Omelia della domenica XXIX del T.O. (22/10/2023 -Anno A-)

 


Oggi vorrei dirvi con San Paolo: “Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui”;

ogni scelta viene da una preferenza e il mistero di Dio è che lui ci preferisce davvero: ciascuno come unico. Ma questa preferenza ha trovato la sua grande manifestazione sulla croce, quando il nostro Signore e Dio Gesù il Cristo ci ha preferiti a se stesso ed è morto per noi. Davvero questo mistero è grande! Non possiamo rimanere indifferenti a questo amore, e vivere come se il nostro comportamento, che ci conduce immancabilmente a delle scelte piccole o grandi, potesse non avere delle conseguenze e passare come un alito di vento. È un’illusione non buona. 

Qualunque cosa facciamo ha delle conseguenze: per questo la Parola ci dice: “Qualunque cosa facciate, fatela nel Nome del Signore”.

Naturalmente possiamo chiederci, se vogliamo rispondergli con lealtà e purezza di spirito, come abbiamo detto nell’orazione iniziale, come possiamo arrivare a anche noi, così poveri, deboli e fragili, a preferirlo dandogli la nostra vita? Un amore così grande non potremo mai raggiungerlo.

Ma Lui stesso ci ha dato una pista: non è con una grande quantità di atti o con un coraggio smisurato, che dobbiamo preferirlo, ma amandolo con tutto il cuore, tutta l’anima, tutta l’intelligenza, insomma con tutto noi stessi. Non importa quanto riusciamo a fare, ma ciò che rende vera la nostra risposta è che ce la mettiamo tutta. E questo può sempre crescere, non ha una misura di arrivo.

Nel passo di Isaia, vediamo che il Signore sceglie qualcuno che non lo conosce neppure. “Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca”. La gratuità del Signore è sempre totale. Ma poi Dio stesso si presenta: “Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio” e ci fa comprendere che si aspetta che anche noi lo scegliamo, come unico.

Quando si sceglie, si vuole dare spazio a un qualcosa di desiderato, di amato, che ci fa del bene. La

Parola di Dio, letta, ascoltata, gustata ci conduce al desiderio di questa scelta totalizzante, che non

distrugge la persona, né la paralizza o la limita, anzi la fa crescere e vivere in modo sempre più grande.

La famosa risposta di Gesù: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, tanto lapidaria quanto chiara, mostra che Gesù non annulla le realtà di questa terra.

Dobbiamo vivere la nostra vita famigliare, sociale, politica con onestà, previdenza e sollecitudine.

Ma anche con un pizzico di profezia, che fa entrare il Vangelo nella nostra storia e nella Storia.

Nella nostra vita il Vangelo si deve vedere più o prima che ascoltare.

Gesù rispondendo ai farisei e agli erodiani, che volevano incastrarlo con una risposta che fosse di parte, e quindi per poterlo poi accusare, non vuole prendere parte sulla giustezza dell’occupazione romana o sulle leggi imposte a Israele dall’occupante, neanche sul fatto che sulle monete, usate da tutti, c’era l’immagine dell’Imperatore. E le immagini erano proibite dalla legge religiosa. Nella risposta di Gesù dobbiamo leggere l’impegno di vivere con onestà: se accettiamo di ricevere una moneta da qualcuno, dobbiamo anche accettare di rendere il dovuto. Ma nulla ci può impedire di servire il nostro Dio, né di metterlo al primo posto. La vita sociale, civile, politica non può essere totalizzante. In ciascuno di noi deve rimanere la libertà, senza la quale non possiamo scegliere ciò che in noi esiste di più vero, vitale, e nobile. 

In un certo senso, anche se lo Stato imponesse il servizio divino come un obbligo, ci impedirebbe un sincero servizio a Dio e di amare con tutto il cuore. Solo una persona davvero libera “dentro” può amare.

Al momento della sua Passione Gesù non ha contestato né il potere religioso del sommo sacerdote, né quello di Pilato. Ha però con le sue parole messo in luce che entrambi questi poteri agivano ingiustamente. Non davano a Cesare quello che era di Cesare, perché Pilato agiva per ignavia e screditava il potere dell’Impero, e non davano a Dio quello che era di Dio, perché le accuse nel Sinedrio erano false e non c’era una vera ricerca della giustizia divina.

Tutto questo ci deve mettere ben in allerta sui nostri comportamenti e giudizi. Il pericolo di mettere il fine a cui si vuole arrivare prima della ricerca della verità o il proprio comodo e la propria tranquillità prima della ricerca di ciò che è vero e giusto e del bene comune, è sempre in agguato anche nella vita più semplice e nascosta, nel quotidiano più qualunque, nelle parole dette non credendo di doversi impegnare.

La risposta di Gesù che sembra la più ovvia, la più logica ed evidente, in verità è carica di un richiamo alla responsabilità nel corso della vita. I due ambiti, il politico e il religioso, possono e devono essere estesi a tutti gli altri nostri atti e parole e mai possiamo considerare come non importante ciò che diciamo o facciamo. Il cuore deve essere purificato, altrimenti anche senza accorgersene manipola e conduce al Male.

San Paolo ce ne dà l’esempio: “Il nostro Vangelo non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione”.

P Cesare

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