Omelia della festa degli amici- domenica XXIII del T.O. (03/09/2023 -Anno A-)


 

È bello potersi ritrovare ogni anno insieme… anche se forse per diversi tra noi questa non è l’unica occasione per potersi incontrare. Ci si ritrova insieme perché convocati da Colui che ci ha creati e da Colui che riconosciamo come nostra vita, Colui che riconosciamo nostra salvezza.

E il Salmo responsoriale che abbiamo cantato interpreta bene questi nostri sentimenti:

 

O Dio, tu sei il nostro Dio…Ha sete di te Signore l’anima nostra. Per questo ti cerchiamo, come terra assetata e percepita la Tua presenza, la nostra bocca si apre alla benedizione! 

 

Ci ritroviamo dunque attorno a questo altare, insieme, per lodare, per benedire e celebrare la bontà del Signore.

Ma questo Suo convocarci, crea legami. Una comunità nasce… e non solo la comunità di fratelli che seguono il Signore nella via della vita monastica, ma una comunità di persone, che, convocate, condividono un cammino e questo cammino genera legami di amicizia e di fraternità. Intorno al Signore ci ritroviamo dunque quest’oggi… è Lui la fonte della nostra unione, è il senso della nostra comunione, al di là delle simpatie e delle sintonie!

È da Lui che siamo stati chiamati, da lui siamo stati sedotti.

 

Ora… ci troviamo qui insieme oggi per dire grazie! Certo! Ma anche per metterci insieme in ascolto della Sua Parola! C’è una Parola che il Signore vuole rivolgere a noi, comunità riunita per celebrarlo.

C’è un maestro che ci parla.

 

Non vi nascondo che ho provato un po' di imbarazzo quando sono andato a vedere le letture che questa domenica ci riservava. Per una occasione di questo genere immaginavo di poter trovare delle parole consolanti, o sul quale appoggiarmi per dire belle parole… ed invece mi sono ritrovato forse un po' come Pietro, a dire al Signore che in occasioni come queste, che assumono il colore della festa, parole dure rischiano di essere fuori luogo, di scandalizzare.

 

La vita è già impegnativa e si spera di arrivare alla domenica per poter tirare un po' il fiato, per essere incoraggiati e alleggeriti… allora perché rivolgerci parole impegnative, parole che ci provocano in un cammino nel quale la croce sembra essere la via? E non vi nascondo che mi ha abitato la tentazione di volermi soffermare su altro, facendo una omelia che bypassasse questo aspetto più esigente, sottolineando dimensioni più consolatorie del nostro cammino da credente.

 

Ed invece devo e dobbiamo accettare di stare davanti alla Parola, di accogliere la provocazione che da essa può venire … non possiamo fare uno slalom acrobatico per evitare ciò che ci scomoda! Questa è la Parola che oggi, a noi, comunità riunita per celebrare il Signore, Dio stesso ci rivolge. C’è della vita che passa attraverso queste parole.

Una Parola che è lì per gettare una luce alla nostra vita, una Parola che è da ascoltare sempre in collegamento al nostro oggi.

 

La Parola è lampada ai nostri passi… è una Parola che ci è rivolta, ma forse per poterla comprendere dobbiamo poter lasciare che illumini la nostra vita. e allora dovremmo poterci domandare: dove sono ora? A che punto siamo nel cammino? Come questa parola può illuminare e dare un senso al mio oggi? Come può darmi prospettive? Cosa ci chiede?

 

 

 

Mentre scrivevo la lettera che abbiamo indirizzato a tutti i nostri amici, mi sono risfogliato tutte le lettere che, anno dopo anno, sono state scritte nel corso di questi 35 anni, e con tanta gratitudine e stupore coglievo il cammino che il Signore ci ha fatto fare come comunità. Ed è bello che questo cammino si sia potuto condividere con tanti amici, con voi che siete qui presenti. E dopo 35 anni si fa sempre più grande il desiderio di custodire una memoria, fissando appunti di quanto abbiamo vissuto, non solo noi come comunità, ma noi insieme con voi. Stiamo mettendo in ordine le foto, strutturando un archivio… per custodire la memoria di un Dio che passa nella nostra vita e che ha nutrito il cammino di ciascuno di noi… è innegabile.

