Omelia per la solennità di Natale - messa del giorno (25 dicembre 2024)

 





 Anche quest’anno, anno di timore, lacrime e sofferenza, il Signore viene a visitarci; più ancora, a stare con noi per mettere sulle sue spalle il peso del mondo che ci schiaccia. Non sono le luci e le decorazioni che ci rallegrano, neanche l’albero o il presepio; per avere il sapore della gioia nel cuore occorre lasciarci guidare da tutte quelle cose alla vera ragione per cui esse ci sono: l’uomo è immerso nella gioia, perché Dio è con noi. Tutto il resto dice solo questa parola, se sentiamo altro, è chiasso inutile. Il dono che Dio fa di se stesso all’umanità è infinito, ma chiede una sola cosa: che quanti lo ricevono lo restituiscano dando se stessi. Non possiamo minimamente paragonare i due doni, ma possiamo paragonare il cuore dei donatori: da una parte e dall’altra c’è una sola misura: tutto. Questo è il grande mistero dell’amore: che non si misura con la quantità, ma con la qualità, per cui anche se siamo ben coscienti che le misure son ben differenti, ciò che possiamo dare è tutto ciò che riusciamo a dare. Forse che i pastori hanno dato meno dei Magi? Da una parte forse una tazza di latte cagliato, dall’altra oro, incenso e mirra. Il valore è lo stesso perché è il valore del cuore. I Magi hanno adorato, i pastori hanno lodato. Così il Re dei re, l’Infinito o come lo chiamiamo senza sapere cosa diciamo: l’Onnipotente, è stato accolto sulla terra: Maria e Giuseppe lo hanno dato a tutti in egual misura e il Padre è stato felice dell’accoglienza fatta al Figlio. Sì, l’Onnipotente è stato presentato come il più debole di tutti, Colui che ci dà la vita e tutto il resto non poteva dare nulla, poteva solo ricevere. È questo che dobbiamo imparare da Dio: si è fatto uomo per insegnarci che le cose non funzionano come le pensiamo noi, ma che i suoi pensieri, che fanno funzionare il tutto, non sono come i nostri pensieri. Allora oggi, pur messi davanti allo spettacolo deplorevole del mondo, possiamo rispondere solo con la gioia di chi si fida dell’amore con cui è amato e con le lacrime di chi ama come Gesù ha amato il suo popolo, piangendo sulla città amata, la bella sposa di Dio distrutta dal peccato del suo popolo e sempre chiamata a risorgere per essere rivestita non solo di gioielli preziosi, ma del volto stesso del suo Creatore. E questa città è Gerusalemme, è ciascuno di noi, la Chiesa e tutta l’umanità, che vive solo perché è amata dalla Vita. Per noi il Signore fa meraviglie e glielo abbiamo detto nella preghiera iniziale: “O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa' che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”. Il Verbo che si è fatto carne per abitare in mezzo a noi e in noi opera questa meraviglia della nostra divinizzazione, ritroviamo l’immagine che avevamo perduta, quello splendore che era nel disegno di Dio. Essendo divenuti fragili a causa del peccato, ormai possiamo confonderci e non capire il valore di questa restaurazione del capolavoro di Dio, ma cercarla con le nostre misure. Per questo Dio è nato per noi in una stalla, nella povertà più assoluta, ricco solo dell’amore con cui è stato voluto e accolto da Maria e Giuseppe, lodato solo da umilissimi pastori e adorato da sapienti che lo hanno riconosciuto nella sua povertà. L’unica strada che ci ha aperto per poter ricevere il suo dono, dono divino al disopra di ogni misura umana, è stata quella dell’umiltà, che lui stesso percorrerà fino alla morte di croce. “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”: questa strada, sulla quale lui vuole essere accolto, conduce all’essere figli di Dio e per questo ha voluto essere figlio dell’uomo, figlio di Maria, l’umile serva del Signore. Già gli apostoli l’hanno cercato su una strada diversa, rifiutando l’abbassamento. La tentazione della Chiesa rimane sempre la stessa: festeggiare il Natale del Signore è lasciarsi ricondurre sulla vera strada della Luce, della Vita, della Gioia e della Pace, strada che si srotola nel fitto bosco delle vanità umane, non su un mare di cristallo senza ostacoli. E l’Apocalisse ci dice: “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mettono in pratica le cose che vi sono scritte. Perché il tempo è vicino”. Il Signore è venuto, il Signore viene e il tempo giunge di uscire dalla pigrizia rimandando la conversione. Ogni presepio ci chiama con urgenza a questa conversione e ci annuncia la vera beatitudine.


p. Cesare

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