Omelia Giorno di Pasqua 2021


Oggi è un giorno di festa e di luce; 

se andiamo a cercare le radici della vera gioia, che ci fa cantare alleluia!, lodate il Signore, le troviamo nell’evento e nel mistero che abbiamo celebrato e che stiamo celebrando. Quando preghiamo, chiediamo al Signore di darci la sua Grazia, ma nello stesso tempo affermiamo la nostra fede. Dio non può manifestarci la sua Misericordia se noi non affermiamo di credere in lui. 

L’orazione di questo giorno ci guida su questo cammino: “O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi...”. 

L’atto di fede si accompagna all’atto disperanza, e questa è un’attesa nel buio della vita. Oggi noi celebriamo la Luce; questa notte l’abbiamo celebrata con il segno del fuoco che si sprigiona improvvisamente nel buio e ci siamo rallegrati. Il fuoco a mezzogiorno non provoca la stessa emozione, direi la stessa scossa. Per farci comprendere che Lui è la vita il Signore ha dovuto morire, scomparire dai nostri occhi, dietro una grossa pietra. 

Nei giorni scorsi, ascoltando il Vangelo della Passione di Nostro Signore, ci sembrava che quanti spengono la luce della vita proponendo false luci artificiali, se ne andassero contenti, sfregandosi le mani: ce l’avevano fatta a dominare togliendo la libertà e il vero respiro. Quel Gesù che sembrava ridare vita al mondo, una vita nuova non manipolata, non ridotta a una misura comoda, quella della Legge statica di allora, quella del benessere artificiale oggi, quel Gesù era stato imbalsamato in un ricordo che non dava più vita. 

Siamo sempre allo stesso punto e Pasqua ci viene data con la fedeltà di Dio, la fedeltà dell’Amore che dà vita, per risvegliarci alla vera speranza. Una povera donna disperata, che non desiderava altro che poter toccare ancora una volta il cadavere di Colui che l’aveva liberata, di rendergli ancora l’inutile servizio del profumo dell’imbalsamazione, non sperando più non poteva più credere e quindi non vedeva. 

Il Signore è accanto a lei, ma lei non vede altro che la sua pena. Gli occhi sono rivolti a terra, non aspetta più risposta degli angeli. Solo l’ascolto la risveglia e le ridà vita. Eppure era corsa a dare l’annuncio della scomparsa del corpo dalla tomba, aveva svegliato gli apostoli nel loro torpore anch’esso disperato e li aveva fatti partire di corsa. La vita stava di nuovo circolando, ma nessuno sene accorgeva. Cristo era risorto e già infondeva vita nuova a coloro che lo amavano, ma i loro pensieri erano ancora volti alle cose della terra, alle dinamiche e alle logiche della terra. 

Questa è la mancanza di speranza. “Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”, ci ha detto San Paolo, non per farci vivere una favola a lieto fine, ma per farci riconoscere qual è la Vita che il Creatore ci ha dato: una vita fatta per essere in comunione con Lui, il fedele, che non ci abbandona neanche se lo crocifiggiamo e gli trafiggiamo il cuore con la lancia della nostra distrazione, col nostro guardare altrove, per terra e non il suo volto. Pietro e l’altro discepolo corrono, entrano nel sepolcro che trovano vuoto, vedono: comprendono senza comprendere, perché il mistero sorpassa la comprensione dell’uomo.

Cercate le cose di lassù: è difficile staccarsi dalla logica del mondo, che spesso non è sbagliata, ma insufficiente, come vedere i teli sgonfiati, le bende per terra. Occorre un di più che solo l’amore ci dona. La nostra vita cristiana, e ancor più quella monastica, vive di questo oltre che è dato dall’amore: noi viviamo cercando di mettere dei paletti all’irruzione del Vangelo in noi, per noi monaci anche a quella della Regola e della vita a cui siamo stati chiamati e che abbiamo scelto con gioia. 

Paletti che imbrigliano il troppo pieno dell’amore, ma che soffocano la vera speranza, la beata speranza, come la chiama S. Paolo, e quindi limano la gioia che ci è proposta e di cui abbiamo sete. Non è la cattiveria dell’uomo che ha messo in croce Gesù, ma questi paletti. Gesù li voleva togliere per far traboccare l’oceano di amore e di gioia che sgorga da Dio Trinità. Il cattivo, detto Buon Ladrone, è riuscito a farseli strappare, ma la gente come noi li difende e limita l’esplosione della Pasqua. 

Ogni troppo poco d’amore fa morire di sete il mondo e oggi siamo chiamati ad attingere all’oceano dell’amore e versarlo con generosità e a far risorgere la nostra vita dalla tomba della mediocrità. Allora le cose di lassù invaderanno e illumineranno la terra e sarà gioia piena. Cristo è Risorto!

P. Cesare

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