Omelia della domenica XXVIII del T.O. (15/10/2023 -Anno A-)
Per parlarci del Padre, Gesù non racconta la storia di un re che promulga
leggi ma ci mostra l’immagine di un Padre, che festeggia con noi, che da
una festa e invita tutti. Il Padre da un banchetto nuziale, siamo tutti invitati,
ma nessuno risponde, non lo si crede possibile, uno dice: sono un
contadino, meglio che vado a zappare la terra, il commerciante: meglio se
vado ai miei affari. Ma Dio ribadisce: non ti preoccupare ti ho proprio
invitato, ma questi ostinatamente rispondono: basta fesserie, maltrattano e
addirittura ammazzano, i messaggeri. Il re allora dice basta, manda i
soldati e li fa uccidere. Dio in realtà non uccide nessuno, quello che fa
invece, attraverso l’immagine cruenta dei soldati, è frantumare questa
opposizione, questo sentirsi indegni degli invitati, questo orgoglio, questo
pensare se vado al cospetto di Dio si vede che sono un poveraccio, o
qualunque altra loro paura, Dio non fa altro che tranciare le catene che
impediscono agli invitati di gioire al banchetto preparato per loro. Le
persone rifiutando il banchetto nuziale relegano la loro vita e il mondo
intero, in una condizione buia, sterile, egoistica e violenta, ed è proprio
questa dimensione che il re manda a distruggere. Il Padre, che ama tutti
allo stesso modo e non fa differenza di persone, ora può dire: andate per le
strade e raccogliete tutti, buoni e cattivi, ma questi poveri di strada siamo
noi, e siamo gli stessi di prima, solo che al cospetto di Dio non siamo il
contadino o il commerciante, siamo noi spogliati di ogni maschera e
categoria ad identificarci. Il banchetto è pronto, gli invitati ci sono,
possiamo fare festa. Ancora no! Il re scorge una persona, una che non ha
l’abito nuziale e lo fa sbattere fuori, sembra asssurdo che dopo tutti quello
che è successo dopo aver preso chiunque per strada, buoni e cattivi, ancora
uno sia sbattuto fuori. Ma che cosa sarà mai quest’abito nuziale. Dio dopo
aver distrutto, con la storia dei soldati, la riluttanza di coloro che non si
ritenevano degni ora con questo gesto distrugge l’ipocrisia di coloro che
invece si ritengono degni, fa così congiungere le due categoria verso quella
di coloro che si presentano di fronte a Dio per quello che sono, poveri di
strada. Dio ci dice che al suo cospetto siamo tutti uguali e allo stesso
tempo tutti diversi, ci dice che lui non ha preferenze e allo stesso tempo
rispetta il cammino particolare di ciascuno. I padri della Chiesa dicevano
che l’abito nuziale era l’abito battesimale, quindi non una cosa che
possiamo indossare da soli, ma una dignità che ci è donata da Dio stesso,
l’abito nuziale non è qualcosa che ci procuriamo, ma qualcosa che ci è
donato. Un po’ come l’abito liturgico monastico, come le nostre cocolle, ci
sono date, darsela da solo sarebbe un controsenso, sarebbe come dire mi
metto al cospetto di Dio senza aver bisogno di Dio. L’uomo senza abito
nuziale, non è stato cacciato fuori, non è mai entrato veramente.
Demolita da Gesù l’immagine del Padre re che promulga leggi, siamo un
po’ spaesati senza linee guide precise, allora non ci resta che procedere in
quel nostro cammino particolare perché è proprio li che Dio ci viene
incontro, non ci resta che fare del nostro meglio, non ci resta che amare
come sappiamo e possiamo, e come Maria, dire si al momento opportuno.
Fr Abramo
Commenti
Posta un commento