Omelia II domenica d'Avvento (06/12/2020 Anno B)

 

Le letture della liturgia di oggi ci mettono in ascolto; da lontano arrivano voci che parlano al nostro cuore, così spesso affranto, angosciato o almeno tanto ansioso. “Consolate, consolate il mio popolo”. Il Signore vede, è attento e di fronte alla miseria dei suoi figli invita, anzi manda, i profeti a consolare. Questa bella parola che parla di un balsamo al cuore, di lacrime asciugate, di una presenza che dà coraggio, di un invito a vivere, oggi risuona ai nostri orecchi e ci spinge ad avanzare sulla vera strada della vita. 

Spesso il nostro male viene da noi stessi, ma col suo perdono il Signore lo cancella lo vince e non ci lascia marcire nel nostro fango. La parola è profetica: non sempre, anzi raramente, ci accorgiamo degli interventi salvifici e del fatto che il Signore ci guarda con compassione e misericordia, ma il profeta va sempre ascoltato con un atto di fede: se il Signore lo dice lo compirà e se vuole condurci alla salvezza ci condurrà, nonostante le vicende della nostra storia che sembrano distruggerci più che rialzarci; e anche nonostante la nostra apparente volontà che crede di volere ciò che in verità non vuole.

 Altre voci si alzano: quella dal fondo del deserto, il luogo dell’amore di gioventù della sposa Israele e quella di Giovanni Battista, il più grande dei profeti, che ha aperto le porte al Messia Salvatore. Tutti ci invitano a guardare, attendere, ascoltare e aprire le braccia e il cuore per accogliere.

 Il Tempo dell’Avvento ha questa bellezza, serena e nascosta, dell’avvicinarsi di tutto ciò che possiamo sperare e aspettare, di tutto ciò che può sanare le nostre ferite e darci una profonda letizia. E’ Dio stesso, l’Emmanuele, il Dio con noi, che viene a visitarci, ancor più: a legarsi alla nostra vita in modo indissolubile; noi che siamo sempre messi con le spalle al muro dalla nostra debolezza, fragilità, inconsistenza, riceviamo una parola sicura, solida, una presenza fedele. 

Voci fuori campo hanno abitato i secoli e aprono la strada al Salvatore, fino a Giovanni il Battista, che riprende l’antico tema: preparate la strada, raddrizzate i sentieri della vostra vita, orientateli verso di lui per non perdervi nei labirinti antropofagi delle false luci, che promettono dei beni fantasmi, che si dissolvono appena allunghiamo la mano per afferrarli. 

Tutti accorrevano per farsi battezzare, immergere in un acqua simbolo della purificazione, tutti confessavano i loro peccati per sciogliere in quel lavacro purificatore il peso della loro miseria morale e materiale. Eppure tutto era ancora solo attesa, preparazione piena di entusiasmo e di fiduciosa speranza. Giovanni il Battista non vuole fare da ostacolo attirando su di sé l’attenzione: rimanda a Colui che è più grande di lui, a Colui che davvero può rispondere all’attesa e che porterà la Parola che salva. In questo è davvero profeta: solo un tappa che permette di continuare il cammino verso la meta, tappa che rifocilla il pellegrino stanco e apre gli occhi a chi è stanco di guardare un orizzonte apparentemente vuoto. 

Noi, siamo solo profeti: non siamo il Cristo; eppure possiamo far sì che la strada verso il Signore sia percorribile. Purtroppo possiamo anche cospargerla di inciampi e pannelli che indicano falsi miraggi. Spesso la tentazione viene dal fatto che crediamo che la nostra vita è breve e vorremmo tutto subito, mentre la nostra vita non è breve, è eterna e vedremo la realizzazione delle promesse quando passeremo la porta: quella che non temerà più il dissolversi del nostro mondo, lo sparire dei nostri miraggi, la volatilità delle nostre sicurezze. 

Tutto è vanità, dice il Saggio Qoeleth, tutto è soffio di vento. Ma noi sappiamo che la Parola di Dio è una roccia che non si lascia portar via dai marosi della storia e del Male che imperversa nel mondo. La parola di San Pietro è la vera saggezza: “Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza.” La compirà perché non può contraddirsi. 

Anche se non capiamo il come, siamo chiamati a fidarci. Ma Pietro ci dà il segreto del cuore paterno di Dio: “non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”. Ecco a cosa serve il tempo: è il luogo della pazienza misericordiosa di Colui che vuole che tutti siano salvi. Tutto ciò che ci sembra bello da possedere, da vedere, sicuro per appoggiarci si dissolverà in un modo che potrà spaventarci: abbiamo paura della fine delle cose, ma la nostra attesa è: “Noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.”. 

Prospettiva che ci fa voltarci a 180 gradi e che dà senso alla nostra vita: “Nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia”, dice ancora San Pietro. L’Avvento in tal modo diventa il tempo della conversione, della scelta del modo di vivere, non con uno sguardo rivolto a noi stessi e alla nostra bravura, ma guardando verso l’orizzonte da cui viene Colui che è l nostra Vita.

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