Omelia Trasfigurazione di Gesù (06/07/2023 -Anno a-)
Interrompiamo in questa domenica il regolare ciclo della lettura continua del Vangelo di San
Matteo, perché quest’anno la XVIII domenica cade il 6 Agosto, giorno in cui in Oriente come in
Occidente si festeggia la Trasfigurazione del Signore. Festa molto importante, tanto che prende il
posto della Domenica, cosa che dopo il Concilio è riservata solo alle grandi feste.
La Trasfigurazione è forse uno fra gli altri dei tanti episodi della vita di Gesù? In tal caso non
avrebbe preso il posto che ha ricevuto nella liturgia. È il momento centrale della vita di Gesù, il
passaggio fra il Messia che annuncia la venuta del Regno e compie segni sbalorditivi a conferma
della verità della sua parola e il Servo sofferente, rifiutato dal suo popolo, come Dio è rifiutato
dall’umanità. Nello stesso tempo è un annuncio della Risurrezione e quindi della Passione, di cui
aveva poco prima parlato ai suoi discepoli, suscitando la reazione scandalizzata di Pietro. È anche
una delle grandi manifestazioni trinitarie che troviamo nel Vangelo. La Voce del Padre, la nube
dello Spirito e il Figlio che mostra la sua gloria divina affinché i tre Apostoli, sostenendo gli altri
nove, possano avanzare nella fede verso un altro monte, il Golgota, dove avverrà un’altra
trasfigurazione del Figlio dell’Uomo: la trasfigurazione dell’amore totale, che dà la sua vita per
coloro che ama, davanti alla quale gli Apostoli non vorranno fermarsi e piantare la tenda, ma
piuttosto sono fuggiti con paura.
Per sottolineare l’importanza dell’avvenimento l’Evangelista ci dice: “li portò in disparte, su un alto
monte”. Come per i momenti di intimità e per spiegare le parabole, per far comprendere le sue
Parole, in modo che potessero andare nel mondo intero a portare la Buona Novella, Gesù conduce
in disparte. Come per la proclamazione della pienezza della Legge li conduce su un monte, dove
inizierà il suo discorso con le Beatitudini, così per rivelare la sua gloria divina li porta su un alto
monte, come a dire un momento eccezionale.
Non possiamo immaginare cosa è avvenuto, anche se gli evangelisti ce ne danno dei dettagli e gli
artisti hanno mostrato il loro talento cercando di rappresentare l’avvenimento. Solo possiamo
“lavare la nostra fede” lasciandoci penetrare dalle parole e dai simboli che il Vangelo ci annuncia. I
segni sono i segni della gloria divina, ma questa non può essere né vista né immaginata dalla povera
carne umana. È quindi il sollevamento di un velo che fa intravvedere ciò che l’occhio umano non
può vedere e apre al mistero della persona di Gesù, che gli Apostoli e le folle seguivano senza
comprendere la grandezza che era loro data da vivere. Due giorni fa si leggeva il racconto del
passaggio di Gesù a Nazareth con le obbiezioni scettiche che i suoi compaesani sollevavano davanti
alla sua predicazione.
L’umiltà del Figlio di Dio, di Dio stesso, in questa festa si allea all’annuncio della sua gloria infinita
e noi con umile fede dobbiamo saper attingere la forza della nostra vita dalle due cose. Abbiamo
anche la testimonianza nella seconda lettera di San Pietro, che ricorda quel momento in cui Gesù ha
ricevuto la gloria e la testimonianza dal Padre, ma che ci conduce a rifarci alla solidissima parola
dei profeti, alla quale facciamo “bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo
oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino”. Il nostro
cammino di fede avanza nell’oscurità, ma illuminato dalla speranza che ci fa intravvedere, come la
visione sul Tabor, la gloria futura non solo del Cristo crocifisso, ma anche la nostra, che sarà come
la stella del mattino che brilla nella notte e annuncia la luce del giorno. Dal Vangelo sappiamo che,
nonostante la grande visione di Gesù trasfigurato, Pietro ha dovuto affrontare la sua debolezza, fino
al rinnegamento e sperimentare che solo lo sguardo misericordioso del Verbo risorto poteva dargli
la forza di andare dove non avrebbe voluto: “Tu, seguimi” gli ha detto Gesù risorto nell’incontro al
Lago di Tiberiade, dopo avergli detto: “Pasci le mie pecorelle” e aver asciugato le lacrime di
pentimento versate nel pretorio.
La Trasfigurazione di Gesù, con la Parola del Padre: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto
il mio compiacimento. Ascoltatelo” e la nube luminosa dello Spirito, che ha avvolto i discepoli, è
stata per loro la luce su ciò che avevano già visto ed udito e la preparazione per il cammino verso la
passione, in cui la tentazione di abbandonare il Maestro e Signore si faceva sempre più forte. Tanti
infatti l’hanno abbandonato, ma alla domanda di Gesù: “Volete andarvene anche voi?” Pietro ha
risposto: “Tu solo hai parole di vita eterna”. E questo veniva, non da una esperienza fisica o
intellettuale, ma dalla Parola: “Ascoltatelo” che risuonava ancora nel cuore del capo e portavoce
degli Apostoli
P Cesare
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