Omelia dell'Epifania (06/01/2023 -Anno A-)

 


 La solennità di oggi ci provoca a rileggere la vocazione di ciascuno di noi. Infatti nel celebrare la manifestazione del Signore Gesù alle genti, credo possiamo cogliere l’invito a fare memoria della manifestazione di Gesù nelle nostre vite. E la parola di Dio di oggi ci ricorda alcune dinamiche che, nella diversità dei cammini con cui si caratterizza la sequela del Signore di ciascuno, possiamo ritrovare come elementi caratterizzanti il cammino. E mi sembra di intravvederne tre.

Una prima dinamica è quella di avere il coraggio di esporsi alla luce che viene – non è una ipotesi, è una realtà! - di scuotersi dal torpore di una vita che si lascia imbrigliare dalle tenebre della paura, della pigrizia, dell’angoscia e della mancanza di speranza, dai corti orizzonti che tolgono il respiro ad una vita che è fatta per qualcosa di grande.

Alzati! Ci dice la prima lettura! Esponiti alla luce di Dio che sorge nella vita di ciascuno!

Ed è vero che l’alzarsi e l’esporsi alla luce sono due movimenti che avanzano contemporaneamente… l’uno alimentato dall’altro. Il tepore della luce del sole invita a muoversi ed una vita che rischia di essere soffocata dalle tenebre si mette in ricerca una luce che rischiara, che dà pace.


Forse in un momento della nostra vita, abbiamo sperimentato il bisogno di luce, e al tempo stesso intravisto la bellezza di una luce che rischiara le tenebre, che dirada la nebbia, vi abbiamo riconosciuto i passi del Signore che entra nella storia per salvarla. E per questa luce abbiamo lasciato ogni cosa.


È un’esperienza che è troppo grande e troppo bella che ha bisogno di un linguaggio che dice sovrabbondanza, che dice stupore! La vita di chi è visitato dal Signore si illumina, diventa raggiante, ci ricorda il profeta Isaia. Il cuore palpita e si dilata perché l’abbondanza della grazia divina invade e pervade tutto l’essere. Si irradia attorno a sé bellezza, pace, armonia.

Stupore, meraviglia! Tutta la vita viene percepita come benedizione, ed ogni evento come dono che vale più dell’oro, profuma più dell’incenso. Non si ha più paura e non si sente la necessità di difendersi o difendere la vita, perché la vita è donata in abbondanza, e la vita che viene da Dio non teme tenebra alcuna.

Momenti di stupore, di libertà, di felicità e di pienezza, nel ritrovare quel Dio che forse sperimentavamo lontano e silenzioso. Invece lo abbiamo scoperto prossimo, ne abbiamo percepito l’amore, abbiamo goduto della sua vicinanza, ci siamo sentiti protetti all’ombra delle sue ali, custoditi da un amore che è personale, unico, ma al tempo stesso un amore che apre alla comunione. Ed è questa la seconda dinamica del cammino. Paolo stesso nella seconda lettura ce ne parla.

Egli riferisce di conoscere un mistero della cui rivelazione sembra quasi essere l’unico destinatario. Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero di cui vi ho scritto. Ne parla in prima persona. Ma subito dopo aggiunge che questo mistero è stato rivelato anche ad altri perché questa conoscenza porti il suo frutto nella comunione di tutte le genti: condividere la stessa eredità, formare lo stesso corpo, partecipare della stessa promessa. Non c’è cammino di sequela autentico se non porta il frutto della comunione.

Quando si è raggiunti dalla luce di Dio, si creano necessariamente legami. L’esperienza dell’amore e della bellezza non è autentica se non si apre alla condivisione… e questa è una necessità, un bisogno. L’altro non è più percepito come minaccia, non è visto nel sospetto che ci mette in perenne stato di competizione, se non di conflitto. L’altro diviene compagno di cammino, membra dello stesso corpo di cui anche io faccio parte, è partecipe della stessa promessa.

È bello vedere come i magi, che si mettono in cammino alla ricerca del Salvatore, sono in cammino insieme. La tradizione ce li presenta come personaggi di diversa provenienza, cultura e sensibilità, però sono accomunati dalle stesse domande, dallo stesso pellegrinaggio, sono accomunati dal desiderio di rispondere alla bellezza della Luce divina con l’offerta delle loro vite, rappresentate nei doni che portano.


Ed infine una terza dinamica, che è proprio quella del cammino.

L’amore di Dio che raggiunge la vita dell’uomo, la illumina, crea dei legami e mette in moto.

L’esperienza dei magi ce lo testimonia. Il desiderio che abita il loro cuore, la percezione di una luce che da senso alle loro vite, fa osare un cammino.


I magi intravvedono una stella, percepiscono un desiderio – interessante l’etimologia della parola desiderare: “fissare le stelle”, cercando la luce in un cielo buio - ed osano mettersi in cammino e lo continuano anche quando la stella dal cielo scompare. Anche quando si affievolisce il desiderio. Non demordono di fronte alla fatica del cammino che sembra spegnere il desiderio, ma sono disposti a rischiare, scommettendo sull’intuizione originaria e aderendovi con grande libertà interiore, anche quando l’evidenza del desiderio viene meno.

È interessante: quando Paolo parla di “mistero”, egli non intende come un qualcosa di nascosto e di inaccessibile. Al contrario, si tratta di una realtà che Dio intende rivelare ma solo in un modo adeguato alla nostra libertà. Come se il Signore fosse pronto a manifestarsi nelle nostre vite, nella misura in cui siamo disposti ad essere uomini in cammino, liberamente alla ricerca di qualcosa di cui avvertiamo la mancanza.


Dov’è colui che è nato? È la domanda di questi uomini. Ne percepiscono la presenza ma non sanno dove trovarlo. Essi sono consapevoli che la rivelazione di Dio nella propria vita non è alla loro portata e non è in loro potere! Ma riconoscono che è loro possibile solo se sono disposti ad oltrepassare tanti confini e molti equilibri raggiunti, pur di raggiungere quella pienezza che ancora riconoscono mancar loro.


In fondo l’esperienza dei magi ci dice proprio questo: insieme a loro, ogni discepolo del Signore si deve trovare nella necessità (e dovrebbe avere il coraggio) di porre sempre nuove domande: è questa la garanzia di un cammino che non si ferma.

I magi non si vergognano di manifestare quelle domande che dicono la loro ignoranza, che parlano della loro mancanza, dell’incompiutezza del loro desiderio! Anzi ne fanno quasi loro punto di forza, perché è questa povertà che stimola la ricerca e si radicano nella convinzione che più grande della loro povertà è la ricchezza che li attende… una ricchezza che si può essere capaci di ricevere quanto più si hanno mani vuote.

E forse tutto il cammino di una vita è questo: lasciare che il Signore e la vita, piano piano, progressivamente ci renda sempre più poveri, realmente bisognosi di quell’amore che solo sazia e che Dio, con instancabile fedeltà, non cessa di offrirci… fino a quando, al termine del nostro cammino saremo accolti dall’abbraccio del Padre.


Allora, care sorelle, cari i fratelli, in questo giorno in cui siamo irradiati dalla luce della manifestazione del Signore a tutti gli uomini, rinnoviamo il nostro desiderio di esporci alla luce che viene nell’ordinario della nostra vita, rinfranchiamo i nostri animi per ritrovare la forza di camminare insieme osando anche noi delle domande che alimentano la nostra ricerca, chiedendoci dove il Signore sta continuamente nascendo per noi. Il Signore che è fedele, non permetterà che i nostri cammini si perdano, ma porterà a compimento ogni nostro più profondo desiderio di Lui.


P Emanuele


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