Omelia della domenica II Avvento (06/12/2020 Anno B)
Inizio del vangelo di
Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Inizio di una buona
notizia.
“È una bella storia
quella che sto per raccontarti, -ci dice Marco seppur con questa estrema
sobrietà di parole-. Innanzitutto tieni bene a mente questo, è una buona
notizia, una bella storia quella che seguirà. Tienilo bene a mente perché, come
per la storia che ti sto per raccontare, così capiterà quasi inevitabilmente
anche a te di trovarti ad un certo punto del tuo cammino in cui dubiterai seriamente
che si tratti di una bella storia. Così è stato per le vicende del protagonista
di questa storia, e così è per chiunque vuole mettersi al suo seguito.
Ti dico fin da subito
perché puoi credere che, nonostante tutto quello che accadrà, è una bella storia:
perché è la storia dell’uomo Gesù, che è il Cristo, vale a dire il messia,
l’unto, il consacrato del Signore, il re garante della giustizia e fautore
della pace da sempre atteso. E soprattutto quest’uomo Gesù è il Figlio di Dio,
è il volto, è l’immagine di Dio.
Come non si può avere
accesso diretto e immediato a Dio, così anche a suo Figlio vi sarai condotto da
altri. Sono i tanti uomini e donne che incontrerai lungo la tua strada. Sono
loro i profeti, i messaggeri, i precursori che potranno farti conoscere o
perlomeno desiderare di incontrare Gesù.
Accogli la loro parola.
Innanzitutto accogli: poi fanne la tara, e ringrazia per quel che di buono
rimane. Anzi, ringrazia anche se è tutta tara: la pace o l’irritazione con cui
hai accolto quella parola ti indica quanto è ancora lungo il cammino per
arrivare a quel cuore mite e umile di quell’uomo di cui ho iniziato a
raccontarti la storia. Ma anche se ti sembrasse di non esserti ancora messo in
viaggio, non temere, non disperare: continua solo a tenere a mente che è una
bella storia. E va avanti.
È una strada tortuosa
quella che stai percorrendo, come quella che in un deserto tempestato di
scoscese colline si riesce a fatica a tracciare, a tratti contornandole a
destra e a sinistra, a tratti inerpicandosi e poi calandosi giù da esse. È la
strada della vita. Sono gli irti colli della cruda realtà, sempre più complessa
di quanto possa a prima vista apparire. Sono le aspre colline delle relazioni
umane, disseminate dei cardi delle incomprensioni e dei spinosi arbusti dei
compromessi, che ti graffiano fino al sangue nell’attraversarli. Sono gli
imprevisti burroni della malattia, della sofferenza e degli incidenti di
percorso, totalmente al di fuori dal tuo controllo, verso i quali quasi nulla
puoi. Di fronte a tali ostacoli non avrai altra scelta che contornarli
allungando i tempi e la strada, o scavalcarli dispiegando un supplemento di
energie, per poter avanzare sul tuo cammino.
Ma ci sono anche altri
colli che rendono tortuoso il tuo cammino: sono il tuo peccato. È difficile
riconoscere il proprio peccato. È difficile perché a volte proprio non lo vedi,
ti rimane nascosto, oscurato, e stenti a crederci quando gli altri tentano di
indicartelo. Altre volte faticherai a
riconoscerlo perché non lo accetti, in nome di una falsa libertà che
rifiuta ogni forma di imposizione e costrizione esterna, pretendendoti unico
giudice di te stesso. Altre volte ancora non lo riconoscerai perché non lo
sopporti, confondendo il pentimento con un opprimente senso di colpa che anziché
liberarti ti schiaccia.
Ma se avrai la pazienza
di stare, di raddrizzare i tuoi sentieri, di respingere le tentazioni del
ripiegamento verso una falsa colpevolezza o quelle della fuga verso una falsa
libertà; allora potrai un giorno scoprire la vera conversione, che è una
frantumazione, uno sconvolgimento del cuore: allora il tuo cuore si libererà da
ogni durezza e rigidità, lascerà cadere ogni egoismo e ambizione, si libererà
di sé e si abbandonerà a Dio.
“Chi conosce il
proprio peccato -scriverà Isacco di Ninive- è più grande di chi
risuscita un morto. Chi piange un’ora su se stesso è più grande di chi
ammaestra il mondo intero. Chi conosce la propria debolezza è più grande di chi
vede un angelo. Chi segue Cristo in segreto e nel pentimento è più grande di
chi gode di molta fama nelle chiese” (Logos 34).
Il vero pentimento non
può che essere un frutto dello Spirito Santo.
Proprio là dove
prenderai coscienza del tuo peccato, quando constaterai di essere caduto in
terra e incapace di avanzare verso la meta ancora troppo lontana; proprio lì,
raggiunto dal pentimento che ti rivela la tua miseria e la tua lontananza da
Dio, farai esperienza del suo perdono. Proprio il peccato confessato e
perdonato diventerà il luogo dell’incontro di Dio e della scoperta della sua
infinita misericordia. Sarà Lui in realtà a venirti incontro e raggiungerti lì
dove sei caduto, su quel sentiero raddrizzato quel tanto o poco che hai potuto.
Allora quelle che erano le lacrime amare di un solitario rimorso diventeranno
le dolci lacrime di chi si scopre da sempre e incondizionatamente amato.
È una buona notizia, è
una bella storia quella che di domenica in domenica vi racconterò”, ci dice
Marco all’inizio del suo vangelo, che ci accompagnerà in questo anno liturgico
che iniziamo. Perché “colui che vi battezzerà in Spirito Santo”, colui che solo
può condurci alla vera conversione, colui che ci immergerà nella misericordia
del Padre, sta per venire.
fr Amedeo
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