Riflessione sul vangelo della Visitazione (Lc 1,39-56) per i Vespri presso l'Abbazia di Staffarda

 

Vespri presso l'abbazia di Staffarda - foto di Roberto Cavallo


È bello ritrovarci qui insieme, in questa bella abbaziale per celebrare i vespri, per cantare al Signore per quanto ha operato per noi!

E ci ritroviamo, come oramai è tradizione, ai vespri della solennità della Visitazione, per rendere grazie a Dio celebrando un incontro che dice dell’agire di Dio e che può illuminare le nostre vite.

Celebriamo un incontro: quello di Maria ed Elisabetta, due madri, una giovane ed una anziana, che riconoscono la loro fecondità come frutto dell’agire del Signore.

Celebriamo dunque un incontro… quello di Maria ed Elisabetta. Certo!

Ma molto di più celebriamo il primo incontro tra Giovanni Battista e Gesù, tra l’umanità e il suo Dio, tra il desiderio che abita il cuore dell’uomo e Colui che è desiderato, tra il popolo che attende e l’Atteso.

Nelle pagine dei Vangeli sono descritti tanti incontri tra Gesù e la folla o tante singole persone. Incontri che hanno cambiato la vita a tanta gente. Alcuni di questi incontri ci hanno colpito e ci hanno pure parlato.

Ma questo verso il quale oggi i nostri sguardi sono orientati è il “primo incontro”, il primo e forse il “modello” di ogni incontro di Dio con ogni uomo. Mi piace pensare che in esso possiamo ritrovarvi una sorta di paradigma, di chiave per comprendere come Dio agisce e come l’uomo può corrispondere.

Dal vangelo di Luca che abbiamo ascoltato colgo tre aspetti.

Innanzitutto l’umiltà e piccolezza come UNICA via possibile per un incontro con Dio… e non solo.

Da una parte Gesù, l’Atteso, il desiderato è una piccola creatura indifesa nel grembo di una giovane donna. Non irrompe nella storia con potenza, con proclami… è nascosto, silenzioso, piccolo… impercettibile! Piccolo e irrilevante… eppure è il Salvatore del mondo! Non si impone assolutamente e per di più la sua vita si presenta attraverso la mediazione di Maria, della vita di una umile serva, di colei che sa solo una cosa: di essere terra, incapace di portare frutto, ma disponibile ad accogliere la Grazia.

Dall’altra Giovanni Battista, anche lui, non ha voce, è piccola creatura nel grembo di una terra sterile e vecchia di giorni. Si affaccia alla vita anche lui, non è persona matura, strutturata, formata… la sua vita è ancora in divenire… ma reagisce per attrazione! C’è una gioia che sgorga dal profondo all’avvicinarsi di Colui che è atteso, e senza spiegazioni sussulta di gioia.

Così è di ogni incontro con Dio nella vita di ogni uomo. Solitamente il Signore si affaccia nella vita di ciascun uomo non necessariamente come un Dio grande, trionfatore, potente, che fa la voce grossa, ma entra nella vita in modo delicato, discreto, umile e ordinario e lo coglie solo chi è piccolo e povero e chi ha sete di Lui. E lo si riconosce passare nella nostra vita non tanto grazie a grandi riflessioni o ragionamenti, ma quasi semplicemente per “intuizione”, per “attrazione”: nel profondo dell’anima il cuore sussulta, il cuore trova pace, una gioia delicata e al tempo stesso forte conferma la Sua presenza.


Il secondo aspetto è l’incontro sembra passare necessariamente attraverso una mediazione.

Gesù irrompe nella storia dell’uomo attraverso la mediazione di Maria, donna che accoglie la vita divina, donna che vive orientata verso il Signore.

Giovanni Battista ha bisogno di Elisabetta perché il suo desiderio sia riconosciuto, sia verbalizzato.

Ma chi sono per noi oggi Maria o Elisabetta? possono essere la comunità, le persone che il Signore ci ha messo accanto! Abbiamo bisogno di mediazioni, abbiamo bisogno di qualcuno che sia testimone del Signore con la propria vita, o di qualche altro che ci provochi dicendoci: “guarda che lì c’è il Signore che sta passando!”. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a riconoscere il desiderio del nostro cuore, che informa ogni nostro gesto, ogni nostra azione, ma che non sempre siamo capaci di riconoscere: abbiamo bisogno che qualcuno ci chieda “quale è la tua sete? Quale desiderio abita il tuo cuore? Perché ti comporti così? il tuo agire e le tue scelte dicono qualcosa… ne sei consapevole?

L’illusione di potercela fare da soli, di basarci solo sul nostro impegno, sul nostro discernimento o sulla nostra capacità di leggere la realtà non tiene… rischieremo di dimorare nell’inganno della nostra percezione, o di non cogliere il passaggio discreto di Dio.

 

Un terzo aspetto è che piccolezza e povertà non sono da impedimento alla vera gioia ma, anzi sono ciò che la permettono!

Maria ha un futuro incerto… porta in grembo una vita senza sapere quali conseguenze per lei… sarà ripudiata o continuerà ad essere accolta? Ma piuttosto che essere un ostacolo o un timore, è l’occasione per lei per aprirsi a Dio.

Elisabetta, nella sua vecchiaia e nella sua sterilità erano una forte provocazione… eppure non si è lasciata prendere dallo scoraggiamento e la disillusione, credendo l’impossibile.

Povertà, limite, incertezza, impossibilità non hanno adombrato la gioia delle donne, ma hanno aperto il loro cuore alla speranza di un Dio che opera attraverso la povertà che si abbandona nelle Sue mani. Allora la gioia profonda sgorga in modo inesauribile, ed è tanto più profonda e bella per l’uomo perché non trova in sé stessa la sua origine ma nell’agire di Dio che tutto crea e che tutto accompagna. Non si è mai l’origine e la fine della gioia, ma la nostra gioia è Dio che opera.

Allora la nostra povertà, i nostri limiti, le contraddizioni sono allora veramente impedimento alla gioia e alla speranza oppure ci aprono al passaggio delicato e discreto di Dio nella nostra vita?

Ci troviamo qui in questa bella e grande abbazia, a celebrare solennemente le lodi del Signore… quando si è nella gioia non si può far altrimenti! La gioia fa sussultare, danzare, cantare… tutto diventa quasi esuberanza, gioia, visibilità.

Ma questa celebrazione così solenne in questa grande chiesa non ci faccia mai dimenticare la realtà che l’incontro con Dio che avviene più spesso nel segreto del cuore, si trova impastato nelle fibre del nostro ordinario, ci è trasmesso dalla mediazione di persone semplici che il Signore non fa mai mancare nel nostro cammino.



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