Omelia della messa di Natale 25/12/2020
La nostra chiesa è vuota, e tutti
sono invitati a restare nelle loro case. Forse per noi può sembrare in parte familiare
per il tipo di scelta di vita, e può sembrare normale, abituati ad essere gli
unici abitanti di questa valle. Ma per tanti nostri fratelli e sorelle questo
“silenzio”, non scelto ma forzato, può acuire il senso di angoscia di notti che
sembrano non avere mai fine, che sembrano non prospettare orizzonti di luce.
Un silenzio che, forse piuttosto
che dire pace, serenità, aumenta le domande, coltiva la tristezza, alimenta la
disperazione.
Ed in questa notte, in questo
Natale, come nel “natale” di ogni giorno, il Signore ci raggiunge con la Sua
Parola, invito a guardare oltre, invito a guardare diversamente.
Ed in ascolto delle letture di
questa notte, mi ritornava in modo quasi prepotente una parola, che
inizialmente mi sembrava stridere con quell’immaginario di pace e di calma che
sempre attribuiamo a questa festa. Una parola che ricorre solo due volte nel
corso delle letture, ma che forse tra le righe è presente ovunque. Questa
parola è la parola “zelo”.
Zelo è una parola che indica
bramosia, ardore, passione veemente, che richiama ad un essere in ebollizione,
in fermento. Spesso ai nostri orecchi ha
assunto connotazioni negative, forse intransigenti e quasi fondamentaliste.
Nella Sacra Scrittura questo
termine compare molte volte, la maggior parte delle volte per delineare lo zelo
del pio israelita, indignato per la compromissione del popolo di Yahwe con gli
idoli. Lo zelo sembrerebbe essere proprio di coloro che sono innamorati di Dio
e che ardono dalla brama di farLo conoscere, di farLo rispettare. Anche Gesù
arde di questo zelo quando caccia i venditori dal tempio.
La liturgia della Parola di
questa notte ci parla esplicitamente di zelo: nella prima lettura ci viene
indicato lo zelo del Signore che suscita la nascita di un bambino destinato ad
essere il Salvatore, e nella seconda lettura san Paolo ricorda che noi siamo
popolo santo di Dio, formato dal Signore perché sia zelante nelle buone opere.
Vi è però anche uno zelo che è
sotteso tra le righe: quello dei grandi della terra che sono zelanti nel
mobilitare tutto un impero intero per fare il censimento di quante siano le
braccia su cui poter contare, lo zelo di soldati che marciano con passi
rimbombanti, di aguzzini che pongono gioghi e persone zelanti nella violenza e
nel sopruso.
Sembra quasi di ritrovare il
linguaggio familiare della Regola lì dove il nostro santo padre Benedetto ci
presenta lo zelo buono che devono avere i monaci in contrapposizione allo zelo
maligno e amaro che allontana da Dio.
Ed è proprio andandomi a
rileggere il capitolo del “buon zelo”, mi sembrava di ritrovare una chiave per entrare
nel mistero di questa notte, per trarne consolazione e accoglierne una
provocazione.
Benedetto, in quel capitolo 72,
dopo una breve introduzione di distinzione tra lo zelo buono e quello cattivo
comincia ad elencare una serie di cose che i monaci sono chiamati a coltivare
con ferventissimo amore.
L’ultimo di questi modi dice: nulla assolutamente antepongano a Cristo. Ma
è bello poter andare a rileggere per esteso la fonte da cui Benedetto prende
ispirazione. Infatti questo passo è una citazione del commento al Padre Nostro
di San Cipriano nel quale più estesamente si legge: “assolutamente nulla anteporre a Cristo, perché anche Lui non ha
anteposto nulla a noi".
Lui non ha anteposto nulla a noi…
è forte questa espressione!! Dio, nel Suo amore, nulla antepone a noi.
È questo il mistero del Natale:
il Suo amore non sopporta che vi sia qualcosa che si frappone nella relazione
con la sua creatura, non sopporta distanza e tutto si adopera per raggiungere
l’umanità. Peccato, morte, ingiustizia, sofferenza possono essere degli ostacoli,
ma non sono impedimenti irrimediabili per Dio, che per amore dell’uomo non antepose
e non antepone nulla, proprio nulla! E trova sempre nuove vie per “essere con”
la creatura da Lui profondamente amata.
“Essere con”: è questo lo zelo di
Dio che “ribolle” nelle “Sue vene”, lo zelo che non sopporta impedimenti. Dio
non può pensarsi al di fuori della relazione, dell’essere con. È il Suo nome,
Emmanuele, Dio con noi.
Lo zelo di Dio è tenace. Vi è una
distanza? i cieli si aprono. La grandezza di Dio sembra schiacciare l’uomo? Lui
si fa piccolo e indifeso. La sapienza di Dio spaventa? egli si fa bambino che
non ha parola. Questo dice la grotta di Betlemme!
In questo senso potrebbero essere
riletti anche gli altri modi di esercizio del buon zelo che San Benedetto
propone. Benedetto, per descrivere il buon zelo, usa delle espressioni quali:
prevenire nell’onorare, sopportare con massima pazienza i limiti, prestare
obbedienza, ricercare ciò che è utile per gli altri piuttosto che per se,
vivere castamente l’amore fraterno.
Tutto questo è la buona notizia
del Natale. Dio ci previene nell’amore, fa il primo passo. Accetta di
sopportare con pazienza il limite dell’umano, e sopporta-supporta le nostre
infermità. Il Suo amore è un amore che si lega e l’obbedienza - ossia l’essere
in ascolto profondo e vero dell’altro – ne è l’espressione.
Nel farsi uomo Dio ama
profondamente e liberamente da farsi dono totale di se, senza riserve, non
cercando il proprio interesse, ma gioendo per la vita dell’altro. Questa è la grazia del Natale, in questo sta
la nostra consolazione.
Il capitolo del buon zelo che
Benedetto ci consegna, allora, ancor prima di precetti morali da osservare ci
ricorda la bellezza del mistero che celebriamo in questa notte, di uno zelo
divino che Lo rende vicino a noi, che si fa prossimo.
In questo tempo in cui le
relazioni si sono rese più difficili, un tempo in cui la fatica di una distanza è percepita come
diminuzione di vita, l’invito a fissare lo sguardo sullo zelo di Dio che riduce
le distanze è veramente la buona notizia! Ci risveglia dal torpore, dona tanta
consolazione, rinvigorisce la speranza.
Dio è vicino, Dio è con noi… ed
ogni segno di vicinanza, di prossimità, di prevenienza, di attenzione che
possiamo sperimentare da Dio e dal nostro prossimo ci parla della grazia del
Natale.
Nella seconda lettura San Paolo ci
dice che Egli ha dato se stesso per noi,
per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli
appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Allora trasformati in Lui, da
questo Suo Amore che riduce le distanze, l’augurio che possiamo farci in questo
Natale è che ognuno di noi sia per l’altro segno di questo zelo di Dio per
l’uomo.
Buon Natale a tutte e tutti !
P. Emanuele
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