Lo stupore di un incontro con il Signore, la consolazione della Sua presenza, il gusto di una avventura di una nuova realtà che nasce, il brivido di una provvidenza che precede e che ha chiesto a ciascuno di noi, in modi differenti, di collaborare ad una impresa che porta la firma del Signore.

Guardando indietro il cammino possiamo dire che “è stato bello!”. E godiamo di una opera di Dio.

Ma le opere di Dio che si vuole imbalsamare sono destinate a marcire…

La dinamica di fede è una dinamica di cammino. La nostra meta, con Gesù, è quella della Gerusalemme celeste e non c’è realtà sulla terra che non sia chiamata ad essere transitoria.

C’è un cammino verso Gerusalemme che Pietro vuole impedire. Perché è troppo arduo, è troppo faticoso… si rischia di perdere la vita bella che si è ottenuto a fatica. Si rischia di perdere il rapporto con quel maestro che finalmente abbiamo trovato… perché rischia la morte. Si rischia di perdere quella dimensione di confort nel quale si sta tanto bene! si rischia di non vivere più il brivido di una esperienza che oramai dimora nel passato.

E Gesù non vuole che ci fossilizziamo su un tratto di cammino. Gesù vuole continuare a fare del cammino l’elemento caratterizzante del “cammino di fede”. Dunque i panorami saranno sicuramente nuovi, e la novità spaventa, perché leva le nostre sicurezze.

 

 

Il Signore, per riprendere le parole di Geremia, ci ha sedotti… ci ha sedotti per cominciare un cammino. Ed è questa dinamica di cammino che dobbiamo conservare… non la seduzione degli inizi.

Perché la vita divina, la felicità non si esaurisce in una bella esperienza, nella riuscita di un progetto, ma è sempre al di la. Rischieremmo di fare delle piccole tane, seppur ben arredate e con tutti i comfort, la nostra Gerusalemme celeste… e allora sì, che saremmo veramente infelici.

 

La parola esigente di Gesù che oggi ci consegna, ci dice che esiste una gerusalemme chè è un po' più in la… al di fuori della zona di comfort nella quale possiamo trovarci, o oltre le belle esperienze del passato… ed è per questo che la parola con la quale il Signore ci provoca è “perdere”… diremmo “lasciare”…

La felicità è davanti a noi.

Ma due altre sono le sottolineature che rischieremmo di perderci se ci soffermiamo solo sullo scandalo di parole dure.

Innanzitutto il Signore dice a Pietro con parole dirette che si sta sbagliando… ma facciamo attenzione a non considerare solo l’immagine del giudizio che Gesù esprime attribuendo a Pietro il nome del divisore. L’invito che Gesù fa è molto più bello! Vieni dietro a me! Segui i miei passi! Questo vuole dire che innanzitutto c’è un Gesù che continua ad abitare il nostro cammino… e forse questo noi ce lo dimentichiamo. Lui è là con noi… non ci abbandona, non chiede distanze da lui! È bello questo! Gesù chiede a Pietro e ai suoi discepoli di ogni tempo di recuperare la consapevolezza che il nostro cammino è abitato, è accompagnato! Non siamo soli!

E la seconda bella verità è che l’invito per giungere a quella gerusalemme celeste che tutti aspiriamo si compie imparando a mettere i nostri passi dietro ai suoi. C’è un lasciare, un camminare che ci fa troppa paura… perché chiede di andare al di la delle proprie immaginazioni , al di la delle nostre aspettative, al di la delle nostre proprie convinzioni. C’è un Dio che conduce! E questo solo basta!

 

Nessuno di noi avrebbe avuto la certezza che l’evoluzione della comunità

si sarebbe immaginato come sarebbe stata l’evoluzione di questa comunità, così come nessuno di noi si sarebbe immaginato chiediamo allora al Signore quanto abbiamo pregato nel versetto dell’alleluja…

il Padre del Signore nostro gesu Cristo illumini gli occhi del nostro cuore, per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati… una Speranza alla quale Egli ci chiama, una Speranza che Egli sta compiendo!

P. Emanuele

 

 

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