Letture e Omelia per la solennità dei Santi Fondatori di Citeaux (26 gennaio 2025)






Dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (4,6-11)
 

E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo. Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. 

Dal Salmo 15 
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. 
Ho detto al Signore: "Il mio Signore sei tu, 
solo in te è il mio bene". 
Agli idoli del paese, agli dèi potenti 
andava tutto il mio favore. 

Moltiplicano le loro pene 
quelli che corrono dietro a un dio straniero. 
Io non spanderò le loro libagioni di sangue, 
né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi. 

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: 
nelle tue mani è la mia vita. 
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: 
la mia eredità è stupenda. 

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; 
anche di notte il mio animo mi istruisce. 
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare. 

Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; 
anche il mio corpo riposa al sicuro, 
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, 
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. 

Mi indicherai il sentiero della vita, 
gioia piena alla tua presenza, 
dolcezza senza fine alla tua destra.


Dalla lettera agli ebrei (11,1-2.8-16) 
La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi;  ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. 

Dal Vangelo secondo Marco (10, 22-30) 
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!". I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: "Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio". Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: "E chi può essere salvato?". Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: "Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio". Pietro allora prese a dirgli: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". Gesù gli rispose: "In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. 


Omelia

Mentre tutta la Chiesa celebra la Terza Domenica del tempo ordinario – chiamata anche domenica della Parola - noi come comunità monastica dell'Ordine Cistercense celebriamo la festa dei nostri Santi Fondatori. E sebbene le letture siano differenti, non ci troviamo poi così distanti da quel nutrimento preparato per tutte le comunità cristiane. La liturgia della Terza Domenica infatti riporta l'episodio del ritrovamento e della lettura del rotolo della legge da parte di Esdra davanti a tutto il popolo e il Vangelo è quello della proclamazione dell'anno di grazia del Signore che Gesù annuncia nella sinagoga di Nazaret: anno di grazia, di salvezza che comincia nell'oggi. E questa salvezza libera, guarisce, ridona vista.

C'è dunque una Parola che irrompe, che viene proclamata, nell'intimo dei cuori, nelle sinagoghe o nelle piazze che oggi genera liberazione, che provoca salvezza, inizi di cammini, inizi di vite. E così anche noi oggi siamo provocati da inizi di cammini, guardando ai nostri santi Fondatori. La Parola di Dio che irrompe nella vita dell'uomo genera squilibri, abbiamo sentito nel ritiro della scorsa settimana, e provoca nuovi cammini.      

Nell’esperienza che facciamo, possiamo constatare che tante parole ci raggiungono e ci toccano il cuore ed è difficile a volte operare un discernimento su quale sia la Parola che viene da Dio o quali siano le parole che sono proiezioni dei nostri desideri, dei nostri bisogni, inquinati dall'ambiguità delle passioni che abitano in noi. È sempre difficile avere una purezza di intenzioni. Ma se dobbiamo ritrovare alcuni criteri di discernimento, uno che la Parola di Dio di oggi ci consegna è che ciò che accomuna tutti gli inizi e tutti i ricominciamenti è l'esperienza dell'impossibilità. La Parola di Vita, nell’indicarci orizzonti di vita, ci confronta sempre con l’impossibilità dei nostri mezzi. Potremmo dire che la buona notizia che il Signore porta nella storia della salvezza di ogni uomo e dell'intero popolo, si presenta sempre con le vesti dell'impossibile!             

In continuazione ritorna la domanda degli interlocutori di Dio: “come è possibile?”.

Ci sono Abramo e Sara che increduli sorridono all'idea di poter diventare genitori. C'è Mosè che intrattiene un lungo dialogo con Dio per convincerLo dell'impossibilità della missione alla quale lo chiama, c’è Isaia che resiste constatando la sua impurità… e così via di seguito. Per arrivare a Zaccaria e Maria che, sebbene con spirito differente, constatano l'impossibilità che dimora nei loro mezzi. E così anche oggi ascoltiamo i discepoli che sembrano atterriti dalle dure parole di Gesù: “chi può salvarsi…?

