Letture e Omelia per la solennità dei Santi Fondatori di Citeaux (26 gennaio 2025)
C'è dunque una Parola che irrompe, che viene proclamata, nell'intimo dei cuori, nelle sinagoghe o nelle piazze che oggi genera liberazione, che provoca salvezza, inizi di cammini, inizi di vite. E così anche noi oggi siamo provocati da inizi di cammini, guardando ai nostri santi Fondatori. La Parola di Dio che irrompe nella vita dell'uomo genera squilibri, abbiamo sentito nel ritiro della scorsa settimana, e provoca nuovi cammini.
Nell’esperienza che facciamo, possiamo constatare che tante
parole ci raggiungono e ci toccano il cuore ed è difficile a volte operare un
discernimento su quale sia la Parola che viene da Dio o quali siano le parole
che sono proiezioni dei nostri desideri, dei nostri bisogni, inquinati
dall'ambiguità delle passioni che abitano in noi. È sempre difficile avere una
purezza di intenzioni. Ma se dobbiamo ritrovare alcuni criteri di discernimento,
uno che la Parola di Dio di oggi ci consegna è che ciò che accomuna tutti gli
inizi e tutti i ricominciamenti è l'esperienza dell'impossibilità. La Parola di
Vita, nell’indicarci orizzonti di vita, ci confronta sempre con l’impossibilità
dei nostri mezzi. Potremmo dire che la buona notizia che il Signore porta nella
storia della salvezza di ogni uomo e dell'intero popolo, si presenta sempre con
le vesti dell'impossibile!
In continuazione ritorna la domanda degli interlocutori di
Dio: “come è possibile?”.
Ci sono Abramo e Sara che increduli sorridono all'idea di
poter diventare genitori. C'è Mosè che intrattiene un lungo dialogo con Dio per
convincerLo dell'impossibilità della missione alla quale lo chiama, c’è Isaia che
resiste constatando la sua impurità… e così via di seguito. Per arrivare a
Zaccaria e Maria che, sebbene con spirito differente, constatano
l'impossibilità che dimora nei loro mezzi. E così anche oggi ascoltiamo i
discepoli che sembrano atterriti dalle dure parole di Gesù: “chi può salvarsi…?”
La parola di Dio che irrompe, bruscamente o no, nella vita di ogni uomo, mette tutti e sempre di fronte all'impossibilità che si sperimenta per mancanza di risorse personali... Non si è mai all'altezza di quanto il Signore ci propone ed è sano che sia così… perché se mai ci si sentisse all'altezza di ciò che ci è chiesto, dimoreremmo nell’autosufficienza e nel protagonismo. Ma non è questo che dà vita!
È su una Parola che viene da fuori, che viene da Dio che si
è invitati a riporre tutta la nostra fiducia, perché in quella Parola è
custodita una promessa che troverà la sua realizzazione… come non lo sappiamo.
La seconda lettura ce lo ripete come un ritornello: nella fede
in quella parola i nostri patriarchi hanno camminato! Una fede che non li ha
preservati da difficoltà, che non li ha risparmiati dalle fatiche e dalle
sofferenze, una fede che non ha trovato precisa corrispondenza con quanto essi
si aspettavano, ma una fede che ha trovato compimento e riposo nell'unione e
nella comunione con Dio: questo solo basta! È in questo il compimento della
promessa. In fondo quando il Signore chiama, non provoca tanto ad una missione
ma invita ad una relazione con Lui… è solo da questa che abbiamo vita, è solo
da questa che c’è fecondità!
Così possiamo vedere nei passi dei nostri fondatori una continuità. Essi si pongono sulla scia di tutti quei testimoni che ci hanno preceduto. I fondatori, come i patriarchi nella fede, non sono stati supereroi. Se li guardiamo bene, li possiamo scoprire nelle loro contraddizioni e limiti. Ma dobbiamo riconoscere che essi sono stati quei vasi di creta che si sono aggiunti alla “collezione” di Dio. Dei vasi che essi hanno saputo riempire con l'acqua della fede perché Dio potesse trasformarla in vino di Grazia per rallegrare il banchetto a cui loro e le generazioni successive sono state invitate: le nozze di Dio con l’umanità.
Se pensiamo alle vicende che Roberto Alberico e Stefano hanno vissuto, non mi sembra siano state vite poi così lineari. E anche le vicende della prima comunità di Cîteaux non sono state poi così idilliache… immagino ad esempio, come la separazione di Roberto ed alcuni monaci dalla comunità nascente per rientrare a Molesme abbia provocato destabilizzazioni, tensioni, delusioni.
O anche il tempo e le vicende che hanno caratterizzato i
primi decenni della fondazione di Citeaux abbia potuto rimettere in discussione
l’interpretazione degli ideali dei primi padri: i luoghi solitari, la povertà,
e la comunione fraterna forse si sono rivelati diversi da come immaginati o
sperati, ma, purificati dalla vita che Dio accompagna, si saranno mostrati non
tanto come la “meta” di un cammino ma come il “luogo” nel quale trovare la Presenza
di quel tesoro che per noi è il Cristo!
Ci sono solitudini e povertà che si rivelano altrimenti
rispetto a come pensiamo (e forse si presentano con meno romanticismo e più
realismo). Ci sono vite fraterne molto più deludenti e reali dell'ideale degli
Atti degli Apostoli che aveva mosso i passi dei nostri padi nella vita
monastica.. Eppure è lì che si compie l'impossibile perché proprio lì, nella
povertà di mezzi, nella sperimentazione del limite nostro e altrui, nelle nostre
incapacità che ci bloccano, o nell’inatteso che il Vangelo si compie: impossibile agli uomini ma non a Dio!
I nostri padri nella fede, i nostri patriarchi della storia della salvezza, i nostri santi fondatori si rendono presenti nel cammino di quest’oggi per ricordarci la sola cosa importante: esporsi alla presenza di Dio, esporsi alla Sua Luce, fiduciosi di quanto Paolo ci ricorda: Dio che disse “rifulga la luce dalle tenebre” rifulge anche oggi nei nostri cuori! Non limitiamo per mancanza di fede la possibilità di azione creatrice di Dio.
Radichiamoci in questa speranza, alimentiamo la nostra
fiducia perché nelle mani del Signore è la nostra vita.
fr. Emanuele
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