Omelia della domenica (2021.01.17 - II TO Anno B )


 

Dopo aver contemplato il mistero del Natale, il mistero di un Dio che si fa uomo, entriamo nel tempo ordinario proprio da quelle rive del Giordano dove domenica scorsa abbiamo contemplato la rivelazione dell’amore del Padre per il figlio suo Gesù Cristo.

Ed è bello che a quel brano di Vangelo, la liturgia lega quello che abbiamo appena ascoltato. La sequela di ogni discepolo, in fondo la vita di ogni uomo, trova la sua origine in quell’amore trinitario che nel battesimo di Gesù comincia a rivelarsi agli uomini… ed oggi cominciamo a vedere le conseguenze di quella prima rivelazione.  

Siamo dunque sulle rive del Giordano e l’evangelista Giovanni descrive con semplicità e con arte tutto l’intreccio di azioni e di parole dette e ascoltate che caratterizzò gli incontri di quei giorni: dal primo sguardo posto da Giovanni Battista su Gesù, invitando i suoi discepoli a fare altrettanto comincia tutta una serie di sguardi e di dialoghi che, in una reazione a catena ordinaria e straordinaria al tempo stesso, mette in moto non solo la vita di singole persone, ma di una stessa comunità.

L’incontro con Gesù non solo tocca profondamente la vita dei singoli discepoli, ma suscita tutta una serie di reazioni per le quali si viene a costituire un corpo che riconosce la sua unità nella comune appartenenza  che li lega al Cristo, come ci dice la seconda lettura: chi si unisce al Signore forma con lui un  solo spirito… non solo con il Signore, ma con tutte le membra del corpo che riconoscono avere vita dall’incontro con il Signore.  Per questo possiamo capire allora come le sorti di un singolo membro della comunità non siano indifferenti alla vita di tutto il corpo. Ed è quello che avviene: l’incontro di Gesù con il Battista non è indifferente per la vita di Andrea, di Pietro, di Natanaele… e si potrebbe continuare così fino ad arrivare ai giorni nostri… quell’incontro avvenuto duemila anni fa non è stato indifferente neanche per me, per noi!

Ma dalla liturgia della parola di oggi traiamo due spunti di riflessione.

Il primo è il processo che si viene a generare da questi primi incontri.

I passi di questi primi uomini sono mossi per attrazione. Colgono nella persona di questo rabbi qualcosa che li raggiunge profondamente ed è Gesù che li accompagna a prenderne coscienza.

Con delicatezza e con attenzione.

Egli non entra nella vita di questi uomini a “gamba tesa”, ma da buon pedagogo, e soprattutto da persona che ama - perché solo chi ama si fa attento al cammino dell’altro - comincia a far risvegliare nei suoi primi interlocutori il desiderio sopito in loro, accompagnandoli in un cammino di verità e di libertà.

"CHE COSA CERCATE?". Questa domanda che Gesù rivolge ai discepoli è la prima domanda che l’evangelista Giovanni riporta nel suo Vangelo… il cammino del discepolo inizia da una domanda che il Signore pone: quale desiderio anima la vita del discepolo, quale il bisogno? Essi cercano una dimora, una casa.

Ma è interessante vedere come, alla fine dello stesso Vangelo,  dopo le vicende della passione, morte e risurrezione del Cristo, l’evangelista Giovanni riporta una domanda simile che lo stesso Gesù rivolge ad un’altra discepola, Maria Maddalena. Questa donna, dopo una vita di sequela, al sorgere del sole, muove i suoi passi verso il sepolcro vuoto e a lei Gesù rivolge una domanda: “Donna, CHI CERCHI?

È come per dire che abbiamo bisogno di tutto un Vangelo, di tutta una vita, di tutto un cammino per passare da un “cosa cerco” ad un “chi cerco”. La felicità dell’uomo, del discepolo, e quindi la nostra stessa felicità non si basa su delle cose, ma su una relazione e Gesù ci accompagna a prendere consapevolezza di questo: siamo fatti per la relazione, per essere in relazione con Dio ed, in Lui, con in fratelli e le sorelle che formano quel Corpo di Cristo al quale siamo uniti, e il nostro cuore non trova pace fino a che non si sente a casa nella pienezza di questa relazione con Dio e con i fratelli.

Allora una prima provocazione che possiamo ricevere dalla Parola oggi è quella di rinnovare la consapevolezza del bisogno di questa relazione, chiedendoci come poter prenderci cura di questa dimensione con Dio e con i nostri compagni di cammino.

Un secondo aspetto su cui fermare l’attenzione è la dimensione della fiducia che questo cammino comporta.

Sia nelle vicende di Samuele, narrate nella prima lettura, che in quelle del Vangelo, l’incontro non porta chiarezza, ma suscita solo domande ed apre percorsi. Vi è un invito alla fiducia, una proposta ad entrare in una relazione che non si può dominare, ne spiegare ma solamente accogliere. – è interessante a questo proposito che Papa Francesco, nella Patris Corde, presenta Giuseppe come modello della vita spirituale considerata come una via che accoglie e non una via che “spiega”…. – il fondamento della vita spirituale è una relazione: non si può spiegare, la si deve semplicemente accogliere!

Ed è proprio così che avviene per i personaggi delle letture di oggi. Eli non spiega a Samuele cosa stia avvenendo ma lo invita ad ascoltare ed accogliere ciò che il Signore vuole comunicargli. Gesù non risponde alla domanda dei discepoli dando un indirizzo ed indicando una abitazione, ma invitandoli ad entrare in una relazione, di perdere del tempo. Tutto questo presuppone fiducia: fiducia nella persona con la quale entro in relazione, fiducia nella mediazione di coloro che ci accompagnano per entrare nella relazione. (come lo è stato Andrea per Pietro)

Entrare nella relazione è accettare di entrare in un processo che non sempre è chiaro. Non si sa come questa relazione evolverà, dove porterà, cosa ci chiederà… ma è possibile attraversare questo senso di non definito solo coltivando la fiducia nel bene che questa relazione può portare, aprendomi ad accogliere ciò che di bene queste dinamiche custodiscono: l’essere pienamente inserito in quell’amore trinitario che sulle rive del Giordano ha cominciato a manifestarsi con il Battesimo di Gesù.

Potremmo allora  chiederci quanta attenzione spendiamo per custodire preziosamente uno stile di fiducia, e da cosa questa fiducia possa essere ostacolata.

 

La celebrazione di oggi sia dunque una occasione che ci è offerta per ridare slancio alla nostra sequela del Signore, rinnovando la consapevolezza della necessità del bene della relazione e curando la dimensione della fiducia in Dio, negli altri e nella vita.


P. Emanuele

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