Omelia della VI domenica del T.O (11 febbraio 2024 - Anno B)

 





«Se vuoi, puoi purificarmi!». «Lo voglio, sii purificato!».

Sicuramente l’incontro con il lebbroso non è stato come come gli altri, come con l’indemoniato nella sinagoga di Cafarnao, come con la suocera di Pietro oppure come tutti i malati che gli portavano, il lebbroso era ritenuto impuro, non si poteva avvicinare alle persone, era emarginato dalla famiglia e dalla società, le persone gli stavano alla larga: sia per evitare il contagio, ma anche perché se qualcuno lo toccava anche lui sarebbe diventato impuro.

Sicuramente il lebbroso non poté andare da Gesù insieme alla folla di malati, sarà andato di nascosto, di notte, quando Gesù era solo, un po’ come fece Nicodemo.

Il Lebbroso non ha nessuno, non ha nessuno a cui rivolgersi ma può rivolgersi a Gesù, come a dire: qualunque sia il male che ci affligge, ci si può sempre rivolgere a Lui, si può sempre rivolgere lo sguardo verso di Lui. Infatti mentre tutti lo evitano, Gesù invece lo tocca, poteva guarirlo a distanza, in fondo era contagioso, invece Gesù lo tocca, come tocca le nostre ferite per guarirle.

Oggi la lebbra è malattia marginale non delle più letali, non delle più diffuse e nemmeno delle più contagiose, ma in quanto malattia della solitudine, della separazione e dell’emarginazione, è quanto mai attuale e presente. Allora ci rendiamo conto che ognuno di noi è un po’ come quel lebbroso, quando lasciamo che le nostre piaghe prendano il sopravvento al punto da impedirci una vita di comunione piena, una vita veramente felice.

Colpiscono le parole del lebbroso perché sono imperative, non lasciano trapelare dubbi riguardo alla sua fiducia in Gesù, e poi non dice guariscimi, come ci si aspetterebbe da un malato, ma purificami, perché c’è differenza tra essere guariti o purificati, significa che non riguarda solo il corpo o la salute.

Allo stesso modo per quanto ci riguarda possiamo chiederci se quando preghiamo: chiediamo di essere guariti o purificati, sanati o salvati? È importante perché anche noi, come il lebbroso abbiamo bisogno di essere purificati, liberati da quelle catene che ci impediscono la libertà d’animo che fa si che possiamo essere davvero in comunione piena gli uni con gli altri e con Dio. E infine come al lebbroso anche a noi Gesù risponde: «Lo voglio, sii purificato!».

Perché Gesù è li per noi a tendere la sua mano verso di noi, quasi ancora prima che glielo chiediamo, non come tuttofare, ma per permetterci questo passaggio dalla separazione alla comunione, dalla tristezza alla felicità. E noi come lui siamo chiamati a fare lo stesso, da una parte tendere noi la mano, dall’altra lasciarci noi stessi toccare e trasformare dalla mano di chi ci sta accanto.


Fr. Abramo 

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