Omelia della Notte del Santo Natale del Signore (25/12/2023 -Anno B-)


 

È curioso che per le grandi feste della nostra fede, il ritrovarci insieme avviene nel cuore della notte.

Come i pastori, anche noi vegliamo durante la notte per contemplare il grande mistero della nascita del nostro Signore Gesù Cristo. Come le donne che corrono al sepolcro, di buon mattino, ancor prima del sorgere del sole, anche noi ci ritroviamo a precedere l’aurora per cantare la vittoria di Cristo sulla morte.

Nel cuore di una notte celebriamo il Natale, nel cuore della notte cantiamo la Pasqua del Signore!

 

Ma perché per la liturgia di queste grandi feste la notte sembra essere un tempo così importante, sembra essere simbolicamente significativo per la vita dei credenti?

 

La notte non è semplicemente quel tempo tra il tramonto e il sorgere del sole. La notte può essere il tempo del riposo, il tempo dell’intimità, il tempo per poter lasciar decantare l’agitazione di tutta una giornata.

Ma la notte può avere anche una connotazione più simbolica, a partire dell’esperienza che se ne fa.

La notte è il tempo della solitudine, nel quale il buio domina e non si riesce a vedere senza l’aiuto di una qualche luce. Si potrebbe fare esperienza della paura e dell’insicurezza perché attorno a noi non si riesce a vedere, se non ciò che è a noi molto vicino. L’orizzonte ci è chiuso e in un contesto così non ci sentiamo poi così sicuri… non riusciamo a tenere tutto sotto controllo… sembra ci sia sempre un qualcosa che possa minacciare la nostra vita, la nostra serenità.

 

Ma proprio come quando nel buio fitto di una notte, può avvenire di intravvedere anche una piccola luce che risalta in tutto il suo splendore, così nel cuore delle notti delle nostre esistenze, a volte un po' bloccate, un po' ferite, un po' impaurite, può accadere qualcosa che illumina, donandoci speranza, coraggio e forza. Accade un qualcosa che, come solido punto di riferimento, sostiene i nostri passi vacillanti.

E questa santa notte ci annuncia che quella luce che rassicura, quella certezza solida che sostiene i nostri passi prende il nome di Gesù, il Dio che è vicino, il Dio con noi! Dio non è distante, estraneo alle vicende dell’uomo, ma condivide le sorti di ogni uomo perché noi uomini possiamo condividere la Vita Divina, nella comunione ritrovata con il Padre, per mezzo del Figlio nello Spirito.

 

Nel cuore di questa notte facciamo eucaristia, ossia rendiamo grazie per il mistero di un Dio vicino e la Parola che ci è donata diviene pane che nutre i nostri passi. Una Parola che è ricca di spunti e sarebbe bello poterci prendere del tempo tra i vari festeggiamenti per continuare a farla risuonare nella nostra vita…

Tra le tante cose che potremmo cogliere, questa sera faccio mie e condivido tre provocazioni.

 

La prima provocazione è una Parola di speranza che prendo dalla prima lettura!

Nel cuore della notte qualcosa accade, ci ricorda il profeta Isaia: il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse!

Accade qualcosa… sembra che questa luce colga all’improvviso un popolo che arrancava. Sembra quasi che questa umanità non abbia la forza di scrollarsi di dosso quelle tenebre nelle quali giace. Ma un qualcosa accade, nonostante la passività dei destinatari, degli interlocutori.  

C’è dunque un popolo - che appartiene a Dio - destinatario di una salvezza e questa salvezza lo raggiunge al di là dei meriti o di tutti gli sforzi! Potremmo descrivere questa Salvezza e questa Luce che viene da Dio con il vocabolario della gratuità e della sovrabbondanza. Sembra non sia richiesta nessuna collaborazione da parte del popolo  - anzi il popolo è descritto come un popolo “seduto”… che “dimora”- , se non quella della consapevolezza di abitare nelle tenebre ed avere “sete” di questa luce.

