Omelia della domenica II del T.O. (15/01/2023 -Anno A-)

 


Nella prima lettura, molto sinteticamente, è definita la missione del popolo di Israele: quella di manifestare al mondo la gloria di Dio, e all’interno di questa si svolge quella del profeta Isaia: non solo di ricondurre Israele a Dio nell’unità della tribù, ma anche quella di essere luce per le nazioni, chiamandole al culto del Dio vero. 

Era questo il senso dell’elezione di Israele, non un privilegio da custodire gelosamente, ma un compito di portata universale: far affluire al Tempio di Gerusalemme tutte le nazioni, essere una testimonianza viva della presenza di Dio per tutti. Purtroppo però Israele interpretò questa missione in modo esclusivo, come dimostra bene la parabola dei vignaioli omicidi.

E allora la Misericordia di Dio elaborò un altro piano di salvezza universale, attraverso l’Incarnazione del Verbo e la sua opera di redenzione attraverso la croce e la risurrezione. E’ sempre Isaia che ci parla di questa prospettiva quando ci presenta la teologia del Servo sofferente che prende su di sé tutti i peccati del mondo e ci riscatta con la sua sofferenza e con l’offerta della sua vita e del suo sangue: “versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. E’ la descrizione della missione del Messia sofferente ben descritta nei quattro canti del Servo di Dio nel Deuteroisaia. 

Una missione così lontana dalle aspettative di Israele, e degli stessi discepoli di Gesù, che si aspettavano un messia potente e glorioso, e non una Vittima condannata ingiustamente a morte, che i rabbini del tempo di Gesù, abituati a commentare anche le virgole della Scrittura, saltavano a piè pari questi quattro canti per loro incomprensibili, come era assurdo per Pietro accettare che Gesù dovesse soffrire e morire per ottenere la salvezza del mondo e riaprire una via per tutti gli uomini che giungesse alla comunione piena con Dio.

Tutto questo è ben sintetizzato nel Vangelo che abbiamo appena letto: dove Giovanni il Battista indica Gesù con l’appellativo di “agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. E nello stesso brano afferma la preesistenza del Verbo fin dall’eternità “Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato davanti perché era prima di me” e questo è in linea con le prime parole del prologo giovanneo: “in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”. E’ colui sul quale egli ha visto scendere e rimanere lo Spirito Santo al momento del Battesimo; è colui che battezza in Spirito Santo e fuoco. In poche righe abbiamo la rivelazione della Santissima Trinità e la descrizione della missione del Messia!

E tutto questo acquista un significato ancora più profondo e sublime se pensiamo che in ebraico “servo” e “agnello” sono definiti con lo stesso termine, con la stessa parola. Sono due categorie che si fondono l’una nell’altra e che illuminano bene le descrizioni di Isaia nei quattro canti sopra citati.

“Maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.” Is 53,7 . Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce, e si sazierà della sua conoscenza: il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità, perciò io gi darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.”

Leggendo questi versetti viene evocato nel nostro spirito il maestoso silenzio di Cristo durante la sua passione, unito alla mitezza dell’agnello, che ha contraddistinto tutta la sua vita e la sua Parola: “imparate da me che sono mite e umile di cuore” e che è persistita anche quando veniva schernito, flagellato e crocifisso. In queste immagini si fondono le figure del vero agnello Pasquale che nutre col Suo Corpo e il suo Sangue i discepoli della nuova alleanza, e che entra nella Sua gloria attraverso la Croce. E tutte queste tematiche sono riassunte e completate nell’Agnello dell’Apocalisse: in piedi - quindi vincitore, ma come immolato (Infatti il Risorto reca nel suo corpo i segni della Passione) -, un Agnello che svela i segreti della storia aprendo i sette sigilli del libro della rivelazione, e nel sangue del quale i salvati rendono candide le loro vesti per entrare nella celeste Gerusalemme, dove l’Agnello-servo è lampada che illumina con la luce di Dio per l’eternità.

Ma Gesù non è solo servo di Dio, ha voluto per primo mettere in pratica l’insegnamento che ha dato ai suoi discepoli: “Se uno vuol essere il più grande, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti! E Durante l’ultima cena questo atteggiamento viene portato al punto più elevato: Gesù lava i piedi ai suoi discepoli, dopo essersi fatto nostro fratelli nell’incarnazione si fa nostro schiavo lavandoci i piedi, e poi è tutto un crescendo di donazione che porta la sua Kenosi alle estreme conseguenze: il servo-agnello si fa vittima e cibo per i suoi discepoli e anticipa nell’Eucaristia il suo sacrificio redentore che consumerà il giorno dopo, quando tutto sarà compiuto, e il suo sangue sarà “versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”.

Anche oggi saremo invitati a questo banchetto: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo: beati gli invitati alla cena dell’Agnello!” Ricordiamo che unirci a Lui tramite l’Eucaristia ci impegna a essere come lui: Miti e umili di cuore, come agnelli mandati in mezzo ai lupi, senza violenza ma con la sola forza dell’amore che si dona e che serve fino in fondo, pronti anche noi, che ci nutriamo del suo corpo immolato e del suo sangue versato, a immolare il nostro corpo e a versare il nostro sangue per il bene dei fratelli e per la venuta del Regno di Dio. E questo deve informare tutti i nostri pensieri e atteggiamenti riguardo a Dio e ai fratelli.

Allora si comprende quella bellissima frase di S. Ignazio di Antiochia che non si identifica solo con la persona di Cristo, ma anche col Cristo Eucaristico, offrendo il suo martirio perché ogni uomo incontri e si nutra di Cristo: “Sono frumento di Dio, sarò macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo! Accostarsi all’Eucaristia ci impegna quindi a essere servi e agnelli che offrono tutta la loro vita per Cristo, con cristo e in Cristo per il bene dei fratelli e la salvezza del mondo.

Fr Gabriele

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