Omelia della notte di Pasqua (08/04/2023 - Anno A-)

 


Cristo è risorto! È veramente risorto!

È il bell’augurio che ci scambiamo nel cuore di questa notte!

È veramente una bella notizia!! Cristo è vincitore sulla morte, sul peccato e di questa vittoria noi tutti ne siamo partecipi. Per questo non possiamo non essere nella gioia!

Ma nel rispondere con determinazione e convinzione a questa acclamazione – “è veramente risorto!” – dovremmo poterne cogliere anche tutte le implicazioni che questa affermazione comporta.

E se veramente ce ne rendiamo conto, dovrebbero prenderci le vertigini e i brividi!

Quali conseguenze dovrebbe avere nella nostra vita l’affermare con convinzione la risurrezione di Cristo?

Ci sarebbe il rischio di celebrare qualcosa che sembra riguardare solo Gesù: era morto ed ora vive… e se così fosse la cosa non ci toccherebbe più di tanto!

Ma se ci fermiamo un attimo a considerare quali implicazioni ci sono per noi e per la nostra vita nel credere che Cristo è risorto, allora la nostra vita dovrebbe veramente essere trasformata, trasfigurata.

Quali sono dunque le implicazioni per la nostra vita che il celebrare con convinzione la resurrezione di Cristo porta con sé? Mi sembra che il Vangelo che abbiamo ascoltato ce ne indichi qualcuna.

Una prima implicazione è quella di scuotersi dal torpore e dal sonno che ci conduce alla morte.

Alcune donne si recano a visitare una tomba! I passi di chi ha perso una persona cara sono sempre carichi di ricordi. Si sperimenta tanta gratitudine per il bene che c’è stato in una relazione, ma si sente anche il peso della tristezza per un qualcosa che non c’è più, che è custodito, quasi imbalsamato, in un passato.

E c’è la possibilità di ritrovarsi quasi ad accarezzare con amarezza dolciastra quanto vissuto, nella malinconia che quel passato non tornerà più. Oppure c’è il rischio di incagliarsi nel rimpianto di aver perso delle occasioni che non sono state colte al momento opportuno, oppure si sperimenta la disperazione per non aver mai vissuto pienamente, per colpa propria o per colpa di altri.

Eppure nel bel mezzo di questi passi trascinati, c’è un evento nel cuore della notte che grida: scuotiti dal torpore! svegliati e esci dal regno della morte, del vittimismo, della tristezza, del ripiegamento su di te, perché davanti a te c’è una vita più grande che ti aspetta!

Di quella morte che ci sembra inghiottire, di quel buco nero che sembra calamitarci nel baratro il Signore se ne ride: c’è un terremoto che scuote tutte le sicurezze su cui ci si appoggiava… e questo è un bene, non deve rappresentare una minaccia per noi! C’è un angelo che scende dal cielo e con un semplice tocco sposta il macigno che chiude e che fa da barriera al cuore, sedendosi sopra come un vincitore che assoggetta un nemico, come un valoroso che dimostra l’impotenza del nemico… non siamo dunque noi a spostare il macigno, ma l’angelo ci mostra che quel macigno non ha un potere poi così grande sulla la nostra vita! E c’è una luce che sfolgora e che rischiara gli angoli oscuri, una luce che noi da soli non ci possiamo dare, ma che prima o poi si impone e dirada le tenebre!

Dunque accade qualcosa nel cuore della notte… e questo evento è narrato quasi con degli effetti speciali per rendere in modo evidente il grido della risurrezione: rialzati! Non giacere nelle tenebre! C’è il Signore che è per te un potente vincitore!

Una seconda implicazione è quella di portare la luce della risurrezione anche al nostro “sentire”.

Le donne sono invitate dall’angelo ad andare a vedere il luogo dove giaceva. venite, guardate il luogo dove era stato deposto 

La tomba è fatta per custodire dei cadaveri e, come forse ne abbiamo potuto fare esperienza, istintivamente la morte ci fa paura. Anche semplicemente guardare in faccia un morto ci provoca paura, come se quel contatto con la morte avesse un potere su di noi. È una reazione istintiva, non voluta, che però ci dice quanto alcune paure recondite ci tengano in ostaggio, ci paralizzino. E questo non vale solo per la morte.

Qualsiasi cosa che ci fa paura ci blocca, e siamo combattuti tra un desiderio di comprendere le radici di questa paura e il terrore di guardarla in faccia.

Così l’angelo provoca queste donne e le accompagna ad andare a vedere il luogo originario di ciò che avrebbe potuto far loro paura. Le sprona ad aver il coraggio di posare uno sguardo sulla radice di ciò che le blocca, di ciò che le terrorizza, di ciò che inquina il loro cuore. Ma non le invia sole! Le accompagna con la luce della grazia divina, perché non si spaventino del buio, ma alla luce della grazia possano sperimentare l’inconsistenza delle cause del loro sentire. Queste donne portano certo la ferita di un distacco, la ferita di una privazione, ma sono accompagnate! E nella luce della grazia scoprono l’inesistenza di ciò che rappresentava una minaccia: la morte non è lì… il sepolcro è vuoto! La morte non può ingabbiare la vita, la paura non può tarpare la speranza, un passato non può condizionare un futuro!

E c’è infine una terza implicazione che prendiamo dal Vangelo.

Se Gesù non abita più il sepolcro, allora dove lo si può trovare? L’angelo invita le donne ad annunciare la risurrezione ai loro fratelli. Avrebbero potuto prendere altre strade! Ma invece accogliendo l’invito ad andare incontro ai discepoli, proprio in questi passi mossi verso i loro fratelli, il Signore Gesù appare loro.

È una bella provocazione che il Signore ci lascia questa notte. Il Signore è risorto e ci indica la fraternità come il luogo dove Egli si fa trovare.

Andare incontro al mio fratello per annunciare la Risurrezione di Cristo può essere credibile solamente se gli vado incontro con una apertura di cuore e una fiducia sempre rinnovata, una apertura che sorpassa ogni ferita e che si assume il rischio anche di continuare ad essere ferito. Andare incontro al mio fratello, anche quello più scomodo cercando il suo bene prima del mio, non è solo una opera di carità a servizio degli altri, ma è occasione che è data a me per poter vivere da risorto, per poter partecipare e di conseguenza testimoniare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, vittoria su ogni chiusura ed egoismo. 

Solo in questo modo potrò incontrare Cristo in autenticità, potrò sperimentare di essere risorto con Lui.

Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli ci ricorda San Giovanni nella sua epistola.

Mettiamoci dunque in cammino verso le nostre galilee, verso i luoghi della nostra vita ordinaria con la consapevolezza che Egli ci precede! Liberi dalle nostalgie e dai rimpianti del passato, riconciliati con tutto ciò che poteva farci paura, Egli ci attende nel volto della sorella e del fratello con il quale mi è dato di condividere il cammino, il quale, con delicatezza o anche con provocazione, ci aiuterà ad uscire dai nostri sepolcri e ad aprirci alla vita.

Resi partecipi della vittoria e della resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo potremmo entrare nella gioia e scambiarci con autenticità l’augurio pasquale


Cristo è risorto! È veramente risorto!

P Emanuele

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