Omelia della Veglia di Pasqua
Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?
Questa frase che si lasciano
sfuggire tra loro le donne mi sembra essere il vero autentico annuncio di
Pasqua! In che senso? Sembra essere più una affermazione di impossibilità che
un annuncio di una buona notizia e più che offrire elementi di speranza e di
gioia, sembra aggiungere pesantezza ad una situazione già fortemente
drammatica. Le vicende dei giorni precedenti erano precipitate rapidamente e
nel giro di pochi giorni, violenza e morte avevano portato via il maestro,
senza, per giunta, aver potuto avere la consolazione di un ultimo saluto e aver
potuto dare dignitosa sepoltura a Colui che amavano.
Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?
Sembra essere una domanda abitata
da tristezza e da paura. Paura di non riuscire nel loro intento di voler
offrire un atto di devozione al corpo, di vederlo una ultima volta. Paura che
esternano anche quando incontrano il giovane dalle vesti bianche.
La loro paura sembra completare
il quadro contemplato in questi giorni della passione, nei differenti
personaggi che abbiamo incontrato.
C’è stata la paura degli scribi e
dei farisei di fronte ad un insegnamento di Gesù che sembra minare l’orizzonte
di fede che li aveva sempre rassicurati. Paura che si ricopre di vesti di arroganza
e di aggressività che cerca l’eliminazione di chi sembra esserne la causa.
Abbiamo incontrato la paura di
Pilato che, di fronte ad una situazione che non riesce a controllare e di
fronte ad un processo che non riesce a gestire, si richiude in un atteggiamento
di indifferenza: anche questo un modo per sopravvivere alla paura e svicolare
dalle situazioni che sembrano essere vicoli ciechi dai quali non riesce ad
uscire.
Vi è la paura dei discepoli che,
non comprendendo la situazione e vedendo crescere la tensione si rifugiano
nella tristezza e nel sonno, che narcotizza il sentimento che li abita, oppure
per paura rinnegano una appartenenza, una storia. Così come vi è la paura di
Giuda che agisce nel buio per timore di non essere scoperto. In tanti
sperimentano la paura e in tanti cercano di trovare soluzioni per rimuoverla e
non guardarla in faccia.
E forse anche noi siamo entrati
in questo triduo abitati da paure.
Paure irrazionali che ci bloccano
in vicoli ciechi di tristezza, oppure ci agitano nella rabbia o in una ansia
diffusa che pervade le nostre giornate. E ci si trova a fare cose che neppure
avremmo mai immaginato di fare (sempre che ce ne rendiamo conto). Ne abbiamo
fatto esperienza in questo anno di pandemia, e forse un po’ ci siamo ancora
dentro, stanchi di una situazione di limite e precarietà di cui ancora non si
riesce a vedere la fine.
In fondo molte delle nostre
reazioni si rivelano come meschini stratagemmi per cercare di rimuovere, di
zittire la paura che ci abita per cercare di “sopravvivere”, cercando di
eliminare davanti al nostro orizzonte tutto ciò che rappresenta un limite.
La paura, in fondo, nasce dalla menzogna
che vuole farci credere che la sperimentazione del limite sia una privazione
della vita e per questo cerchiamo di fare di tutto per cancellare dalla nostra
consapevolezza quel limite…. come se la rimozione della consapevolezza del
limite fosse la garanzia per custodire-ottenere la vita. Questa è la menzogna!
Ma se ci mettiamo in ascolto di
queste donne che corrono al sepolcro, forse ci sarà dato di guardare con occhi
diversi la vita e, grazie alla loro testimonianza, essere raggiunti dalla luce
della Pasqua.
Queste donne corrono al sepolcro,
abitate dalla paura, ma non come quella degli altri… è diversa… e forse in
questa stessa paura è contenuto l’annuncio della Pasqua.
Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro? è la loro domanda, ma il loro atteggiamento
“strano” sembra contraddire il loro timore: forse è l’inconsapevole grazia
della Pasqua che scorre nelle loro vene, che le precede.
Uno strano atteggiamento… in che
senso? Da una parte queste donne sono impaurite e tristi per tutto ciò che è
accaduto a Gerusalemme. Per di più si presenta ai loro occhi l’ostacolo grande
della pietra, eppure i loro passi non sembrano desistere. C’è in queste donne
una forza che le spinge al sepolcro, nonostante le loro paure, nonostante le
loro fatiche.
Se il limite è percepito in tutta
la sua cruda verità e - differentemente dagli altri – non è rimosso, dall’altra
avanzano coraggiosamente verso quello che è per loro uno sbarramento, noncuranti
degli ostacoli che hanno davanti. Non si fanno intimidire dalla paura, non si
fanno convincere dalla menzogna di una vita minacciata dal limite. A muovere i
loro passi non c’è la forza di volontà ne eroica abnegazione ma solo l’amore
radicato che rinnova la fiducia in una promessa, che le rinsalda in una
speranza!
A convincere le donne non è
l’argomentazione credibile di una teoria, ne il calcolo conveniente delle
probabilità, ma è la speranza che ritiene veritiere le Parole del Maestro, e una
speranza che è convinta che il limite non è riduzione di vita ma opportunità
che apre percorsi di abbandono a Dio, l’unico e vero autore della vita, dal
quale riceviamo vita e vita in abbondanza.
Mi piace pensare che quei passi
ostinati delle donne verso il sepolcro siano stati rischiarati dal canto di
salmi come il 15…
Nelle tue mani è la mia vita … per questo
gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al
sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il
tuo fedele veda la fossa.
…e in quei passi, questo canto
abbia illuminato la mente del cuore per riconoscere nel segno della tomba vuota
l’annuncio della Risurrezione di Gesù, della vittoria sulla morte e sul
peccato, segno e promessa di una realtà per la vita di ogni credente: allora questa
promessa rinnova la speranza, ridona vigore al cammino.
Nelle tue mani è la mia vita… non
mi abbandonerai…il mio cuore gioisce, la mia anima esulta il mio corpo riposa
al sicuro! Allora a partire dalle donne che corsero al sepolcro in quella notte
fino a noi oggi, “rubando” le parole di San Paolo, possiamo osare il canto: Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o
morte, il tuo pungiglione?... Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria
per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Celebrare oggi Pasqua è allora osare
i coraggiosi passi delle donne. Osare rinnovando la nostra fiducia e la nostra
speranza di una vita che si sa nelle mani di Dio.
Ma il passo audace e coraggioso
di queste donne sia anche l’augurio di Pasqua che ci rivolgiamo gli uni gli
altri, l’augurio di un passo che non si lascia fermare dalle paure ne abbattere
dalla tristezza o dalla fatica, ma che, rinnovati nella speranza di una
promessa, osiamo coraggiosi atti di abbandono in Dio che conduce le nostre
storie e che vuole donarci vita in abbondanza, anche attraverso percorsi che
non sappiamo riconoscere sempre
immediatamente.
Ed ogni passo che avanza nella
notte sia come il canto che ripeteremo ad oltranza in questa veglia: Cristo è
risorto dai morti! È veramente risorto!
P. Emanuele
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