Omelia per la Solennità dell'Annunciazione (8 aprile 2024)


 

Non sempre ci è data la possibilità di celebrare questa solennità in tempo Pasquale - solitamente il 25 marzo capita in quaresima - ma l’occasione di questo rinvio alla data odierna ci offre la possibilità di riconsiderare la “tonalità” pasquale di questa celebrazione.

Infatti sebbene nella cronologia della vita di Gesù questa solennità ricorda gli inizi della storia della salvezza – il concepimento verginale di Maria – anche questi inizi sono letti e prendono il loro senso compiuto alla luce della Resurrezione: contempliamo oggi il concepimento di Colui che nella sua morte e resurrezione abbiamo riconosciuto essere il Figlio di Dio, venuto nel mondo per la nostra salvezza.

Celebriamo il Dio che viene nel mondo per riconciliare l’uomo con Dio, che desidera ricondurre all’ovile la pecora perduta. Egli si fa carne, si fa solidale con l’umanità intera, perché, compagno di cammino, possa insegnare all’uomo la via di ritorno al Padre.


E nelle letture che oggi ci sono consegnate, sembra che questa via di riconciliazione dell’uomo con Dio assuma la caratteristica della relazione, che chiede la disponibilità dell’uomo.

Vengono offerti alla nostra contemplazione due tipi di relazione possibili:

il re Acaz e la giovane donna Maria.

La prima lettura ci riporta il dialogo tra il Signore e il re di Giuda Acaz che si trova in una situazione alquanto difficile: in un contesto di guerra siro-efraimita il re di Aram e il re di Israele volevano trascinare il regno di Giuda in una coalizione contro l’Assiria. In questa situazione delicata il Signore vuole invitare Acaz a non temere e gli propone di chiedere un segno, ossia di entrare in una relazione con Lui, invitandolo ad avere fiducia in un Dio che custodisce il Suo popolo e che interviene nelle pieghe della storia in modalità forse non comprensibili per l’uomo.

Ma da parte di Acaz c’è ritrosia che viene mascherata con una forma di rispetto e di devozione:

Non chiederò nessun segno, non voglio tentare il Signore.

Potremmo forse dargli ragione se pensiamo che il segno che il Signore gli darà attraverso le parole del profeta Isaia è un qualcosa di così distante dalle logiche umane: come può il segno di una vergine che partorisce un figlio liberarli dalla minaccia incombente?

L’intervento brusco del profeta Isaia però smaschera l’ipocrisia di Acaz. Porta alla luce la paura e il sospetto che abitava il cuore del re: paura di trovarsi in una situazione di fronte ad eserciti più potenti che potevano ridurli in schiavitù, e sospetto che in fondo il Signore non interverrà in questa situazione difficile e che bisogna dunque sbrogliarsela da soli. E forse Acaz si sentiva più a suo agio dover risolvere da solo…

Il Signore cerca di entrare in dialogo con Acaz per compiere l’opera della salvezza, ma in fondo Acaz non si fida e preferendo agire in autonomia, ed alleandosi con il re d’Assiria conduce il suo regno in una condizione di schiavitù e di vassallaggio… cadendo in fondo in ciò che voleva evitare.

Dall’altra parte, il Vangelo ci riporta la figura di Maria, una giovane donna. La situazione di attesa di un liberatore dimora ancora nel cuore del popolo di Israele, e l’angelo Gabriele, che si presenta a Maria, le annuncia la possibilità di un compimento della salvezza, ma come con Acaz, questo compimento chiede la collaborazione dell’uomo.

Una donna di periferia, in un contesto di assoluta fragilità se non di impossibilità, riceve l’annuncio di un qualcosa di grande e forse veramente esagerato per quello che lei avrebbe potuto immaginare: essere madre del Figlio dell’Altissimo, essere madre del Re di Israele!

Probabilmente nel cuore di questa giovane donna non ha trovato dimora il sospetto che forse abitò il cuore di Acaz confrontato alla minaccia di ritrovarsi schiavi di qualche potenza straniera. Ma credo che facilmente avrebbe potuto abitare nel cuore di Maria lo scetticismo di constatare che la missione proposta era sicuramente molto al di la delle sue possibilità, molto al di sopra di quanto sarebbe stata capace umanamente di realizzare: una proposta totalmente incomprensibile!

Eppure davanti al divino che irrompe e chiede relazione, Maria non declina l’invito in modo gentile e diplomatico come Acaz, ma con la curiosità e l’imprudenza propria delle persone semplici, dal cuore puro, accetta di entrare in relazione ed intraprende un dialogo con l’angelo!

Le domande che Maria pone all’angelo non dicono incredulità, né resistenza, ma desiderio di interazione e disponibilità alla collaborazione per vie che chiede le siano mostrate: come può avvenire questo?... come se dicesse eccomi, ci sto! ma come possiamo accordarci? Come possiamo suonare insieme una partitura a quattro mani?

È questo spiraglio di possibilità che rende possibile l’impossibile! Vi è una opera di salvezza già preparata da Dio, e questa chiede all’uomo partecipazione: cioè riconoscere a Dio l’opera di compimento e offrirGli una collaborazione attiva nei limiti delle nostre possibilità: ossia fiducia e disponibilità.

Ci rendiamo conto già di come al livello semplicemente umano sia difficile la collaborazione, perché richiede a ciascuno la disponibilità a rinunciare a certe forme di protagonismo. Quando si è convinti della propria idea, difficilmente molliamo la presa sulle modalità di realizzazione di un’impresa, persuasi di avere idee migliori per portare a termine ciò che c’è richiesto. E se non ci è dato di condurre noi i giochi, la nostra collaborazione si fa passiva tanto che, se non assume forme di boicottaggio, almeno rischia di non offrire alcun genere di supporto e l’interazione passiva appesantisce, rallenta, rende tutto molto complicato!

Così ci si renderà presto conto che se non c’è piena disponibilità a collaborare e a dare piena fiducia alla bontà di quanto l’altro propone, non ci sarà mai veramente il compimento di una opera comune, perché sospetto, paura, resistenza o orgoglio lo impediscono.

Tanto più lo possiamo dire per l’opera di Dio, che si affaccia nella storia dell’umanità con logiche di incarnazione. Di fronte a sfide che sembrano più grandi di noi, custodiamo sempre la libertà di declinare l’invito che l’angelo, che si presenta a noi sotto forma della vita ordinaria, ci rivolge. Oppure possiamo osare di accogliere l’invito, credendo possibile ciò che a noi sembra impossibile, perché l’opera di salvezza preparata da Dio si compia nella nostra vita!

 

Nel celebrare questa solennità siamo forse esortati a smascherare ogni nostra paura ed ogni nostro sospetto di fronte all’opera di Dio e a renderci disponibili all’invito di una collaborazione attiva, mettendoci alla scuola di Maria, che misteriosamente, precorrendo i tempi, si fa discepola del Figlio che dall’eternità è piena disponibilità al Volere del Padre! Sulla sua bocca una sola parola: ecco io vengo per fare la tua volontà!

Anche noi allora con Gesù e con Maria, rinnoviamo fiduciosi il nostro Eccomi!

 

Fr. Emanuele 

 


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