Omelia della II dom di Pasqua (15/04/2023 -Anno A-)


 La narrazione del Vangelo di Giovanni ci presenta oggi l’episodio dell’incredulità di Tommaso, richiamando anche quanto è successo otto giorni prima, la sera di Pasqua, con la prima apparizione del Risorto, quando Tommaso era assente, e presentandoci la seconda manifestazione del Risorto, questa volta con la presenza anche di Tommaso, ed è quindi logico che la liturgia collochi questo brano di Vangelo la domenica successiva a quella di Pasqua.

Le apparizioni del Risorto, nel Nuovo Testamento, hanno molto spesso dei tratti caratteristici comuni: per esempio, appunto, il giorno: la domenica: Giorno del Signore, il mattino di Pasqua appare alle Donne, a Maria Maddalena nei pressi del sepolcro; la sera appare agli Undici (assente Tommaso) e, otto giorni dopo, (presente Tommaso) di nuovo, se seguiamo l’evangelista Giovanni. Luca invece narra l’apparizione ai discepoli di Emmaus la sera di Pasqua (che avviene, evidentemente, in contemporanea con l’apparizione ai discepoli nel cenacolo).

Poi il contesto: durante un pasto comune (la cena del Signore!)

Inoltre lo schema narrativo vede sempre il passaggio da uno scoraggiamento, o da un’incredulità iniziale alla gioia e alla testimonianza di fede alla fine del brano. dopo l’incontro col Risorto.

I verbi “vedere” e “credere” in Giovanni sono sempre molto associati, quasi intercambiabili, come si vede nel brano della guarigione del cieco nato, che riacquista la vista fisica e parallelamente compie un cammino interiore giungendo a prostrarsi davanti a Gesù, e professando così la sua fede in Lui. Solo in questo brano di vangelo i due verbi vengono contrapposti “Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto, beati coloro che non hanno visto e hanno creduto (o crederanno, come diceva la traduzione precedente includendo anche tutti noi)”. Possiamo tutti certamente calarci nei panni di Tommaso: tutti, compresi gli apostoli e le donne, hanno fatto fatica all’inizio a credere nella Risurrezione, solo quando  c’è stato un contatto “personale” con Lui, e il dono dello Spirito Santo hanno compreso la portata universale dell’evento principale della nostra salvezza, e nessuno li ha fermati più, nemmeno la paura della morte, dei disagi e dei pericoli da affrontare per annunciarlo al mondo. Si può dire che questo cambiamento sia la prova più evidente dell’evento della Risurrezione, un evento che cambia le persone, ma anche le comunità: infatti il Lieto annuncio di Pasqua presuppone anche una comunità rinata dall’acqua e dallo Spirito Santo, nella quale e per la quale i singoli professano e diffondono la loro fede nel Risorto. 

E’ proprio il cammino di fede di Tommaso descritto nel vangelo. All’inizio egli non crede all’evento della risurrezione, ma non crede nemmeno all’annuncio che glie ne fanno i suoi fratelli: si può dire che la sua chiusura al Risorto lo rende sordo e insensibile anche alla testimonianza degli altri apostoli. Un cammino di fede non è mai personale e “privato” si riflette anche molto nei rapporti con le altre persone, altrimenti non è autentico. Questo si verifica anche nei due discepoli di Emmaus, che dopo aver riconosciuto Cristo allo spezzare del pane ritornano anche se è notte dai discepoli e dalle donne che precedentemente li avevano “sconvolti” proprio annunciando loro che Gesù era risorto. Anche Tommaso, dopo aver riconosciuto Cristo come suo “Signore e suo Dio”, passando dalla fede all’incredulità, si può dire che “ritrova” anche i suoi fratelli, e si rende conto che le loro parole non erano false né vane, e quindi da loro nuovamente fiducia piena. Questo cammino vale anche per noi: più entriamo nel Mistero Pasquale, morendo con Cristo all’uomo vecchio e risorgendo in Lui a vita nuova, più ci accorgiamo di aver bisogno dei nostri fratelli, che ci sostengono nel cammino di fede e di testimonianza. Già Gesù, in Luca, aveva mandato i suoi discepoli “a due a due” per preparare le persone all’incontro con Lui, e ora, dopo la Croce e la Risurrezione, si può dire che l’annuncio cresce di pari passo con l’ampliarsi della comunità, come ci narrano chiaramente gli Atti degli Apostoli nella prima lettura. E’ una grande scuola per noi monaci e per tutte le comunità cristiane. Soprattutto oggi, dove l’ambito della fede viene sempre più confinato nel “privato”, e dove si privilegia l’esperienza personale di Dio su quella che si compie nella comunità e nel confronto con i fratelli di fede. Le parole di Gesù a Tommaso invitano tutti noi a diffidare di un’esperienza religiosa troppo intimistica e personale, e ci aprono all’ascolto dei fratelli, che possono diventare per noi i primi “evangelizzatori” senza bisogno di ricorrere al “toccare i segni dei chiodi nelle mani e nei piedi di Gesù e a mettere la mano nel suo costato”. 

Del resto i tratti caratteristici delle apparizioni del Risorto che ho elencato all’inizio ci dicono proprio questo: il Risorto si sperimenta, per Tommaso e anche per noi, nel Giorno del Signore, intorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia dove siamo tutti radunati come fratelli, e questo incontro ci fa passare dalla morte alla vita, dall’incredulità all’entusiasmo, dalla tristezza alla gioia, senza bisogno di “toccare” il suo Corpo glorioso, che ora è alla destra del Padre, ma “toccando” il Suo Corpo Eucaristico e il Suo Corpo Mistico, che hanno tutte le caratteristiche del Risorto: ci donano la Sua vita e portano entrambi i segni della Sua Passione Gloriosa.

Del resto anche S. Bernardo invitava i suoi monaci a “entrare nel Corpo di Cristo attraverso le sue sante piaghe ”. Corpi gloriosi e feriti, come le nostre persone, con tutte le loro storie e nella situazione difficile in cui ci troviamo. La nostra gioia è di poter fare questo cammino “insieme” unendo le nostre ferite a quelle del Corpo di Cristo, del Suo corpo Eucaristico e del suo Corpo Mistico, per trasformarle i salvezza e risurrezione per tutti. La tradizionale preghiera dell’ “Anima Christi” chiede a Gesù per ciascuno di noi: “Nelle tue piaghe nascondimi” e S. Paolo ci invita tutti a fare come lui quando afferma “Io completo nel mio corpo quello che manca ai patimenti di Cristo per la salvezza del mondo”. Che lo spirito Santo ci dia la luce e la forza di vivere intensamente tutto questo.

Fr Gabriele

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