Omelia per la solennità dell'Ascensione (12 maggio 2024)

 


Il desiderio del cielo, la volontà di oltrepassare i limiti della terra e della natura umana accomunano gli uomini di ogni tempo e di ogni cultura: nelle civiltà antiche la condizione per giungervi era quella di dimostrare una forza e un coraggio sovrumano, la realizzazione di imprese faraoniche, che elevavano alcuni uomini al rango di eroi, re, condottieri o imperatori ormai degni di innalzarsi ed entrare a far parte del mondo degli dei.

Da questo punto di vista la festa dell’Ascensione -che celebra anch’essa l’assunzione, l’elevazione del Signore Gesù alla destra di Dio- si colloca agli antipodi di questi miti antichi. Tutto il messaggio di Gesù sulla terra è andato nella direzione opposta: più che a una scalata al cielo con dimostrazioni di forza e di valore, egli ci ha invitato a una realistica assunzione della realtà, ha addirittura indicato la via dell’abbassamento, ha dichiarato beati i poveri e gli afflitti. Ci ha detto che è nella piccolezza della nostra esistenza terrena che vive un pezzo dell’eternità divina, che il Regno di Dio è già in mezzo a noi; ha chiesto che si lasciasse che i piccoli andassero a lui, perché di essi è il Regno dei cieli.

La novità del messaggio cristiano è che l’uomo non assume valore in quanto capace di imprese eroiche, ma ha valore in sé, in quanto persona, già solo per questo meritevole di grazia. Gesù ha insegnato che ogni persona ha in sé un valore infinito e ha diritto di guardarsi, con occhi di Dio, con sufficiente fiducia: non ha bisogno di farsi Dio per vivere in modo umanamente degno -già il primo uomo aveva dubitato di questo-, ma la sua grandezza e dignità sta nel semplice fatto che Dio lo ha creato essere umano.

L’invito di Gesù a stare con i piedi per terra, senza voler raggiungere con le nostre forze il cielo con una qualche nuova torre di Babele, senza voler anche solo aggiungere qualcosa alla nostra statura mettendoci in punta di piedi, questo invito dobbiamo assumerlo come una buona notizia. La chiamata che abbiamo ricevuto, secondo san Paolo nella seconda lettura, ossia una vita improntata sull’umiltà, sulla dolcezza, sulla magnanimità, sull’amore, sull’unità, sulla pace, è un annuncio di salvezza, e non una condanna alla mediocrità come può apparire agli occhi dell’arrivista e di una cultura in cui non si può non vincere.

Ma il ritorno alla nostra misura richiede una morte, necessita un abbassamento, una immersione, un battesimo -non è un caso che tutte tre le letture che abbiamo ascoltato facciano riferimento al battesimo-. E così succede che ciò che ci fa vivere, ciò che ci salva, lo impariamo soltanto attraverso un morire, attraverso un battesimo che ci fa rinascere: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”: senza l’accettazione del messaggio di Gesù della bontà e della dignità della vita nella sua ordinarietà, essa finisce per essere percepita come una condanna, una maledizione: perché diventare eroi è difficile, non possiamo costantemente vivere con delle pretese così esagerate, fornire ad ogni istante prestazioni eccezionali.

Con questa sua fiducia benevola nella vita e nella terra, è bello immaginare Gesù identificarsi e invitarci a fare nostro questo salmo:

“Signore, non si inorgoglisce il mio cuore, e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 130).

Se da un lato Gesù ci insegna a non disprezzare il mondo, a non porci in un atteggiamento di superiorità -e d’altra parte, chi, per quanto si preoccupi, può allungare anche solo di poco la propria vita? (Mt 6,27)-, dall’altro ci invita allo stesso tempo ad essere liberi nei suoi confronti: a non servire le cose, ma servirsi liberamente della cose. E questo può avvenire solo quando dinnanzi a noi si apre una prospettiva che oltrepassa le leggi delle cose, le leggi dell’economia, le leggi delle ideologie …

L’ascensione di Gesù, e insieme la sua promessa di andare a prepararci un posto -e nella casa del padre ci sono molte dimore (Gv 14,2)- ci consegna questa prospettiva che ci rende allo stesso tempo amanti del mondo e liberi dal mondo, affezionati alla vita ma anche liberi di perderla  -sono tanti i testimoni, anche dei nostri tempi, a mostracelo, dai monaci di Thibirine al contadino austriaco Franz Jägerstätter, che condannato a morte per essersi rifiutato di aderire all’ideologia nazista, dal carcere scriveva: “Quando accetti l’idea di non dover salvare a tutti i costi la tua vita, una nuova luce si accende”-.

La fede nel cielo, non è né una emancipazione dal mondo, né una fuga dal mondo, ma un equilibrio interiore e una libertà nei confronti del mondo che nascono dal sapere che non esistono solo le cose del mondo, riconducibili a vita o morte, guadagno o perdita, felicità o infelicità, piacere o dispiacere … l’Ascensione del Signore ci dona la tranquillità che scaturisce dal sapere finalmente a chi apparteniamo, dov’è la nostra dimora, per cosa viviamo veramente e da cosa dipende davvero la nostra vita.

Man mano crescerà questa fede, prenderà consistenza questo punto fermo, questo centro, questa comprensione della destinazione a cui la nostra vita è diretta, crescerà di pari passo la libertà dall’angoscia di essere schiavi, di dover piegarsi alle leggi del mondo, e dall’ansia di dover conquistare, prevaricare, sopraffare il mondo.

A coloro che crederanno, aggiunge il Signore, sarà dato il potere di scacciare demoni, parlare lingue nuove, prendere in mano serpenti, rimanere immuni dai veleni, guarire i malati. La fiducia nel cielo, provando a tradurre questi segni in un linguaggio più vicino a noi, ci sottrarrà dal dominio di tutti quegli spiriti che ci dividono interiormente e esteriormente; ci renderà capaci di ascolto e di dialogo, di percepire l’inaudito desiderio degli uomini e di dire l’indicibile promessa di Dio; la fiducia nel cielo ci permetterà di prendere in mano i nostri serpenti, affrontare le nostre paure, attraversare le nostre sofferenze; renderà innocui i veleni della calunnia, della derisione, della menzogna, del catastrofismo.

La nostra fiducia nel cielo aiuterà a guarire la sfiducia nel mondo di tanti nostri fratelli, aiuterà a ritrovare anche nel loro cuore quel punto fermo che dà valore e senso ad ogni vita.


fr. Amedeo

Commenti

Post più popolari