Omelia Santa Madre di Dio (01/01/2024 - Anno B-)
Otto giorni dopo il Natale, all’inizio del nuovo anno ci ritroviamo nuovamente insieme davanti alla grotta di Betlemme. Il Vangelo che abbiamo appena ascoltato descrive i passi dei pastori che si muovono per andare a contemplare il grande mistero annunciato dagli angeli: questo Dio Bambino, il Salvatore del mondo! Ma nelle poche righe di questo Vangelo si ripetono con insistenza i verbi legati alla vista e all’udito.
I pastori dopo averlo visto riferirono… Tutti quelli che
udivano si stupirono… Maria custodiva meditando
I pastori tornarono lodando per
quello che avevano udito e visto…
Un invito di
farci anche noi spettatori… ma cosa vedono i nostri occhi? Cosa ascoltano le
nostre orecchie?
Proviamo a farci coinvolgere dal racconto!
Innanzitutto,
cosa i nostri occhi vedono?
Davanti a
noi ci sono Maria, Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia.
Il miracolo
di una vita che si affaccia al mondo, scena tanto ordinaria quanto
straordinaria! La nascita di un bambino è nell’ordine delle cose… da sempre “funziona
così”, la vita si trasmette, continua… per noi forse potrebbe essere una cosa
evidente! Eppure se ci fermiamo un istante, è proprio così scontata una vita
che nasce? La vita è qualche cosa di più grande di noi, non ce la possiamo dare!
È qualcosa che riceviamo totalmente senza poterla gestire, senza poterla
comprendere fino in fondo. Le scienze cercano di studiare come allungare la
vita, come renderla migliore … ma nessuno è mai riuscito a “darsi” la vita. Non
possiamo fare altrimenti… la vita la si riceve!
Tanto più
questo evento straordinario che ci è annunciato: in questa vita si nasconde il
Dio Creatore che accetta di ridurre la sua onnipotenza nella vulnerabilità e
piccolezza di un neonato, per farsi vicino a noi, per esserci prossimo.
E
contempliamo inoltre questa scena così “ordinaria” e al tempo stesso “straordinaria”
che accade in un contesto di precarietà, e di fragilità. Una giovane coppia si
trova ad affrontare questo evento in una situazione scomoda: fuori casa per un
motivo non scelto, in un luogo non accogliente, in una situazione di fortuna,
in un momento inatteso. Non c’è posto per loro in una casa accogliente e devono
adattarsi. Forse, come tutti i genitori, Giuseppe e Maria avrebbero voluto per questo
bambino - il Cristo, l’atteso delle Genti, il Principe della Pace - una nascita
molto più dignitosa, in un contesto pulito e non di promiscuità. Eppure sembra
non dipendere da loro e accolgono questa situazione, accettando che questa
realtà così ambigua e contaminata sia il luogo dove la Vita Divina vuole
manifestarsi.
Mi colpiva
anche un dettaglio: avrei immaginato che, in un tale contesto così promiscuo, il
neonato rimanesse tra le braccia della mamma o del papà! Invece l’evangelista
ci tiene a sottolineare che questo Dio fatto bambino è deposto in una
mangiatoia. Certo è una immagine carica di significato simbolico: Dio che si fa
pane, Dio che si mostra come nutrimento per la sua creatura! Ma mi sembra di
cogliere anche l’annuncio di un Dio bambino che non teme di sporcarsi, ma che
desidera entrare in questa vita scegliendo di abitare le nostre grotte, le
nostre stalle per mostrarsi accessibile, anche in mezzo a situazioni di vita e
di fango! Dio desidera abitare il nostro reale, così come è e non come dovrebbe
essere… e questo è un modo forte per dirci il Suo Amore!
E forse solo
i pastori, abituati a questa promiscuità e a questa precarietà, e forse
riconciliati con questa situazione di fragilità, sanno riconoscere l’evento di
una nuova vita che irrompe nella storia non così lineare, stagna e sterile
dell’umanità. Solo loro sanno non scandalizzarsi e sanno riconoscere in questo
piccolo bambino la benedizione attesa da generazioni e generazioni, quella
presenza di Dio che custodisce, quel volto di Dio che concede la pace.
