Omelia della Domenica (17/11/2019 XXXIII T.O. Anno C)
Questa
domenica che ci avvia alla conclusione dell’anno liturgico ci offre dei testi
che orientano il nostro sguardo alla fine dei tempi e ci mettono nel clima dell’attesa.
Il brano del vangelo che abbiamo letto, precede il racconto della passione.
Colui che è stato portato via ai suoi discepoli nell’umiliazione della croce,
lo stiamo aspettando e ritornerà nella gloria come mostra l’autorevolezza dei
suoi ultimi discorsi.
Il ritorno di
Gesù sarà il “Giorno del Signore” a cui accenna il profeta Malachia nella prima
lettura. Sarà giorno tremendo per gli ingiusti. Il Signore tornerà come fuoco
divorante da cui non ci si potrà difendere. Sarà giorno di grande gioia per
coloro che temono Dio e che aspettano Gesù a braccia aperte, pronti ad
abbracciarlo dopo averlo tanto atteso. Speriamo di essere nel numero del
secondo gruppo.
Con questa
chiave di lettura si può cogliere che il messaggio più importante del brano del
Vangelo non sta negli avvenimenti drammatici a cui si accenna, ma nella
conclusione dove si parla dei discepoli che attendono, incoraggiati a
perseverare: Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita dice il
testo.
Prendiamo le
parole una alla volta. “Perseveranza” è non solo resistere senza cedere di
fronte agli eventi avversi. Luca ci suggerisce un’altra pista quando riporta la
parabola del seminatore in cui si dice che il seme sulla terra buona sono
coloro che dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro, la custodiscono e
producono frutto con perseveranza (Lc 8,15). La perseveranza del discepolo
somiglia alla lunga alleanza fra il seme e la terra che permette ad ambedue di
essere trasformati e di passare dalla sterilità alla fecondità, una fecondità
che stupisce per la sua abbondanza. Il seme se resta suo sacco e non muore
nella terra, secca nel suo sacco. La terra resta un insieme di pietre e rovi se
non c’è il seme che da un motivo al contadino di coltivarla. La stessa
perseveranza viene proposta al discepolo che vive in mezzo agli avvenimenti
impegnativi che il discorso di Gesù ha appena evocato.
Cerchiamo di
capire meglio anche la promessa di “salvare la vita”. L’originale suggerisce
anche una traduzione diversa. Invece che salvare, si può rendere il verbo del
testo con “acquistare”. Luca che riporta le parole di Gesù, propone al
discepolo che ascolta di acquistare un po’ per volta la propria vita. Nella
direzione di una progressione prolungata nel tempo spingeva già l’invito alla
perseveranza. Chi persevera nell’attesa del Signore e nella giustizia acquista
la sua vita come un patrimonio che cresce sempre di più fino alla meraviglia di
un raccolto straordinario e non immaginabile all’inizio. Si tratta di saper
fare “buoni affari” con quello che gli avvenimenti offrono, fino a sperimentare
lo stupore e la gratitudine di una vita salvata.
Si può sperare
che un giorno possiamo invertire il senso dell’espressione: “Perché proprio a
me ?!” che in genere è una lamentela per una disgrazia o per una contrarietà.
Forse un giorno ci verrà da dire con meraviglia, perché proprio a me essere
vivo e non essere polvere e cenere. Eppure dalla polvere siamo stati tratti e
in quella direzione sembra spingerci la nostra condizione di mortali ? Perché
proprio a me, a noi la gioia di essere insieme e di volersi bene, mentre la
fatica delle relazione la difficoltà di trovare le parole giuste per capirsi a
volte ci spingono alla rassegnazione triste di preferire la solitudine? E
dovremo riconoscere che tutto è arrivato per puro dono, senza dover pagare un
prezzo, senza dover acquistare nessun merito. La meraviglia supererà l’attesa
che i “buoni affari” abbiamo tentato di fare vivendo il meglio che ci riusciva.
Allora
acquistano un altro senso le difficoltà a cui le parole di Gesù ci preparano
per non farci sorprendere. Sono la merce che troviamo che abbiamo a
disposizione e che come abili mercanti possiamo fare rendere, vedendo in essa
delle possibilità che altri non vedono. Prediamo solo due esempi fra quelli il
lungo discorso di Gesù ci offre.
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Innanzitutto
il tempio che i discepoli guardano con ammirazione e di cui Gesù annuncia la distruzione. Nelle
parole di Gesù risuonano quelle del profeta Geremia che tentava di scuotere i
suoi contemporanei dicendo: Non confidate in parole menzognere dicendo
“Questo è il tempio del Signore,il tempio del Signore,il tempio del Signore!
Mentre poi non rendete buone la vostre azioni e non praticate la giustizia (cfr
Ger 7,4-5). O ancora le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni Distruggete
questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere…. Parlava del tempio del suo
corpo (Gv 2,19-21). I templi di pietre, quello di Gerusalemme e tutti
quelli che gli uomini costruiscono, sono di una solidità illusoria. C’è un
tempio senza mura che è vivere la giustizia come Gesù la insegna. Qui si può
adorare il Padre in spirito e verità (cfr Gv 4). Ogni volta che trattiamo con
rispetto gli altri e le cose che la bontà di Dio ci ha messo fra le mani, non
rendiamo sacra la vita. Il luogo e lo spazio in questo avviene diventa il
Tempio di Dio, un tempio non sottoposto ad usura e che non rischia di essere
demolito dalla violenza delle guerre.
Ancora si può
accennare alla persecuzione, della cui possibilità Gesù avverte i discepoli di
ogni tempo. Lui ci offrirà le parole che ci saranno necessarie e non solo per
controbattere e affermare le nostre ragioni. Non sempre è così, specialmente se
pensarci dalla parte di Dio sollecita l’orgoglio del credente. Di certo ci
mette a disposizione le parole che attestano davanti a Dio che vogliamo offrire
la nostra vita per il bene di tutti e per la Gloria di Dio. Sono le parole dei
salmi, sono le parole della messa in cui uniamo la nostra vita al Sacrificio di
Gesù. Le sue parole e suoi gesti, il suoi desideri e il suo stile, diventa un
po’ per volta il nostro. Questo facciamo ogni volta che preghiamo e ogni
domenica quando partecipiamo all’eucarestia. Uniti a Gesù siamo rassicurati che
ogni contrasto e incomprensione che incontriamo a causa sua, non è sprecato.
Facendo affari
con queste ed altre situazioni potremo acquistare la vita come un dono
inaspettato e potremo tenere aperte la braccia aperte per aspettare il Signore
che sempre viene e che verrà nell’ultimo giorno.
fr Zeno
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