Omelia per la messa del giorno di Pasqua - 20 aprile 2025

 




Oggi è un giorno di grande Luce. La Luce che illumina ogni vivente si è alzata, ha vinto le tenebre e l’ombra della morte e vuole penetrare tutti i cuori per dar loro la Vittoria su tutto ciò che è tristezza, scoraggiamento, durezza di cuore, rancore e tutta la processione di ciò che il diavolo ha inventato per ferire l’uomo, figlio di Dio. Fin dall’alba, con le donne pronte a versare fiumi di lacrime, abbiamo ricevuto la buona Novella: “Perché cercate fra i morti Colui che è il Vivente? Non è qui, è risorto!” Quanti dubbi e quante preoccupazioni si sono dissolti alle parole dell’angelo: la pietra sigillata, segno della vittoria definitiva del Male, che le donne non sapevano come togliere per poter rendere l’ultimo atto di affetto al Signore, era stata tolta. E dentro la tomba non hanno trovato nessuno. Tutto ciò che succede, oggi come ieri, tutto ciò che ferisce il mondo, la vittoria del Male, tutto ciò che fa un chiasso che mette paura e disorienta, è spazzato via. Davanti ai grandi e spesso molto dolorosi avvenimenti che ci circondano, dobbiamo ben riconoscerci fragili, piccoli e impotenti. Non è cosa facile da accettare: in questo noi moriamo col Cristo, per vivere con Cristo. Lui stesso, il nostro Dio, si è fatto fragile e non ha chiamato le dodici legioni di angeli per vincere. Ma gli angeli al sepolcro hanno detto: non abbiate paura e noi abbiamo cantato nella Sequenza: “Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.” Maria Maddalena, con le altre donne, dopo la scoperta della tomba vuota sono corse dagli apostoli. In questa corsa possiamo riconoscere lo spavento, l’angoscia, ma anche forse la speranza: certo ricordavano le parole di Gesù, parole che sanno infilarsi nelle piccole fessure del nostro cuore indurito e timoroso, più pronto a vedere la tragedia che la vittoria. La Risurrezione del Signore, che oggi annunciamo, che diventa l’augurio con cui ci salutiamo, è come una tromba che squilla durante una disfatta e che ridà il coraggio di voltarsi e tornare indietro e riprendere la battaglia, e conseguire la vittoria. Ci impedisce di dire: “Tanto il mondo va così e io non posso farci niente”. La corsa di Maria Maddalena non era una fuga, ma un bisogno di dire il timore e la speranza: sono cose che non possiamo vivere da soli. La Risurrezione di Gesù raccoglie gli uomini dispersi, le pecore smarrite, i cani perduti senza collare, e ne fa un popolo unito da una fede che genera speranza, una speranza che deve essere condivisa. Quella corsa è stata l’inizio di tanti passi nel mondo, che hanno raggiunto le terre lontane e oggi, anche se la Chiesa è spesso perseguitata, in genere minoritaria, anche nei nostri paesi, dappertutto qualcuno sta gridando: “Cristo, mia speranza, è risorto”! Quello che Paolo ha scritto ai Colossesi è una parola che ci interpella in modo forte: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” e noi, oggi, con una liturgia tanto bella, e che ci sconvolge, abbiamo il coraggio di alzare lo sguardo per cercare “le cose di lassù”. Nella bellezza della buona Novella possiamo già vedere la fine delle guerre, delle ingiustizie, la vittoria sulle malattie, la pace nelle inimicizie. Non è un’illusione: è uno sguardo che vede il seminatore seminare il buon grano, che certo crescerà. Questo buon seme si è riprodotto ed giunto a nutrire anche noi, tanto distratti in un mondo che non sembra permettere al Vangelo di trovare il suo posto e dare la Luce; noi che dopo quasi duemila anni osiamo sfidare il freddo ambiente sociale, in cui siamo immersi, gettando fiamme di fuoco con l’annuncio: “Cristo è risorto”. Dobbiamo accompagnare questo annuncio e il nostro voler testimoniare con la certezza che il seme è buono, è vivo, e che penetrato nel buio della terra, sottoposto alla sfida del nascondimento e della apparente corruzione, porta frutto. Il Signore non lascerà i suoi diletti morire di fame, ma li nutrirà con la sua stessa vita. Come San Pietro ha annunciato ai pagani che avevano sete di ricevere una Parola che portasse loro la Luce: noi siamo testimoni di Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio.” Possiamo meravigliarci del fatto che anche oggi riusciamo ad entusiasmarci per ciò che Dio ha fatto per noi: nel cuore di un mondo disincantato, deluso, indifferente. Bisogna continuare a gridare come la Maddalena e le sue compagne: Cristo, mia speranza, è Risorto!

p. Cesare 



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