Omelia della domenica - Santissimo Corpo e Sangue di Cristo- (07/06/2021 –Anno B -)

 

“Maestro, dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?”

Ti abbiamo rivolto questa domanda poco più di due mesi fa, il giovedì santo, pensando si trattasse della consueta cena pasquale. E invece, durante quella cena hai pronunciato delle parole a noi misteriose, in quel momento per noi incomprensibili. Quel pane spezzato che diventava tuo corpo, quel calice condiviso che diventava tuo sangue ...

Sono seguiti tre giorni terribili e insieme stupendi. Ti abbiamo tradito, ci siamo appisolati finché tu sudavi sangue nell’orto degli ulivi; poi ti abbiamo abbandonato, rinnegato. Da lontano ti abbiamo visto appeso alla croce, sottoposto alla stessa condanna dei due ladroni giustiziati accanto a te. Abbiamo temuto che il tuo corpo fosse stato perfino profanato, portato via dal sepolcro in cui uomini e donne più coraggiosi di noi ti avevano deposto dopo la crocifissione.

Ma esattamente tre giorni dopo quella cena, la sera della domenica di Pasqua, sei apparso risorto in mezzo a noi, mentre stavamo chiusi in casa per paura. E ci hai detto “Pace a voi!”. E poiché eravamo sconvolti e tanti dubbi sorgevano nel nostro cuore, ci hai mostrato le tue mani e i tuoi piedi. E hai aperto le nostre menti perché comprendessimo le Scritture.

Allora abbiamo iniziato a capire, o meglio, ad intuire il senso di quelle parole che avevi pronunciato all’ultima cena. Quel pane spezzato e condiviso con noi, diventato tuo corpo, ci dava accesso alla tua Pasqua di morte e risurrezione; è diventato anticipo, caparra della vita divina di cui hai voluto renderci partecipi, pegno della futura gloria. Quel calice che hai fatto passare di mano in mano e dal quale tutti abbiamo bevuto, inaugurava la nuova alleanza nel tuo sangue, nella quale offrivi te stesso per togliere il peccato del mondo, grazie alla quale non ci sarebbe stato più alcun male che avrebbe potuto separarci definitivamente da te. Da allora quel pane e quel vino sono diventati i segni della nostra salvezza, i segni della nostra riconciliazione con Dio e della promessa di vita eterna, proprio perché ci mettono in comunione con te, suo Figlio, attraverso il tuo corpo e il tuo sangue.

 

Oggi di nuovo ti abbiamo rivolto la stessa domanda: “Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?”. E tu ci hai convocati su questo prato, per fare memoria di quella tua ultima cena e per rinnovare con te i benefici che da essa abbiamo ricevuto.

Ma insieme al dono della redenzione e dell’eternità, in questo momento vissuto insieme hai ancora qualcos’altro di essenziale da dirci. Anzi, ci stai dicendo che non può esserci salvezza se non nell’accoglierla insieme. Ci hai radunati in un banchetto di festa perché già il semplice fatto di condividere insieme del pane esprime un senso di appartenenza, di amicizia e di fraternità con te che presiedi questa tavola e tra noi commensali. La benedizione che pronunci sul pane e sul vino è il tuo ringraziamento al Padre per la vita che ti ha donato, il riconoscimento del suo amore che ti dà vita e felicità per mezzo della creazione. Offrendoci questo pane e questo vino, ci rendi partecipi della tua benedizione e della tua lode, affinché la tua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena.

In situazione di normalità ci avresti anche fatto bere tutti al tuo stesso calice, significando così fino a quale intimità hai voluto unirci a te, e di conseguenza tra di noi.

E quando poi quel pane e quel vino diventeranno il tuo corpo e il tuo sangue, anche quella naturale convivialità, generata dallo stare insieme alla stessa tavola, diventerà comunione profonda, legame indissolubile con te e tra di noi. Per questo hai così strettamente associato il comandamento dell’amore di Dio a quello dell’amore del prossimo; per questo, quella stessa sera dell’ultima cena, hai pregato così intensamente il Padre affinché, come Tu e Lui siete una cosa sola, così anche noi siamo una cosa sola, siamo perfetti nell’unità.

Questo banchetto di festa, questo sacro convito a cui di giorno in giorno, di domenica in domenica ci inviti, è il luogo in cui stai consolidando la fraternità con te e tra noi commensali; è il luogo in cui stai costruendo la Chiesa, che a sua volta è il sacramento della fraternità universale, il segno dell’unica famiglia umana in cui hai voluto radunare tutti gli uomini in un solo corpo, attraverso il tuo corpo donato per tutti gli uomini. 

Accresci in noi il desiderio e la gioia di questa comunione.

 Fr Amedeo

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