Domenica 10 Gennaio 2021, Battesimo del Signore, Anno B

 

Non è fuori luogo oggi parlare di neve, visto che da alcuni giorni ne siamo immersi. Sorprende un po’ invece sentirne parlare nelle letture della messa, pensando alla Palestina e ai luoghi desertici di cui è in parte costituita. Eppure il profeta Isaia la conosce bene, ne sa i benefici, e insieme alla pioggia ne fa questa immagine molto conosciuta:

“Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, così sarà della mia parola ...”.

  Capita nel periodo primaverile o all’inizio dell’estate in montagna di incontrare delle zone ancora innevate e di poter osservare come la natura evolve rapidamente in prossimità della neve. Là dove la neve si è appena sciolta la terra è ancora brulla e spoglia. Ma basta allontanarsi un po’ per vedere che già qualche filo d’erba compare e scoprire poco oltre che nell’arco di alcuni giorni la neve ha lasciato il posto a bellissimi prati fioriti. La neve ha irrigato la terra, l’ha fecondata e, appena fatto ritorno al cielo, le ha permesso di germogliare e riprendere vita. Quei semi rimasti tutto l’inverno sepolti sotto il bianco manto, resi inattivi dal freddo e dal buio, appena riemersi alla luce sono germogliati.

Il battesimo, in quel gesto originario di immersione ed emersione, vuole proprio raffigurare una morte e una risurrezione, il passaggio ad una vita nuova dopo aver abbandonato, messo a morte una vita di peccato, senza Dio. Certo, il segno per eccellenza del battesimo è l’acqua, con il suo potere di lavare, purificare, dare la vita; ma anche questa immagine di un prolungato tempo sotto la neve prima di riaffiorare e poter germogliare dice qualcosa delle nostre esistenze. A volte sono lunghi i periodi di buio in cui sembra che regni la morte; oppure ci sono aspetti, parti di noi stessi che necessitano di lunghi inverni di preparazione, prima di poter fiorire e dare frutto. Ci sono germi di vita sepolti in noi che hanno bisogno di tanto tempo per maturare, che, come i semi in natura, devono sperimentare il freddo e il buio per riconoscere l’arrivo della bella stagione, l’arrivo del momento favorevole. È così anche per il germe della fede, deposto in noi con il battesimo, ma anch’esso bisognoso del suo tempo per germogliare e dare frutto.

Con la festa del Battesimo del Signore celebriamo oggi un’altra manifestazione della particolarità, della specificità della nostra fede. Tutto il tempo del Natale ci vuole dire infatti che Gesù è il Figlio di Dio. È il mistero dell’incarnazione, del Dio che si fa uomo. Nella seconda lettura san Giovanni sostiene che con questa fede possiamo guardare il mondo con occhi nuovi: “Chi è che vince il mondo, se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?”.

Durante l’Avvento abbiamo contemplato Gesù Figlio di Dio nel concepimento straordinario di Maria; a Natale nella sua nascita a Betlemme. All’Epifania nella manifestazione alle genti, alla moltitudine dei popoli, raffigurati dai tre magi. E oggi lo contempliamo al fiume Giordano, dove Gesù è sceso per farsi battezzare e rendersi simile agli uomini anche in questo segno di conversione che è il battesimo. Ma una voce dal cielo gli dice che nel suo caso quel segno non è di conversione, ma l’occasione di una nuova manifestazione.

 

La bellezza di queste parole, come le riporta san Marco in questo vangelo, è che non sono parole rivolte ai presenti, ma direttamente a Gesù: “Tu sei il mio Figlio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”, in te ho posto il mio amore. Il Padre si rivolge al Figlio, manifesta innanzitutto a lui la sua paternità, il suo amore. E Gesù diventa il volto del Padre, il rivelatore del Padre per questo rapporto a Tu per Tu, per l’intimità che ha saputo coltivare con il Padre, sapendosi Figlio amato. Ha saputo comunicare agli uomini che sono figli di Dio, e ha saputo comunicare la bellezza dell’amore del Padre, perché lui per primo ha sentito queste parole rivolte a sé: “Tu sei mio figlio, l’amato”. E questo è anche il nostro cammino di fede, giungere a credere che queste parole non sono genericamente rivolte all’umanità, ma sono rivolte direttamente, personalmente a me: “Tu sei mio figlio”. Diventiamo anche noi testimoni credibili solo quando riceviamo il dono dello Spirito di sentire che queste parole ci riguardano in prima persona: “Tu sei mio figlio”.

Il battesimo di Gesù segna questa novità, un nuovo inizio del significato del battesimo. Giovanni Battista stava già predicando il cambiamento che sarebbe avvenuto: “Viene dopo di me colui che è più forte di me … Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”. Il battesimo d’ora in poi non è più soltanto un segno di pentimento e conversione, ma diventa il segno della nostra incorporazione nel Corpo di Cristo, nella Chiesa; diventa il segno che siamo anche noi figli di Dio perché membra di Cristo. “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarò manifestato noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv 3,1-2).

Allora per concludere, se anche da battezzati e da credenti abbiamo a volte la sensazione che la nostra fede sia soltanto un seme sepolto sotto una grossa nevicata, ascoltiamo con fiducia san Paolo che scrive:

“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme con lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti …, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rom 6,4).

 


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