VITA DELL’ANIMA: FELICITA
VITA DELL’ANIMA: FELICITA
La pandemia comincia a lasciarci respirare
un po’ e torniamo a sperare tempi e giornate più felici. E già prima della
pandemia, nel 2012, l’ONU ha istituito una vera e propria giornata della
felicità, il 20 marzo. Ma che cos’è la felicità? E un’emozione suscitata da un
oggetto esterno che può andare e venire? Oppure è un evento per cui dall’oggi
al domani ti trovi felice? Oppure è un cammino di scoperta?
Comincio
con un aneddoto. Qualche anno fa, un sabato mentre ero di turno in portineria,
si presentano tre giovani e mi chiedono così, quasi a bruciapelo: “Quale è il
segreto della felicità?”. Non avevo dubbi sul fatto che la vita cristiana e la
vita religiosa nella quale ero impegnato fossero un cammino di felicità. Ma lì
per lì mi ci è voluto un momento per articolare una risposta. L'aspirazione
alla felicità è radicata in ognuno di noi. Nel racconto della creazione,
riportato dal libro della Genesi, Dio benedice l’uomo e la donna. Dopo aver
portato a termine la creazione, constata che “era cosa molto buona”. Ma
solo l’uomo e la donna sono benedetti e ricevono “l’alito di vita”.
Questa benedizione fa nascere nel cuore dell’uomo un desiderio di pienezza:
l’uomo ha la nostalgia innata di diventare una persona. Desideriamo tutti la
vita ma pian piano prendiamo coscienza della nostra finitudine; desideriamo
sviluppare le nostre capacità, le nostre potenzialità; desideriamo tessere
sempre nuove relazioni...Ma il nostro desiderio è infinito e le cose finite di
quaggiù non ci appagheranno mai completamente.
La
felicita fin dall’antichità era considerata come connaturale alla vocazione
dell’uomo. Il Cristianesimo è nato come una proposta di felicità. Poi con la
Rivoluzione francese ed il divorzio che di fatto si e operato tra fede e
ragione, questa dimensione si è un po’ offuscata ed in primo piano sono rimaste
le esigenze della morale, la pena che esse comportano nel cammino di
conversione e la rottura netta con la società per cui doveva optare chi aderiva
alla fede. Oggi il tema torna a fare la sua comparsa. Gli uomini e le donne
nostri contemporanei si interrogano nuovamente sulla felicità. Ma la felicità
che va per la maggiore, quella imposta dalla cultura consumistica e tecnologica
odierna richiede di avere sempre nuove apparecchiature: un nuovo computer con
più app, l’ultimo modello di smartphone ecc. E una felicità che
viene dall’esterno e alla quale non tutti possono accedere; mentre l'uomo
interiore, lui, svuotato e inaridito non ha più risorse né vitalità.
La
fede cristiana è un invito alla felicità. Il Vangelo che vuole appunto dire
buona notizia, giunge fino a noi per renderci felici. Le Beatitudini con le
quali Gesù inaugura il suo ministero pubblico, potrebbero essere tradotte “Le
felicità”. Felici voi i poveri in spirito perché a voi appartiene il regno dei
cieli-si potrebbe parafrasare-. Felici voi i miti...Felici voi gli
afflitti...Fino a: felici voi i perseguitati per la giustizia. Ad una prima
lettura potremmo chiederci, ma quale gioia, quale felicità, quale benessere può
esserci nell’afflizione e nella persecuzione? Ma Gesù con le Beatitudini non
vuole dirci che per essere buoni cristiani occorra necessariamente soffrire, ma
che, in Lui, questa vita diventa un trampolino per una vita che non finirà.
Anche nelle avversità e nelle sofferenze abbiamo una stella a cui guardare.
Giovanni Ferretti, nel suo bel libro, “Spiritualità Cristiana nel mondo
moderno”, ci spiega come possono articolarsi felicità cristiana e avversità
della vita: “La famosa ed efficace similitudine della donna partoriente, che è
nel dolore ma presto se ne dimenticherà per la gioia della nascita del figlio,
ci ricorda- a partire da un’esperienza umana fondamentale- che la felicità
cristiana non è un passare nella vita senza incontrare il dolore... La gioia
cristiana come ogni gioia umana autentica, scaturisce solo dall’aprirci agli
altri, dall’esser-per-altri, secondo il dinamismo di ogni vero amore”.
La felicità cristiana si radica dunque nel
dinamismo dell’amore umano, essa trova il suo culmine nella gioia pasquale,
quella che sgorga dal dare la propria vita per amore nello stile di Gesù. Cioè
amando non solo i propri cari ma anche coloro che non la pensano come noi.
Tuttavia anche le semplici gioie umane non si oppongono al Vangelo: così per la
coppia, due giovani che decidono di darsi l’uno all’altra. Per la
collaborazione nel lavoro, nello sport ecc. Tutte gioie che implicano già di
dare un po’ della propria vita collaborando ad un progetto comune. La felicità
cristiana nasce quindi dall’aspirazione radicata nel profondo del cuore di ogni
uomo ed ogni donna. Essa si sviluppa aderendo nel proprio intimo alla buona
notizia del Vangelo. Essa nasce dall’interno ma poi investa tutto l’umano:
cuore mente e corpo. E più scopriamo e cerchiamo di sviluppare le nostre
potenzialità umane e più saremo felici.
La felicità è un cammino!
Fr. Bernardo
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