Omelia della domenica - Solennità di San Benedetto da Norcia (11/07/2021)

 


San Benedetto 11 luglio 2021

 

Oggi per noi è davvero un giorno di ringraziamento: festeggiare, pensare, ricordare San Benedetto vuol dire prendere ancora una volta coscienza della grazia ricevuta della vita monastica; ma anche per quanti ci vogliono bene e vengono al monastero, sentendolo un po’ casa loro, ricordare San Benedetto è motivo di gioia e di ringraziamento. Sappiamo che questo santo è stato dichiarato da Paolo VI patrono d’Europa e davvero possiamo pensare che la Sapienza con cui ha lanciato una serie di monasteri, riformandone alcuni, iniziandone altri, ha inciso e ancora incide sulla spiritualità e anche sulla cultura del nostro vecchio mondo. Che per non invecchiare troppo deve ritrovare una delle sue fonti.

Il Libro dei Proverbi ci ha parlato con la voce di un Padre che aiuta un figlio ad entrare nel mondo della vita adulta: così San Benedetto ha sentito la sua responsabilità: “Se chiami il discernimento e rivolgi la tua voce all'intelligenza, se la cerchi come l'argento e ti dai a scavarla come un tesoro, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la scienza di Dio”.

L’equilibrio fra discernimento e intelligenza conducono al timore di Dio, parola capitale nella Regola, non per una sorta di tremore di fronte al Giudice, che troppo spesso nasconde nel nostro immaginario il volto del Padre, ma per imparare a vivere una vita di amore in cui ciò che regola le misure è la discrezione, la giusta distanza, la prossimità che è dovuta al desiderio di conoscere e di vivere insieme, l’appassionato sentimento che spinge a un dono totale di sé. Se per S. Benedetto la qualità necessaria per diventare monaci è la verità nella ricerca di Dio e l’accoglienza senza riserve e gioiosa di una vita semplice e di lode di Dio nella supplica per i fratelli, ciò che colora la vita dei discepoli di Benedetto è la preferenza dell’amore per il Signore difronte a tutto il resto e dunque un amore dentro il quale si ama tutto ciò che Dio ama, cioè tutto il creato. Trovare la scienza di Dio è imparare ad amare, cosa mai terminata.

Cosa vuole per noi tutti San Benedetto? Nient’altro che ciò che Gesù ci offre nel Vangelo che è stato letto: “Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci”. San Benedetto propone e organizza una vita in cui si dimora nell’unità dell’amore di Dio, in cui è la stessa vita divina che nutre e scorre nelle vene dei discepoli, che non mettono ostacoli. Chi vuole fare per conto suo è come un tralcio che si stacca e secca. La linfa che scorre verso i tralci a partire dal tronco, non molto vistoso, ma vero portatore di vita, è la vita stessa di Dio, che ci è offerta come sorgente di vita felice. Nel Prologo della sua Regola Benedetto chiede: “Chi vuole vedere giorni felici?”. E’ come un mercante di cose preziose, che le offre a chi le desidera. Non si comprano a caro prezzo o con violenze fatte a se stesso, ma con un desiderio ardente di unione, di vita comune, di servizio libero, di capacità di crescere in umanità. Benedetto non offre un vero risultato, che imporrebbe ai mezzi per ottenerlo di perdere la loro dolcezza e utilità, ma un clima in cui chi opera, pur desiderando un risultato che lo rende gioioso, è attento al clima in cui si lavora, alla concordia di chi vive insieme, alla serenità del cuore che non è rattristato da vane e infruttuose mormorazioni. Un clima in cui si salva l’umano e ci si aiuta gli uni gli altri, quasi a gara, ma non in concorrenza, in caso stimolandosi a vicenda, a dare il meglio di sé per la gloria di Dio e per la pace fra fratelli.

Gesù dice ancora: “ In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli”: portare frutto non è tanto un duro lavoro, quanto un lasciare nascere in sé e vivere in modo che il Regno di Dio presente nelle fibre di questo mondo possa raggiungere tutti i figli di Dio e dare a ciascuno di poter essere ciò che è, offrendosi per il bene di tutti. Essere come Gesù, come il Figlio diletto, che va ascoltato, come il mite e umile di cuore che è la Luce del mondo.

Benedetto non ci ha dato un progetto da realizzare, ma una vita da vivere: buona per tutti i cristiani. Parlando ai monaci chiede loro di essere una icona di una vita comune in cui Dio è al centro, l’attenzione a tutti e soprattutto ai più piccoli e ai più deboli è il clima del vivere insieme, la lode di Dio viva nel cuore di ciascuno, l’amore sincero ciò che tiene in piedi la costruzione di una Chiesa particolare che sostiene la Chiesa universale, presenza di Cristo in mezzo a tutti gli uomini.

San Paolo parlando ai Colossesi non dice altro; disegna il convivere umano con brevi pennellate di cui ciascuna è un capolavoro: “Rivestitevi... di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. Al di sopra di tutte queste cose rivestitevi dell'amore che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti.”

Ciò che è importante è il fine a cui siamo chiamati: a vivere la Pace di Cristo non come frutto di diplomazie e contratti, ma come accoglienza di un dono di Dio, per cui si è costantemente riconoscenti.

P.Cesare

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