Omelia solennità Immacolata concezione (08/12/2020 )

 

Cantate al Signore un canto nuovo... abbiamo pregato con il Salmo.

Nel giorno in cui celebriamo le lodi della Vergine - custodita dal peccato originale per essere resa dimora accogliente per Dio - siamo chiamati a cantare un canto nuovo, canto che può essere vero solo sulla bocca dell’uomo rinnovato.

La liturgia della Parola si apre con il racconto del peccato del primo uomo e, proprio di fronte a questa triste pagina della storia della salvezza, ci invita a rispondere con le parole del Salmo cantando un “canto nuovo”, perché il Signore ha compiuto meraviglie. In Cristo l’uomo è rinnovato ed, in Lui, tutti quanti noi siamo capaci di cantare un canto nuovo. 

Maria che oggi contempliamo nel mistero della sua Immacolata Concezione, è il modello di questa umanità rinnovata… anzi potremmo dire che è lei stessa il “canto nuovo” che possiamo offrire al Signore.

Con la sua vita ci mostra la dignità di una umanità alla quale siamo tutti chiamati, una umanità possibile, perché realizzata per grazia e non con le nostre sole forze. Aprendosi a Dio e rendendosi disponibili alla Sua grazia, le nostre vite possono recuperare la somiglianza con Dio e diventare meraviglia di Dio.

Cantate al Signore un canto nuovo, dunque, l’invito di oggi.  

Un canto nuovo di cui conosciamo solo in parte la partitura, ma la cui esecuzione forse avviene in modo un po’ stonato o disarticolato. Anzi la ripetizione di una esecuzione un po’ stonata ha forse creato in noi una certa abitudine che rischia di farci perdere la bellezza di un componimento armonico, che alla lunga rischieremmo di dimenticare.  Correremmo il rischio di pensare che una certa cacofonia sia propria del componimento originario, giustificando così la nostra incapacità di suonare o cantare diversamente.

Ed è per questo che ci viene messo di fronte agli occhi un modello perché sia possibile ricordarci a quali meraviglie siamo chiamati, quale “canto nuovo” possiamo cantare, e quale speranza siamo esortati a coltivare.

Nel mettere a confronto due pagine bibliche, la liturgia sembra volerci mostrare due modalità differenti con le quali possiamo “suonare lo stesso spartito” della vita: da una parte Adamo e dall’altra Maria. O meglio, piuttosto che mettere in opposizione, sarebbe più giusto riconoscere che questi due “modelli” siano gli due estremi di uno stesso cammino… c’è un punto di partenza, ma il cammino si orienta verso un certo orizzonte, che è quello mostrato da Maria.

Se dovessimo descrivere questo orizzonte con una parola, potremmo trovarlo condensato nel termine fiducia. Maria è il modello del credente che si abbandona fiducioso nelle mani di Dio ed è lei che può insegnarci a crescere nella fiducia. Dalle letture di oggi mi sembra allora di individuare tre provocazioni che ci sono offerte per rinnovare la nostra fiducia.

Innanzitutto vivere a pieno nella fiducia è avere il coraggio di lasciarsi trovare.

Maria è raggiunta dall’angelo, ed è disponibile ad un incontro. E il saluto del messaggero – Dominus tecum… il Signore è con te – è annuncio della buona notizia ma al tempo stesso è anche constatazione.

Lei vive costantemente rivolta a Dio, davanti ad un “Tu”, e non può pensarsi al di fuori di un “essere con”.

La consapevolezza del suo limite non è per lei motivo di disperazione ma preziosa opportunità per aprirsi all’incontro. Adamo, invece stravolge la bellezza dell’ “essere con” in un voler “essere come” che non ammette incontro ed è per questo trascinato dal tentatore in una dinamica di competizione che alimenta nell’uomo solitudine e disperazione, tanto più drammatica quando questo confronto mette in luce il proprio limite. Adamo ha paura di Dio e si nasconde, non si lascia trovare.

Un secondo aspetto del vivere nella fiducia è quello di avere il coraggio di lasciarsi toccare…. lasciare che sia Dio a guarirci e salvarci attraverso gli eventi che “toccano” la nostra vita.

Adamo ha paura perché è nudo. Gli eventi lo toccano profondamente perché è posto di fronte alla verità del proprio limite: egli non è “come Dio”. E questa verità lo ferisce a tal punto di voler evitare ogni relazione con ciò che acuisce questa sofferenza. Evita ogni contatto e, bloccato, non osa nessun cammino.

In Maria ci è però mostrata la fecondità di una vita che è totalmente affidata: è lei che ci dice che la vita non è ferita ma custodita da Dio. “lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”.

 

Maria si lascia raggiungere e toccare dalle parole dell’Angelo e si rende disponibile a degli “accadimenti” che sono guidati dalla mano di Dio, accadimenti che sono fecondi per la sua vita e per la vita di tutti gli uomini. Questo non significa che le sia risparmiata l’esperienza della paura, della sofferenza. Maria esprime il turbamento di un non comprendere gli sviluppi della sua storia, ma si radica nella speranza di non vedere tradita la fiducia che lei ha riposto in Dio: “Signore tutto disponi per la mia salvezza e ti prenderai cura di me!... non mi deluderai nella mia speranza

 

Infine vivere nella fiducia è avere il coraggio di lasciarsi coinvolgere.

Lasciarsi trovare dal Signore e lasciarsi toccare dagli “accadimenti”, apre dei cammini nei quali però non possiamo essere passivi. Richiedono da noi una adesione, un “eccomi”! Vivere nella fiducia è, certo, accogliere la vita, ma al tempo stesso è dire “si” alla sfida di un “camminare con”… un “si” detto da protagonisti: “Ci sto! Ci credo! Ci scommetto!

Adamo, bloccato dalla paura di allontana da Dio e si dissocia dalla compagnia degli uomini - Eva è la responsabile della sua infelicità -. Maria invece entra in pieno nel progetto di Dio con il suo povero “eccomi”, tanto povero quanto necessario. È il tassello necessario perché il Regno di Dio avanzi: Dio ha bisogno del suo si, così come l’umanità intera. E questo suo coinvolgimento al piano di Dio la rende disponibile al suo prossimo… i suoi passi si muovono spediti verso Elisabetta.

Dio chiede che questo legarsi a Lui nella fiducia, il legame che è fondamento della carità, non assuma il modo passivo dell’opportunismo o del bisogno – abbiamo bisogno di essere salvati, dunque ci conviene! – ma esprima il gusto gioioso di una appartenenza, di un fare proprio il progetto dell’Altro.

E segno evidente della fecondità di questo legame di amore con Dio sarà la verità del legame con i fratelli. Come dicevano i nostri padri nella vita monastica, più ci si avvicina a Dio più ci si avvicina ai fratelli e sorelle nella fede. L’uomo rinnovato è un uomo di comunione.

 

Chiediamo dunque a Maria, la Madre Immacolata di Gesù, immagine di una umanità rinnovata,  di aiutarci a crescere nella fiducia, avendo il coraggio di lasciarci trovare, di lasciarci toccare, di lasciarci coinvolgere!

 

P. Emanuele

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