L'omelia di P.Cesare

Omelia di P. Cesare (10/11/2019 Dom XXXIV T.O.C 2019 – Cristo Re)

Al termine dell’anno liturgico e verso la fine dell’anno civile possiamo accogliere il suggerimento
di San Paolo nella lettura di questa domenica: “Ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci
di partecipare alla sorte dei santi nella luce”.

La parola gioia non significa che tutto è andato bene e
che non ci sono lacrime; l’anno per questo nostro povero mondo è stato piuttosto duro per disastri naturali e per il male che cova nel cuore dell’uomo. Ma Paolo vuole che prendiamo coscienza che al di là e sopra di tutto c’è questo dono del Signore Misericordioso, che ci ha dato di partecipare alla sorte dei santi nella luce e di poter vivere ogni istante della nostra vita come una grazia, che ci conduce al di là di tutta quella sofferenza che ci sommerge e che sommerge il mondo. Al di là, ma non in un mondo da favola: è una profezia del mondo definitivo, lavato dalle lacrime e trasfigurato dal sacrificio d’amore del Cristo, che oggi riconosciamo come Re dell’universo; Re nel pieno senso della parola, che regge e porta il peso sulle sue spalle fino a consegnare tutto al Padre, perché la comunione gioiosa della Trinità si comunichi a tutte le creature.

Il Vangelo di oggi ci introduce in un clima che ci fa comprendere davvero questo mistero della
Regalità di Cristo. Morendo sulla Croce, Gesù prende su di sé il peccato di tutti e apre le porte del
Regno, in modo che la porta sia largamente aperta. Nessuno può disperare della misericordia e della
bontà del Re, perché questi si è posto ai piedi di tutti per innalzaci tutti verso la pienezza della vita.
San Paolo l’ha chiaramente spiegato: “È piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per
mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua
croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli”. Questa pace non è un trattato
politico, fatto di interessi che si equilibrano, ma è la vera Pace, quella che solo Gesù ci dà, come lui
stesso l’ha detto: pace ottenuta dal dono gratuito e totale di se stesso, che è l’unica possibilità per
togliere ogni traccia di conflitto.

Il dialogo fra i due ladroni e quello fra Gesù e il buon ladrone (che la tradizione chiama Dismaso ed
è, naturalmente, considerato santo), si completano e ci illuminano. Nel primo c’è l’aggressività
cieca e rabbiosa che si scontra con la chiarezza della vera ragione, che è ricerca della verità e
sorgente di umiltà; nel secondo incontriamo la miseria dell’uomo, illuminata dalla sofferenza, che si
affida alla Misericordia Incarnata, che è scesa per condividere ogni sofferenza umana.

In questo troviamo il vero senso di ogni potere e di ogni autorità e questa festa, il cui titolo può sembrarci anacronistico, è per tutti noi scuola e presa di coscienza di cosa vuol dire avere una responsabilità, un incarico, un ministero o servizio di qualunque genere. La vera autorità non solo guida verso il bene, ma cura e lenisce le ferite dei cuori. L’altro malfattore sfogava la sua sofferenza con rabbia e cercava sollievo nel ferire gli altri. Spesso constatiamo questa dolorosa verità: la sofferenza genera cattiveria e questa è indice di qualcosa che ferisce profondamente il cuore; il “buon ladrone” invece cerca rifugio nella fiducia e nell’umiltà. Gesù, certo, è morto per entrambi, ma dice una parola di salvezza a uno solo, mentre con l’altro tace, per mostrare a tutti la via della salvezza, che è accettare l’ingiustizia e l’insulto in silenzio e farsi prossimo di chi riconosce di aver bisogno di noi.

Anche in questo è Re, che conduce il suo popolo verso la giustizia e la pace.
San Luca sottolinea anche in un altro versetto questo atteggiamento regale di Gesù e dice: “il
popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se
è lui il Cristo di Dio, l'eletto»”.

Da una parte il popolo stupito davanti a quel Messia che appariva così potente in parole e in opere e che ora è impotente e silenzioso: la speranza che aveva suscitato sembra svanire nel nulla e lo smarrimento è grande. Stavano immobili guardando senza capire cosa poteva essere successo: solo la fede nella Risurrezione può svelare il mistero. I veri nemici, invece, loro che erano stati tante volte sconfitti dalla Parola di Gesù e smascherati con grande gioia del popolo oppresso da un falso potere che schiacciava con leggi minuziose imposte da chi non le sollevava neanche con un dito, continuano a infierire con sfide e disprezzo. Sono maestri del dubbio: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. Gesù aveva parlato di ciechi e guide di ciechi, e fin sotto la croce, nella grande epifania dell’Amore, continuano a non vedere.

Le due regalità sono una difronte all’altra, ma il vero Re, innalzato da terra, attira tutti a sé.
Eppure chi non poteva sapere, chi non era interessato, chi non cercava Dio, il Dio di Abramo, il
pagano romano senza saperlo ha proclamato davanti a tutti la grande profezia: “Costui è il re dei
Giudei”, l’Atteso che di tutti i popoli farà un solo popolo per la gloria del Padre.

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