Omelia di P.Cesare

Omelia di P. Cesare (10/11/2019 Dom XXXII T.O. Anno C)

Questa Parola di Gesù non è tanto facile da interpretare e da capire, anche se il senso. sembra
chiaro. La sfida, come al solito abbastanza ipocrita, dei Sadducei, che parlano per metterlo in imbarazzo e separarlo dai farisei in modo da creare una vera alleanza contro il Messia, è sul fatto della Risurrezione.

Anche Paolo, in un momento in cui rischiava un processo e la morte approfitterà
di questo dissidio dottrinale fra i due partiti che influenzavano il popolo, per separarli e in tal modo evitare il giudizio e la condanna.

La domanda sembra assurda: una donna ha avuto sette mariti e da nessuno ha avuto figli; questo
fatto ricorda un passo del libro di Tobia. Lo scopo è mettere in ridicolo la fede nella risurrezione
della carne, che, per noi cristiani, è uno dei pilastri della nostra fede, ricordato anche nel Simbolo
degli Apostoli. Se Cristo non è risorto, dice San Paolo, vana è la nostra fede; ma se Cristo è risorto,
allora anche noi risorgeremo. I Sadducei non solo negano, ma sembrano deridere la fede nella
Risurrezione. “Sta scritto”: l’argomento di autorità impiegato per paralizzare l’avversario; la Legge
è presa come catena e non come fonte di libertà. Poi nel loro sviluppare l’accusa mostrano di
immaginare la vita eterna come una semplice continuazione, magari migliorata, del benessere fisico
della terra. Ma Gesù mette subito in chiaro che non è certo in questi termini che bisogna pensare.

Nel suo argomentare non nega il valore del matrimonio: il dono che si fa a Dio nel sacramento è
qualcosa che non può essere cancellato, ma, come anche per l’Eucaristia, la nostra unione a Dio non
scomparirà, ma non sarà più nel “prendete e mangiate” e “prendete e bevete”, ma in un amore
trasfigurato e in una comunione di persone totalmente nuova, perché infinitamente più grande e più
bella. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”, dice il Signore nell’Apocalisse.

L’amore vicendevole non sarà tolto, ma reso vivo (risorto) in un modo nuovo. Per questo ogni
amore personale diventerà sorgente di amore universale, in modo che da quella radice, che siamo
noi viventi sulla terra, crescano rami e fronde in un mondo nuovo, sotto il sole divino. La nostra vita
“dentro” la terra ha, perciò, un grande valore; mentre la Parola di Dio e i Sacramenti nutrono quelle
radici che, abbeverate di carità, nella Primavera dell’eternità, l’albero (che saremo sempre noi)
porteranno abbondanti fiori e frutti.

Gesù non nega il valore dell’amore umano, né ne annuncia la sparizione, ma ci ricorda che siamo
fatti per vivere la vita divina che è ben di più: l’amore Trinitario è vita per tutto l’universo e tutta la
storia.

Se non capiamo questo, non potremo mai capire il senso della Risurrezione: questa , infatti, non è
un semplice continuare a vivere, ma vivere “altro”; eppure non “tutt’altro”, perché ciascuno di noi
rimarrà se stesso, ma in modo nuovo.

Penso che può essere questo che vuol dire: “quelli che sono giudicati degni della vita futura e della
risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché
sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”. Risorti siamo figli
di Dio: le relazioni umane si espandono, si dilatano alla dimensione dell’amore infinito e ciò che nel
nostro amore umano era fragile, limitato e difettoso, causa di sofferenza e di tante piccole morti,

non troverà più limiti, né difetti. Finalmente saremo felici e liberi di amare senza paura della morte,
di perdere, di non essere capaci o di non essere amati.

Gesù completa il suo insegnamento con una frase lapidaria: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di
Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dire il Dio di Mosè o di un padre e di una madre non ci porta nel passato, ormai morto, ma esprime
la certezza che la nostra storia non è una strada cosparsa di cadaveri, ma di viventi che hanno
raggiunto la piena capacità di mettersi in relazione, di darsi totalmente per essere totalmente nella
pienezza della vita.

Per questo il pensiero che il nostro Dio non è il Dio del morti, ma dei viventi è ciò che il mondo non
comprende. I Sadducei non erano capaci di pensare oltre al visibile, i farisei avevano un orizzonte
più vasto, ma ancora rinchiuso nella Legge, nel fare, nel farsi, nel meritare ed essere ricompensati.
Gesù ci porta tutti alla dimensione dell’amore, che è gratuità totale, totale sorpresa che ci fa
oltrepassare ogni orizzonte puramente umano, per aprirci alla vita divina.

P Cesare

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