Omelia della domenica - Santa Trinità- (30/05/2021 –Anno B -)

 


Santissima Trinità 

IL mistero della Santissima Trinità, che oggi celebriamo nella liturgia e che siamo invitati a contemplare sembra il più incomprensibile e inaccessibile alla nostra intelligenza, ma ci sono alte vie per penetrarlo, e se Dio è Amore, l’Amore è la via privilegiata non solo per “Capirlo” per quanto possibile alla nostra limitatezza, ma anche per vivere in relazione con Lui e farlo vivere nel più profondo di noi stessi. Una prova di questo è la celebre Elevazione alla Trinità scritta dalla Beata Elisabetta di Digione, scritta di getto il giorno della Sua Professione Solenne, nella quale si consacrava a Dio come Suor Elisabetta della Trinità. Già il suo nome di religiosa le aveva dato la chiave per contemplare e amare il mistero dell’inabitazione di Dio in Noi. Elisabetta significa “Casa di Dio”, e questa semplice monaca carmelitana non aveva fatto studi teologici approfonditi, eppure scrive una preghiera teologicamente perfetta che tocca i nostri cuori e ci fa capire che nel rapporto con la Santissima Trinotà le cose stanno proprio così per ogni battezzato:

 

    O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente per stabilirmi in te, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell’eternità. Che nulla possa turbare la mia pace,né farmi uscire da te, o mio Immutabile , ma che ogni minuto mi porti più addentro nella profondità del tuo Mistero. Pacifica la mia anima, fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che non ti ci lasci mai solo, ma che sia là tutta intera, tutta desta nella mia fede, tutta adorante, tutta abbandonata alla tua azione creatrice.

    O mio Cristo amato, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa del tuo Cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti… fino a morirne! Ma sento la mia impotenza e ti chiedo di “rivestirmi di te stesso”, d’identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima, di sommergermi, d’invadermi di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un’irradiazione della tua Vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore.

  O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti, voglio farmi tutta ammaestrabile, per imparare tutto da te. Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio fissarti sempre e rimanere sotto la tua grande luce; o mio Astro amato, affascinami perché io non possa più uscire dalla tua irradiazione.

  O Fuoco consumante, Spirito d’amore, “scendi su di me”, affinché si faccia nella mia anima come un’incarnazione del Verbo : che io sia per Lui una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi tutto il suo Mistero. E tu, o Padre, chinati verso la tua povera piccola creatura, “coprila con la tua ombra”, non vedere in lei che il “Prediletto nel quale hai posto tutte le tue compiacenze”.O miei Tre, mio Tutto, mia Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo, mi abbandono a voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in voi, nell’attesa di venire a contemplare nella vostra luce l’abisso delle vostre grandezze.

   Questa preghiera può essere un inno a tre voci, e sia adatta perfettamente a ognuna di esse. La prima voce è quella della Vergine Maria che si offre al Padre interamente, perché il Figlio si incarni in lei per opera dello Spirito Santo: la seconda voce è quella della Chiesa, che si conforma a immagine della Santissima Trinità, poiché le sue membra formano una unità che non è uniformità e che si rafforza nelle relazioni reciproche, e che animata dallo Spirito Santo, continua a incarnare Cristo in ogni tempo e in ogni luogo. La terza voce è quella di ogni singolo Battezzato, che viene conformato dallo Spirito Santo a immagine di Cristo, divenendo figlio nel Figlio, in modo che il Padre, chinandosi su di lui, non veda che l’immagine di Gesù, il Figlio amato, salvatore e redentore. Quanto erano affascinati i primi padri cistercensi da questo triplice canto alla Trinità. Pensiamo a Guerrico di Igny, che parla proprio di una gestazione di Cristo nella nostra anima, dicendo ai suoi monaci di diventare anche “madri” di Cristo, sul modello di Maria Santissima e della Chiesa tutta, soprattutto nei sermoni sull’Avvento e sull’Annunciazione. Questo mistero è ben rappresentato dallo stemma di Pra’d Mill: La sagoma della Madonna con un sole in grembo e un prolungamento che giunge dal sole all’orecchio, e ci ricorda che Maria ha concepito il Verbo nell’Ascolto, prima nel cuore e poi nel suo grembo. Ma se ci apriamo nell’amore alla Santissima Trinità tutto questo può diventare esperienza di ciascuno di noi. Assumeremo lo stesso stile di Cristo e anche noi gli saremo un’umanità in aggiunta in cui Egli prolunghi il suo mistero. Quanto giova qui ricordare quello che abbiamo meditato la scorsa settimana negli esercizi spirituali. S. Paolo è profondamente convinto di questo e ci dice che non siamo più noi a vivere, ma che Cristo vive in noi, perché siamo con-morti con Lui e con-risorti nel battesimo e, trasformati dal fuoco divorante della Spirito Santo, viviamo a lode e gloria di Dio Padre. La Santissima Trinità sceglie di abitare in noi, pur riempiendo tutto l’universo, e dal nostro intimo anima la nostra preghiera e la nostra testimonianza nella carità. Entra nel nostro tempo e nel nostro spazio, non ci risparmia le notti e le sofferenze, la malattia e la morte, ma le pervade e le trasforma in redenzione, proiettandoci dal tempo nell’eternità dove la Santissima Trinità sarà la nostra gioia nella relazione propri alle tre divine Persone, e noi potremo contemplare come Chiesa gloriosa l’abisso delle loro grandezze.

Fr Gabriele


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