Omelia per la XX domenica del Tempo Ordinario (17 agosto 2025 - Anno C)

 



 Dalla Lettera agli Ebrei abbiamo ascoltato questo invito: “Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù”. È un programma di vita, che sappiamo essere molto esigente. Correre è segno di un desiderio: non si corre se ciò che dobbiamo raggiungere ci impaurisce o ci infastidisce. Anche San Benedetto nella sua Regola usa il verbo “correre”, per indicare lo zelo che il monaco deve mettere nel fare le cose buone che gli sono richieste. Trascinare i piedi, al contrario, è un segno di mancanza di gioia e di entusiasmo, mentre per seguire Gesù queste cose sono necessarie. Oggi nella Parola di Dio troviamo un esempio contrario alla gioia, all’entusiasmo di vivere e servire il Signore, nel Re Sedecia, re sommerso dalla rovina di Gerusalemme, che stimava Geremia, ma non aveva il coraggio di ascoltarne i consigli. “Il re infatti non ha poteri contro di voi”. Un segno di disfatta, di dimissioni dalla sua responsabilità: lascia condannare, praticamente a morte, Geremia e poi lo manda a salvare incoraggiato da un servo straniero, l’unico che ha avuto il coraggio di denunciare il crimine. “Corriamo”, ci dice l’autore della lettera agli Ebrei, ma non zigzagando come chi non ha meta, ma con gli occhi fissi su Gesù, il nostro Dio morto per la nostra salvezza e risorto per condurci nel Regno del Padre e farci sedere sul suo trono di Figlio. Anche qui possiamo ricordare San Benedetto che esorta a non perdere mai la memoria del Signore e così poter seguire la difficile salita dell’umiltà e riuscire la vita che ci è stata data come immenso dono da Colui che ci ha creati per amore. Se ci lasciamo affascinare dal Nostro Signore, nostro fratello e nostro Dio, potremo vivere una vita nella gioia e con entusiasmo, rendendola bella, capace di rendere bella la vita di chi ci sta intorno e potremo traversare anche ciò che si presenta di più duro e respingente, nella serenità di chi sa in chi ha messo la sua fiducia. Stiamo avanzando nell’anno giubilare, in cui il Papa Francesco ci ha spinti ad entrare, cercando e fortificando quella Speranza che non delude. Guardare Gesù con fede ci dà il coraggio della fiducia che ci permette di traversare le tenebre che Gesù stesso ha traversato tenendo stretta la mano del Padre che lo conduceva. E oggi Gesù stesso ci dice: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” Questo fuoco ha purificato, illuminato e scaldato la terra e noi beneficiamo di questo dono, avendo ricevuto il battesimo che ci unisce al cammino di quel Gesù, che non dobbiamo perdere di vista. Eppure le sue parole “Sono venuto a portare la divisione” ci stupiscono, ci feriscono; le sentiamo come un tradimento dopo essere stati sedotti dalle parole di pace e d’amore che sono uscite dalla sua bocca! Gesù è la Verità e ogni sua parola è amore. Dunque il fatto che ci avverta che il seguirlo comporta delle divisioni è un grande gesto di amore e noi sappiamo che non dobbiamo preferire nulla a Lui e che quindi saremo anche noi attaccati da colui che lo ha attaccato e vuole far fallire il suo dono d’amore. Divisioni, ma non vittoria del Divisore! Questa fiducia totale è il primo grande dono che possiamo fare a chi ci ha tanto amato. San Paolo ha lanciato una sfida: “Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Com'è scritto: «Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello». Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati.” Questo grido di vittoria di San Paolo ci permette di guardare la parola di Gesù e saperla leggere con cuore fermo. Associati alla lotta in cui Lui combatte per amore per noi, possiamo affrontare le difficoltà che sgorgano dalla nostra fede con la speranza che non delude. Ciò che Gesù dice di seguito ci spinge a riflettere su come noi guardiamo la nostra storia, la storia del mondo in cui viviamo: essa ci parla e ci chiede di essere attenti. Certo ciò che viviamo oggi ci turba, ci può far tremare. Ma cosa ci viene detto da parte del Signore? Di saper leggere i segni dei tempi. Non è questione di aver paura, di lamentarsi né di nascondere la testa dietro una pietra o dietro un’altra pagina di giornale. La maggior parte di noi potrebbe dire: io non ci posso far niente. Allora cominciamo col non lamentarci e poi ricordiamo che battezzati in Cristo siamo membra vive di Cristo e che qualunque cosa viviamo è vita o morte per il Corpo intero. Per questo dobbiamo tenere lo sguardo fisso su Gesù autore e perfezionatore della fede, della fede vissuta, della fede che è motore delle nostre scelte, delle nostre parole, dei nostri atti. Guardare, vivere e correre con perseveranza, conservando nella bocca la lode, perché in ogni caso Dio è Misericordia: questo ci viene chiesto.

P. Cesare

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