Omelia per la II domenica del Tempo Pasquale - 27 aprile 2025




Siamo abituati ad ascoltare questi racconti delle prime apparizioni di Gesù risorto, alla luce del più grande e sconvolgente annuncio della nostra fede, apportatore di una speranza inaudita per noi e per ogni uomo: Cristo è risorto, primizia di coloro che sono morti … in Lui tutti riceveranno la vita (1Cor 15,20.22). La risurrezione di Cristo per san Paolo è la prova che anche noi risorgeremo, è la prova della vita eterna, è la prova che la morte non ha l’ultima parola sulle nostre vite.

E questo non per rimandare la nostra felicità all’aldilà e sopportare pazientemente questo tempo frammisto di gioie e tristezze, di speranze e di angosce; ma affinché la fede nella vita eterna dia il senso, le ragioni, la forza per vivere pienamente, senza paura, la nostra vita nella certezza che tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile … non andrà perduto.

Ma le letture di oggi ci offrono anche alcuni interessanti spunti di riflessione sulla Chiesa, su questa comunità di credenti che all’origine è costituita dal gruppo dei primi discepoli del Signore.

La sera di Pasqua li troviamo riuniti in un luogo a porte chiuse per paura dei Giudei. Possiamo immaginarli anche abitati da sentimenti di delusione e fallimento: la maggior parte di loro, la notte del giovedì santo, al momento dell’arresto di Gesù, erano fuggiti e scomparsi dalla scena fino ad oggi; Pietro si era lasciato intimorire da alcune donne fino a negare per ben tre volte la sua amicizia con il Signore. Uno di loro lo aveva addirittura tradito e venduto.

Paradossalmente è l’esperienza della paura, del fallimento, della fragilità, del peccato che caratterizza il gruppo degli apostoli, la Chiesa nascente. La Chiesa nasce nella coscienza della propria tentazione e del proprio peccato. E tuttavia l’apparizione del Risorto fa prendere coscienza che questo peccato è oggetto di grazia, di perdono, di liberazione da questo male. “Pace a voi”, aveva detto Gesù apparendo loro; “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. La Chiesa non nasce perfetta, dal primo papa, Pietro, fino all’ultimo credente. Ma vive di grazia: consapevoli del nostro peccato siamo tuttavia inseriti in essa attraverso il battesimo, che ci dà il perdono, la dignità di figli e la missione di annunciare ad altri la misericordia e la salvezza che abbiamo ricevuto.

E allora ecco che nella prima lettura vediamo gli apostoli muovere i primi passi di questa missione ricevuta. Ma prima ancora del fare, c’è un modo di essere di questa prima comunità di credenti: tutti erano soliti stare insieme, dice la traduzione odierna, ma rispettando le parole originali si potrebbe anche tradurre: “erano tutti unanimi, stavano tutti insieme in modo concorde”.

La Chiesa che il Signore vuole è una comunità di credenti che nasce dall’esperienza del perdono e che si consolida grazie allo stare insieme unanimemente. L’esperienza del perdono ricevuto ci cambia, ci rende capaci di guardare gli altri e di accoglierli con misericordia, di riconoscerli compagni di viaggio, fratelli e di creare così una fraternità, una comunità. Che d’altra parte non annulla le differenze, non deve far perdere la coscienza personale e il senso di responsabilità, come potrebbe lasciar intendere la parola “unanimità”. Perché è vero che esiste un modo di aggregarsi, di fare gruppo creando una solidarietà comune in nome di qualcosa o qualcuno o, in senso negativo, contro qualcosa o qualcuno, trovando un nemico comune. Ma non può essere questo lo stile della comunità voluta da Colui che vorrebbe spingerci a considerarci tutti fratelli, a considerarci solidali con tutta la creazione, ad amare perfino i nemici, a non avere più nemici...

L’unanimità che dovrebbe animare la Chiesa, le nostre comunità, si fonda invece sul principio opposto alla contrapposizione, alla creazione di un nemico: sempre più credenti venivano aggiunti al Signore, si dice ancora nella prima lettura: è l’unione personale con il Signore, il Figlio, che ci rende figli e ci rende fratelli di tutti, per formare quindi una fraternità aperta a tutti.

L’unità/l’unanimità nella Chiesa non è il frutto di alleanze, accordi, compromessi, nemici comuni da combattere; l’unità nella Chiesa deriva invece dalla coscienza di essere stati aggiunti, senza meriti, a un Corpo, quello di Cristo; di essere entrati in comunione con Lui che a sua volta ci mette in comunione con gli altri, una moltitudine di uomini e donne, precisa il testo. Quale altro volto assumerebbe la Chiesa, assumerebbero le nostre comunità, quando diventasse evidente che sono costituite da uomini e donne di comunione, che il fondamento del loro stare insieme è la comunione personale con Dio che apre alla comunione con tutti!

Comunità di peccatori perdonati aggiunti al Signore, gli apostoli agli albori della Chiesa si ritrovano malgrado ciò a compiere molti segni e prodigi. In realtà la prima lettura dice che è attraverso, tramite, per mezzo delle mani degli apostoli che avvenivano molti segni e prodigi. Tommaso per credere aveva preteso di vedere i segni dei chiodi nella mani di Gesù risorto; ora, attraverso le sue mani, il Signore compie segni di guarigione e di liberazione. Per Pietro avviene qualcosa di simile attraverso la sua ombra: “Portavano gli ammalati nelle piazze perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro … e tutti venivano guariti”. Sembra che il Signore abbia deciso di continuare la sua opera di salvezza attraverso le umanità ferite e opache dei suoi discepoli, che i loro limiti, fragilità, ombre … non siano di ostacolo ma persino lo strumento attraverso cui il Signore cura, guarisce, libera.

Una comunità di peccatori perdonati, aggiunti al Signore senza merito alcuno, che diventano segni e strumenti della volontà di Dio che tutti gli uomini siano salvati: questa è la Chiesa delle origini che il Signore ha voluto, e la Chiesa per la quale papa Francesco si è speso fino alla fine nel suo ministero. E questa è la Chiesa che chiediamo al Signore continui a donarci, collaborando alla sua edificazione nelle nostre piccole chiese domestiche.

fr. Amedeo 

Commenti

Post più popolari