E poi, cosa
i nostri orecchi odono?
Una
narrazione di pastori che riferiscono le parole degli angeli: l’annuncio della
nascita del Salvatore, parole che rendono manifesto il mistero contemplato. C’è
il canto di lode di questi semplici che glorificano Dio per le opere che compie!
Ci sembrerebbero parole tanto altisonanti rispetto al dato di realtà
contemplato. Sembrerebbe essere una esultanza sproporzionata!
In questo
periodo abbiamo davanti agli occhi scene di guerra e di devastazioni, e tra le
tante immagini forse ci è dato di scorgere qualche scena di natività, di bimbi
che nascono in contesti di insicurezza, tra macerie o nei campi profughi, su
gommoni o in centri di accoglienza. E certamente in queste scene di forte
precarietà il primo sentimento che può nascere in noi è un senso di
indignazione, di fastidio, di irritazione, di disperazione e non di lode. Ed è
forse normale che sia così!
Eppure anche
in questa situazione di limite e di rifiuto descritto, i pastori continuano a vivere
radicati in una speranza che sa riconoscere IL Qualcosa di più grande che si
trova davanti a loro, la benedizione che viene dal ritrovarsi davanti ad un
volto, quello di Dio, che appare in una piccola vita, in una grotta della città
di Davide, alla periferia dell’impero… il volto di Dio che si confonde
nell’ordinario dell’uomo. E quando ci si trova consapevolmente davanti a Dio,
le uniche parole sensate che possono sgorgare dal cuore dell’uomo sono parole
di lode. L’uomo che è veramente visitato da Dio ha e può avere solo parole di
benedizione e di lode… il Signore contemplato occupa tutto l’orizzonte e non
c’è spazio per la paura, la mormorazione, per il borbottio, per il malumore.
Davanti a
questa grotta tante persone che osservano, tante che ascoltano, ma tra tutte
Maria “presiede” questa “liturgia” di contemplazione e di ascolto!
La Vergine spicca
come la donna silenziosa, che vede e ascolta e custodisce nel cuore. Maria, che
oggi contempliamo come Madre di Dio, si pone davanti a questo Volto del Dio
fatto bambino, senza volerlo possedere, senza volerlo giudicare, desiderosa di
comprendere senza però aver fretta di capire, di definire il mistero… Maria
dimora silenziosa lì, lasciandosi provocare dall’alterità del mistero di una
Vita divina che irrompe in questa storia, forse curiosa di vedere come
l’Onnipotente possa salvare l’umanità attraverso la vita di un Bambino fragile
e vulnerabile. Maria contempla, Maria ascolta, lasciandosi condurre, rimanendo
disponibile ad imparare. In Lei è fiducia piena nel compimento dell’opera di
Dio.
Forse nel
suo cuore avrà sperimentato la lotta dei pensieri che desideravano comprendere,
che erano avidi di sapere, che pretendevano di risolvere. Forse anche lei si
sarà confrontata a dei sentimenti di paura, o moti di preoccupazione che
avrebbero voluto prevenire l’agire di Dio, ma ha avuto il coraggio e la forza
di restare lì dimorando davanti a questo volto, totalmente altro, lasciando
ogni bramosia che l’avrebbe spinta ad afferrare avidamente questa vita donata, a
trattenerla per sé, a classificarla in orizzonti conosciuti,.
Solo mettendoci
davanti a questo Volto, con Maria e come Maria, avendo il coraggio e la forza
di combattere contro ogni nostra bramosia di “sicurezza e comodità”, anche noi potremmo
sperimentare la benedizione di Dio che desidera custodirci misteriosamente. Anche
noi potremmo gustare quella “pace” che viene da un cuore disarmato davanti
all’agire di Dio che supera il nostro intelletto… e dal nostro cuore pacificato
potremmo anche noi divenire operatori di quella pace che oggi, con tutta la Chiesa,
invochiamo, pace che viene solo da Dio e dalla fiducia di una vita riposta
nelle Sue mani! Egli compie la Salvezza! A noi il compito di riconoscere, di dare
il nome alla Vita che ci è stata donata riconoscendovi la mano del Dio provvidente,
del Dio che Salva e che porta il nome di Gesù.
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