Omelia del Battesimo di Gesù (08/01/2023 -Anno A-)

 



Siamo da pochi giorni entrati in questo nuovo anno, magari con il proposito di entrarci con il piede giusto, lasciandoci alle spalle gli errori commessi, dimenticando torti, liti, discussioni dello scorso anno e con l’intenzione, la volontà di iniziare con un nuovo spirito. Avvertendo il desiderio, se non addirittura la necessità di mettere ordine nella nostra vita, di riprenderla in mano, di riprenderne il controllo: è questo d’altra parte il tempo dei bilanci, delle verifiche, degli inventari, per tirare le fila di quanto è stato fatto e avere l’esatto stato della situazione da cui stiamo ripartendo.

E allora la parola che Gesù oggi rivolge a Giovanni appare discordante, poco adatta con questo buon proposito di rimboccarci le maniche e fare ordine in noi: “lascia fare per ora”. Gesù non nega le ragioni di Giovanni, il quale sa di essere lui ad avere bisogno di Gesù per fare pulizia e ordine nella sua vita -sono io che ho bisogno di essere battezzato da te-, ma lo invita ad entrare in un disegno che a prima vista appare incomprensibile e richiede innanzitutto un atto di fiducia e di pazienza.

E così Giovanni accetta di battezzare Gesù.

Il battesimo del Signore ci rimanda immediatamente al nostro battesimo, e il modo più immediato per comprenderlo è considerarlo un patto, una promessa personale a vivere come Gesù ha vissuto. La vita cristiana consisterebbe allora nel ricordare ciò che il Signore ha detto e fatto, e cercare di metterlo in pratica nella vita quotidiana, dal punto di vista morale -nel comportamento- e dal punto di vista spirituale -nella preghiera e nella pratica dei sacramenti-. La vita cristiana sarebbe allora l’impegno, lo sforzo del battezzato di compiere ciò che il Signore ha insegnato durante la sua vita terrena, prima di lasciarci e ripartire per il cielo.

Inteso così, il battesimo, che nel suo significato originale significa immersione, si può allora pensare come una rinascita a vita nuova: il fonte battesimale simboleggia un grembo nel quale il battezzato entra per abbandonare la vita passata, e dal quale esce per condurre una vita nuova, purificata dal peccato; ne deriva l’impegno -anche a prezzo di un certo volontarismo- ad assumere una vita nuova che abbandona quella precedente di peccato.

Ma quel “lascia fare per ora” che Gesù dice a Giovanni, questo invito ad accogliere per il momento la realtà così com’è e aspettare ancora a formularne un giudizio, apre ad altra possibile comprensione del nostro battesimo. In realtà Gesù è il Signore che battezzerà in Spirito santo e fuoco (cfr Lc 3,16), ma soltanto dopo il suo mistero pasquale, soltanto dopo aver attraversato la passione, la morte e la risurrezione.

Allora il nostro battesimo, la nostra immersione nella vita del Signore, non è innanzitutto l’impegno a imitare la sua vita e a eseguire i suoi insegnamenti, ma è la partecipazione al suo mistero pasquale: il fonte battesimale non è più un “grembo” in cui si “nasce”, ma diventa una “tomba” in cui si “muore” per risuscitare con Cristo. Come dice san Paolo:

“Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu rususcitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rom 6,3-4).

Con il battesimo diventiamo partecipi della morte e risurrezione di Cristo, siamo rivestiti della vita nuova che anche Gesù riceve in quanto risorto e che è il compimento del Mistero dell’incarnazione che abbiamo contemplato nelle feste appena trascorse. In quanto battezzati, siamo chiamati a vivere una vita da risorti, nella fede che questa vita ci è stata da Lui procurata con la sua Pasqua e da Lui trasmessa attraverso il nostro battesimo.

Quel “lascia fare per ora” non è allora un invito a lasciarsi andare, a rinunciare ad essere protagonisti della propria vita; ma è piuttosto un invito a entrare in quella che la tradizione monastica ha definito la lotta contro la volontà propria. A sospendere -per un momento, per ora- il pensiero di quello che per me sembra più giusto, più vero, sembra migliore, per mettermi in un sincero e profondo ascolto di quella che è la volontà di Dio per me ora. E questo ascolto sarà tanto più libero quanto più sarò stato in grado di entrare nella logica del mio battesimo, dell’essere stato ormai rivestito della vita del Risorto, di essere ormai fratello di Colui che oggi, nelle acque del Giordano, viene manifestato al mondo dal Padre come “il Figlio amato”. Perché allora quello che a prima vista potrebbe sembrare una perdita, a motivo di Cristo può invece rivelarsi un guadagno, quello che da un punto di vista solo umano può apparire un’umiliazione, in un orizzonte più ampio può diventare un germe di gloria.

Serve la consapevolezza di essere diventati coeredi della vita di Cristo e del suo Regno, per poter leggere e interpretare correttamente il bilancio di fine anno della nostra vita, con i suoi guadagni e le sue perdite, i suoi successi e i suoi fallimenti: perché è alla luce di questa buona notizia di essere stati rivestiti della sua gloria, che tutta la nostra vita, il nostro agire, il nostro impegno acquistano un senso, una direzione.

Il battesimo di Gesù nel Giordano, oltre a manifestare la sua gloria, il suo essere Figlio di Dio, rivela anche il dono che è fatto a noi nel nostro battesimo, come lui stesso ha detto rivolgendosi al Padre al termine della sua vita:

La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (Gv 17,22-23).


Fr Amedeo

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