operando scelte che sono dettate più dalla “pancia”, che dall’intelligenza del cuore e da questa decisione si sente imbrigliata. Alla domanda del Signore che le rivolge – che cosa hai fatto? – con l’intento di accompagnarla in un cammino di verità, la sola che rende liberi, dimissiona delegando la responsabilità al di fuori di sé… non sono stata io ma il serpente.

Maria invece conforma il suo agire in ascolto della volontà di Dio, - come avverrà questo? – sapendo che la volontà di Dio e il bene per la propria vita corrispondono perché il sospetto cede il passo alla fiducia. Nel “si” di Maria c’è la certezza che in ciò che sta accedendo è custodita una benedizione e per questa benedizione ella desidera donare la sua collaborazione con tutto il desiderio del suo cuore, chiedendo chiarimenti sulla via attraverso la quale questa opera si compie, per poter collaborare al meglio.

In Maria, creatura nuova, creatura che vive secondo il progetto di Dio, non c’è paura, non c’è sospetto.

 

Questa celebrazione può anche allora essere occasione per rispondere anche noi alle domande che il Signore rivolge ad Adamo ed Eva e provare a rispondere come Maria, con fiducia e abbandono.

 

Dove sono? Dove mi trovo nel cammino? Quale paura può abitare in me, quale senso di vergogna blocca la mia relazione con Dio e con i fratelli? Riesco a riconoscere l’origine delle mie paure? Quale cammino di verità sono esortato a fare? Da cosa sono spinto nelle scelte che compio: dall’intelligenza del cuore che sa scegliere per la libertà o dai moti istintivi da cui mi lascio dominare?

 

Questa solennità ci ricorda la bellezza dell’essere creature secondo il pensiero di Dio, il solo che da compimento alle nostre esistenze, il solo che ci offre una vita piena e felice.

Ma conformarci al disegno del Padre non è però una impresa che si compie con la sola forza di volontà. È una conformazione che si attua nel desiderio, nell’amore, cercando di corrispondere all’amore del Padre e all’opera che Egli sta compiendo nella nostra vita… con fiducia, con speranza e con abbandono.

Chiediamo alla Tutta Pura, di vegliare sul nostro cammino con amore di madre e di apprendere da Lei la mitezza e la disponibilità.

 

Fr. Emanuele 


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