Vi è dunque una speranza certa: Il Signore viene a visitare le nostre tenebre, ci fa uscire dalle nostre prigioni e segno che confermerà il passaggio di questa salvezza saranno quegli stessi sentimenti di gioia, letizia, esultanza e liberazione che sono descritti dal profeta Isaia.

 

La seconda provocazione è una Parola di esortazione che prendo dalla seconda lettura. San Paolo afferma che

 

È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà

 

Questa grazia che appare e che porta con sé il gusto della gioia e della libertà ossia della salvezza, fa iniziare dei cammini! La conversione e il cambiamento di una vita non sono il frutto di pratiche ascetiche che avrebbero la pretesa di condurci a Dio, ma sono la conseguenza di un incontro. Non c’è un vero incontro se non produce un cammino!

L’esperienza di questo Dio che ci viene incontro amandoci, illumina i nostri cammini e ci fa rendere conto su quali sentieri ci siamo andati ad infognare. Ci rivela tutte le nostre piccole o grandi schiavitù, ci mostra tutte quelle abitudini che invece di darci vita ci soffocano, ci privano di vita. Ma al tempo stesso la consapevolezza di un Dio che viene a visitarci e a salvarci, mette le ali ai nostri passi verso quel compimento del progetto di Dio su ciascuno di noi. Siamo il “popolo che gli appartiene”, e tocchiamo con mano la verità del profondo amore che Dio ha per noi!  E questo Suo amore non può lasciarci indifferenti… si desidera essere all’altezza di questo amore e in fondo si desidera essere migliori per Colui dal quale ci si sente così amati.

 

Infine la terza provocazione è una Parola che ci indica il “luogo” dove Dio abita e prendo questo dal Vangelo.

La pagina evangelica che abbiamo appena ascoltato si apre con la menzione dei grandi di questa terra… coloro che sembrerebbero aver “fatto la storia”: Cesare Augusto, Quirinio… eppure la menzione di questi nomi è circoscritta in pochi versetti. La vera storia della salvezza si compie invece attraverso la via della semplicità, della povertà e dell’umiltà. Dio si fa presente in questa storia nella carne di un piccolo bambino, indifeso e fragile, nella periferia di un impero, nella provvisorietà di una stalla… tutto così distante dall’efficienza e dalla grandezza dei “potenti” della terra.  Ma Dio, per farsi presente ha bisogno del sì di uomini semplici e poveri, come Maria e Giuseppe… ed è proprio questa loro povertà e semplicità che li rende capaci di Dio… non possono contare su di loro… si aprono necessariamente a Dio.

Sembra un paradosso: Colui che è l’immenso e l’inafferrabile, si rende piccolo e vulnerabile. Ma solo occhi semplici e poveri possono cogliere questa presenza di Dio che si nasconde nella storia, nella vita ordinaria, e possono accogliere la Vita Divina.

 

Maria, Giuseppe, i pastori… tutta questa gente semplice si fida e si affida. Non teme i potenti della terra, non attende che le circostanze siano favorevoli, ma sa cogliere l’irruzione del divino nella vita che scorre, anche nella precarietà dell’esistenza, anche in quei contesti provvisori e non sicuri, nei quali non stiamo affatto comodi…  Ma questa è la grande e bella notizia: la celebrazione del Natale è la contemplazione del mistero del Dio che cammina con l’uomo, e non che risiede blindata in dei palazzi! È la contemplazione del mistero di un Dio che si mescola nella pasta di questa umanità e non ha paura di “sporcarsi”… che condivide le gioie e le fatiche perché in ogni luogo ogni essere vivente lo possa incontrare e possa fare concreta esperienza di un Dio vicino, di un Dio che si prende cura.

 

La salvezza di Dio bussa alla nostra porta, la presenza del Signore abita il nostro oggi… Gesù vuole camminare con noi. Questa è la buona notizia del Natale.

Il Signore ci dia occhi semplici e puri, capaci di coglierlo nella nostra vita, già qui ora! Questo è l’augurio che possiamo farci questa notte!

P. Emanuele

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