Omelia della domenica V del T.O (4 febbraio 2024 - Anno B)



Il vangelo di questa quinta domenica del tempo ordinario ci riporta agli inizi della vita di Gesù. Nei versetti che precedono la pagina che abbiamo ascoltato oggi, in poche righe ci vengono raccontati un susseguirsi di eventi: Gesù passa lungo le rive del lago di Tiberiade e chiama i primi quattro discepoli, entra nella sinagoga di Cafarnao, desta stupore per la bellezza e la sapienza del suo insegnamento e inoltre guarisce un indemoniato… Ma la serie di successi di Gesù continua anche nel brano che abbiamo ascoltato oggi. La suocera di Pietro era malata e Gesù la guarisce e subito, in quella stessa sera, una folla innumerevoli di malati e indemoniati si ferma sulla porta della casa di Simon Pietro per essere guarita e liberata. E così avviene.

Il ministero di Gesù, sin dagli inizi, sembra essere un ministero fecondo, pieno di successo. È finalmente il liberatore, il salvatore, il guaritore!

Nella breve descrizione di Marco sembra quasi palpabile l’euforia di questa moltitudine di gente colpita da questi miracoli, desiderosa di essere a propria volta liberata, guarita! E forse anche noi siamo contagiati da questa euforia! Tanto che potremmo rimanere un po' colpiti dal contrasto che sembra emergere tra la prima lettura nella quale Giobbe ci riconsegna la cruda verità di una vita dell’uomo che si rivela dura e faticosa e la pagina del Vangelo nella quale, ad una prima lettura, rimaniamo attratti da questo guaritore di eccezione, da questo maestro di successo… ci sembrerebbe essere oramai giunto con Gesù il compimento di una lunga attesa. Finalmente il male e la morte sono vinti! Finalmente possiamo godere di una vita piena! Ad ogni parola di questo maestro ciò che apparirebbe essere una diminuzione della creazione – la malattia e il male – scompaiono. Questo Gesù è il messia atteso! Questo Gesù è il Salvatore, Colui che compie prodigi. Anche noi possiamo farci prendere da quella stessa euforia che coinvolse i primi discepoli, ma rischieremmo di non cogliere la vera e profonda provocazione di Gesù. 

Facciamo esperienza di quanto dice Giobbe: la vita non è sempre così facile. Sulla terra l’uomo compie un duro servizio, e sembra che l’ombra sotto la quale riposarsi e godere un momento di sollievo sia difficile da trovare. I giorni si susseguono in lavori servili e le notti tormentate da preoccupazioni o affanni sembrano essere così lunghe da non finire mai. Al tempo stesso l’impressione che si ha è che la vita sfugga di mano e che i giorni della vita non siano mai sufficienti per realizzare ciò che desidereremmo vedere compiersi nella nostra vita. La vita sembra allora essere in salita…

Così, in questa situazione, alla vista di un Maestro di eccezione, che compie miracoli, i nostri cuori sembrerebbero essere rinfrancati. C’è ancora speranza! Ad una parola del Signore le cose possono cambiare, un miracolo lo possiamo ancora attendere. C’è una speranza che ancora può non morire.

Tutti ti cercano dicono i discepoli! Perché disprezzare questa sete dell’uomo che lo cerca?

L’atteggiamento di Gesù invece è tanto provocatorio… e forse questa provocazione può offrirci la vera guarigione, la vera liberazione di cui abbiamo veramente bisogno. Questi uomini, e in fondo anche noi, rischiano di cercare Gesù non tanto per Gesù, ma per sé stessi. Cercano e forse cerchiamo soluzioni che rimettano ordine nei nostri piccoli orizzonti: una vita serena, tendenzialmente comoda, priva di fatiche e di prove! Potremmo infatti pensare che in fondo non ci sia nulla di male a sperare una cosa di questo genere… e forse ci è anche lecito chiedere al Signore una vita buona, senza problemi o fatiche! Ma non è questo il punto… non è qui la buona notizia che il Signore è venuto a portarci.

All’inizio del ministero di Gesù, qualche versetto prima di questa pagina di Vangelo, l’evangelista Marco ci riporta la predicazione di Gesù: il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino, convertitevi: ossia questo compimento è dato dal fatto che il Signore è vicino, il Signore è qui accanto a noi, non ci abbandona nelle prove che in nulla può separarci da questo amore. E rispetto a questo dobbiamo convertirci, riorientare il nostro sguardo. Concentrati sul fatto di volere tutte le cose della nostra vita in ordine - e non lo saranno mai… lo sappiamo bene – ci confondiamo e rischiamo di non cogliere invece il Dio che è presente nel mio oggi, qui, in questo istante, in questo momento, nella situazione e nella realtà che vivo… la sua presenza che mi consola, mi dà forza, crea situazioni o incontri grazie ai quali è possibile andare avanti. Anche se non siamo risparmiati dalla fatica del vivere.

È bella l’espressione che i discepoli rivolgono a Gesù: tutti ti cercano… anche noi ti cerchiamo! Ma a questa affermazione Gesù risponde loro con una parola provocatoria: andiamocene altrove perché io predichi anche la. Il cuore della predicazione non è la guarigione dalle malattie, ma il fatto che Egli è vicino… e Gesù vuole che tutti sappiano questo!   

Ed è interessante! Non dice “me ne vado altrove”… ma “andiamocene altrove”. Come se invitasse tutti coloro che lo cercano ad andare altrove rispetto al luogo dove si trovano, ad uscire da sé, a prendere il largo da tutti quei bisogni/diritti che li/ci tengono legati.

E in questo senso è tanto forte anche la parola di Paolo nella lettera ai Corinzi. Nel ministero della predicazione del Vangelo, anche Paolo sente il rischio di avocare a sé delle rivendicazioni. Una vita spesa a servizio dell’annuncio del Vangelo potrebbe portarlo a rivendicare diritti: altrove Paolo ricorda l’uso che le comunità cristiane avevano di mantenere coloro che annunciavano il vangelo… quindi Paolo potrebbe rivendicare per sé una ricompensa. Ma nell’affermare che la sua ricompensa è quella di annunciare gratuitamente il Vangelo, di fare tutto per il vangelo, per diventarne partecipe anche lui, è un modo per andare dritto al centro! È annunciare che il vero bene non consiste nel fatto di ottenere per sé una vita “comoda”, ma quella di vivere pienamente la consapevolezza che Dio è presente nella mia vita, così come è, con le sue fatiche e le sue gioie, con le sue sfide e i suoi dolori, con le consolazioni e le prove!  

Chiediamo allora al Signore di liberarci dal laccio che il nemico ci tende, il laccio che alimenta il sospetto che siamo privati della ricompensa, o semplicemente di ciò di cui abbiamo bisogno! Chiediamo di essere liberati dal laccio che ci fa disperare per una vita che sembra non trovare compimento, che sembra essere servile. E chiediamo di ritrovare e riscoprire la gioia della conversione che consiste in questo andarcene altrove con Gesù, prendendo il largo da quella tentazione che vorrebbe ricondurre tutto a noi stessi. La nostra gioia, il compimento della nostra vita è diventare partecipe del Vangelo, di questa buona notizia che ci dice che il Signore è presente in mezzo a noi e che la nostra vita trova compimento nel donarla al Signore e ai nostri fratelli.


fr. Emanuele 

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