Omelia per la IV domenica di Avvento (22 dicembre 2024 - Anno C)

 









 Maria, dopo l’annunciazione si alza in fretta: è la fretta della carità, ma anche il desiderio di condividere con qualcuno che può capire il mistero che sta avvenendo in lei, e di verificare il segno che le è stato annunciato dall'angelo. Un viaggio di circa 200 chilometro, da Nazareth a Ain-Kharim, che anticipa un altro viaggio nella stessa direzione, quando Gesù si incamminerà decisamente verso Gerusalemme per compiere la sua missione: “firmavit faciem suam”, è la stessa determinazione a compiere il piano di Dio che anima la fretta di Maria.  Giunta da Elisabetta entra in casa e saluta per prima: le due storie, del Messia e del Precursore, si intrecciano nell'unico piano di salvezza di Dio, nella casa di Zaccaria dove Elisabetta si tiene nascosta. E' Maria che prende l'iniziativa, colei che porta in sé il Verbo parla per prima e trasmette la sua fede, la sua gioia per la fedeltà di Dio alle sue promesse. Nessuna meraviglia, quindi che le sue parole causino un fremito di gioia nel bambino in seno ad Elisabetta, e in quest'ultima un'apertura piena allo Spirito Santo. Piena di Lui, Elisabetta riconosce la madre del Messia. Possiamo notare come Luca sia l'evangelista più attento all'azione dello Spirito Santo: in Maria, in  Elisabetta, in Giovanni Battista, in Gesù e nella Chiesa nascente. Egli illumina, conforta, rasserena, sostiene e da forza sia nel riconoscimento della propria vocazione che nella testimonianza fino al martirio.  Lo Spirito Santo illumina il mistero di questo incontro, e la madre di colui che sarà “voce che grida nel deserto” esclama a gran voce la benedizione per Maria e per il Frutto del suo grembo. E' il suo modo di aderire con ammirazione al piano di Dio. Nel mistero della Visitazione, veramente, il Messia, in grembo a Maria, comincia a visitare e redimere il suo popolo, rappresentato da Elisabetta, Zaccaria, E tutto questo suscita parole di gioia e di benedizione.

 Elisabetta si riconosce indegna di ricevere una tale visita, “a cosa devo?”: questo dono è pura gratuità. E riconosce la superiorità del Figlio di Maria: “la madre del mio Signore” sul suo bambino, che dirà di sé stesso nei confronti di Gesù: “Lui deve crescere, io diminuire”. Con questa semplice frase Luca mette in chiaro i due ruoli diversi dei bambini ancora in grembo: l'uno sarà il Precursore, l'altro il Messia. E' l'incontro non solo tra le due madri, ma anche tra i due figli: In questo confronto le due donne e i due bambini riconoscono e chiarificano la loro specifica vocazione.

  La voce di Maria fa sussultare di gioia il Battista, che esulta per la venuta dello Sposo. “Una voce, il mio Diletto, eccolo viene saltando per le colline”. La voce di Maria colpisce l'orecchio di Elisabetta, e la gioia pervade il bimbo nel suo grembo. Il Precursore incomincia la sua missione nel grembo di sua Madre, aprendole totalmente il cuore perché lo Spirito Santo possa profetizzare attraverso di lei.  La voce di Maria ha un barlume della Parola creatrice che in lei si sta facendo carne. Quest'incontro, che chiude il parallelismo delle annunciazioni è il segno che Dio è fedele alle sue promesse e che conduce la storia e intreccia gli avvenimenti perché ciascuno possa fremere alla “voce dello Sposo”. L'ultimo pensiero è, di conseguenza, per Maria (v.45) proclamata beata perché ha creduto nell'adempimento della promessa di Dio. Perfetta credente, che si fida e si affida. Totalmente disponibile a fare la volontà del suo Dio. “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato” “...beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”. Alle parole di Elisabetta farà eco questa donna sconosciuta del vangelo, che esalta Maria per la sua maternità. La “correzione” di Gesù mette in rilievo qualcosa di più profondo della maternità fisica di Maria, : la sua adesione nella fede alla parola di Dio, e la sua attuazione. Lungi dall'essere una svalutazione di Maria, Gesù, ancor più di Elisabetta, ne esalta l'attitudine profonda di ascolto e di obbedienza. Quest'attitudine ha reso Maria l'ambiente più adatto per l'incarnazione, ambiente ideale perché colmo di fede “nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

   A questo punto possiamo constatare la grande la necessità che anche noi abbiamo degli altri e del rapporto con loro per capire sempre meglio sia noi stessi che la nostra vocazione,

    Siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, che è comunione di persone in relazione d'amore reciproco. Anzi, questa relazione costituisce e definisce l'identità delle Persone divine. E noi  non non siamo differenti. Abbiamo una nostra identità che si arricchisce e definisce nella relazione reciproca. Ogni fratello o sorella che Dio mette sulla nostra strada, anche quelli “difficili”, sono un aiuto a progredire verso la piena realizzazione di noi stessi per il bene di tutti e del mondo.  Anche per un contemplativo “Dio solo” non basta! I fratelli sono necessari per verificare la serietà del nostro cammino personale e comunitario verso la santità.

   Ma nella tradizione cistercense vi è anche una riflessione molto suggestiva: Abbiamo due donne sante in gravidanza, e in ebraico la radice della parola “misericordia” rimanda proprio all’immagine della donna che ama teneramente il bimbo che porta in grembo, e attribuisce a Dio lo stesso atteggiamento nei confronti di ciascuno di noi. Ebbene i padri cistercensi delle origini, in modo particolare Guerrico di Igny, guardano a quest’immagine per suggerire alla Chiesa e al monaco l’atteggiamento di ascolto e di conversione. Siamo alla fine dell’Avvento, ed è bene ricordare come dobbiamo “aspettare il Bambino”. Le stemma di Pra’d Mill è una sagoma della Madonna con un sole in grembo, dal quale esce un prolungamento che arriva all’orecchio. Certo è presente la meditazione di S. Bernardo nella quale egli insegna che Maria ha concepito attraverso l’ascolto, prima nell’intelletto e nel cuore poi nel grembo. Ma Guerrico rincara la dose! Commentando la frase di Gesù “Chi ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica è per me fratello, sorella e madre” dice ai suoi monaci: “Come potete essere “madri di Gesù”? Facendo come Maria. “Ascoltando con amore la Parola di Dio, custodendola costantemente nel vostro cuore, evitando tutte le occasioni che potrebbero colpire o far abortire il Cristo che viene generato in voi, e poi generare il Cristo nel vostro ambiente di vita con il vostro comportamento”. Quello che si dice di Maria modello di attesa e strumento dell’incarnazione, vale per l’anima del monaco e per tutta la Chiesa. Alla luce di questa ulteriore riflessione sarebbe bello riprendere nella preghiera di questi giorni, la celebre Elevazione alla Trinità di S. Elisabetta Catez: “O Fuoco, divorante, Spirito d’amore, sopravvieni in me, perché si faccia nella mia anima come una nuova incarnazione del Verbo, e io gli sia come un’umanità in aggiunta in cui Egli rinnovi il Suo mistero”. La Chiesa, le nostre singole anime sono chiamate a diventare quindi un nuovo “grembo di Maria” Madre di misericordia, per generare Cristo nel nostro ambiente e nel nostro “oggi”.

                                                                   Fr Gabriele



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