La parola di Dio che irrompe, bruscamente o no, nella vita di ogni uomo, mette tutti e sempre di fronte all'impossibilità che si sperimenta per mancanza di risorse personali... Non si è mai all'altezza di quanto il Signore ci propone ed è sano che sia così… perché se mai ci si sentisse all'altezza di ciò che ci è chiesto, dimoreremmo nell’autosufficienza e nel protagonismo. Ma non è questo che dà vita!

È su una Parola che viene da fuori, che viene da Dio che si è invitati a riporre tutta la nostra fiducia, perché in quella Parola è custodita una promessa che troverà la sua realizzazione… come non lo sappiamo.

La seconda lettura ce lo ripete come un ritornello: nella fede in quella parola i nostri patriarchi hanno camminato! Una fede che non li ha preservati da difficoltà, che non li ha risparmiati dalle fatiche e dalle sofferenze, una fede che non ha trovato precisa corrispondenza con quanto essi si aspettavano, ma una fede che ha trovato compimento e riposo nell'unione e nella comunione con Dio: questo solo basta! È in questo il compimento della promessa. In fondo quando il Signore chiama, non provoca tanto ad una missione ma invita ad una relazione con Lui… è solo da questa che abbiamo vita, è solo da questa che c’è fecondità!    

Così possiamo vedere nei passi dei nostri fondatori una continuità. Essi si pongono sulla scia di tutti quei testimoni che ci hanno preceduto. I fondatori, come i patriarchi nella fede, non sono stati supereroi. Se li guardiamo bene, li possiamo scoprire nelle loro contraddizioni e limiti. Ma dobbiamo riconoscere che essi sono stati quei vasi di creta che si sono aggiunti alla “collezione” di Dio. Dei vasi che essi hanno saputo riempire con l'acqua della fede perché Dio potesse trasformarla in vino di Grazia per rallegrare il banchetto a cui loro e le generazioni successive sono state invitate: le nozze di Dio con l’umanità.

Se pensiamo alle vicende che Roberto Alberico e Stefano hanno vissuto, non mi sembra siano state vite poi così lineari. E anche le vicende della prima comunità di Cîteaux non sono state poi così idilliache… immagino ad esempio, come la separazione di Roberto ed alcuni monaci dalla comunità nascente per rientrare a Molesme abbia provocato destabilizzazioni, tensioni, delusioni.

O anche il tempo e le vicende che hanno caratterizzato i primi decenni della fondazione di Citeaux abbia potuto rimettere in discussione l’interpretazione degli ideali dei primi padri: i luoghi solitari, la povertà, e la comunione fraterna forse si sono rivelati diversi da come immaginati o sperati, ma, purificati dalla vita che Dio accompagna, si saranno mostrati non tanto come la “meta” di un cammino ma come il “luogo” nel quale trovare la Presenza di quel tesoro che per noi è il Cristo!

Ci sono solitudini e povertà che si rivelano altrimenti rispetto a come pensiamo (e forse si presentano con meno romanticismo e più realismo). Ci sono vite fraterne molto più deludenti e reali dell'ideale degli Atti degli Apostoli che aveva mosso i passi dei nostri padi nella vita monastica.. Eppure è lì che si compie l'impossibile perché proprio lì, nella povertà di mezzi, nella sperimentazione del limite nostro e altrui, nelle nostre incapacità che ci bloccano, o nell’inatteso che il Vangelo si compie: impossibile agli uomini ma non a Dio!

I nostri padri nella fede, i nostri patriarchi della storia della salvezza, i nostri santi fondatori si rendono presenti nel cammino di quest’oggi per ricordarci la sola cosa importante: esporsi alla presenza di Dio, esporsi alla Sua Luce, fiduciosi di quanto Paolo ci ricorda: Dio che disse “rifulga la luce dalle tenebre” rifulge anche oggi nei nostri cuori! Non limitiamo per mancanza di fede la possibilità di azione creatrice di Dio.

Radichiamoci in questa speranza, alimentiamo la nostra fiducia perché nelle mani del Signore è la nostra vita.


fr. Emanuele 

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