Omelia della festa di tutti i santi (01/11/2023 -Anno A-)

 


La solennità di oggi deve accendere nei nostri cuori una grande gioia e una grande speranza. Nei Santi infatti contempliamo il nostro destino futuro e guardando a loro il nostro difficile cammino in questa vita si riaccende di forza e di ardore. Questi nostri fratelli ce l’hanno fatta e cantano perennemente il loro inno di lode e di ringraziamento davanti al trono di Dio e dell’Agnello, nel sangue del quale hanno lavato le loro vesti rendendole candide.

Ma cos’è la santità? Una somma di virtù asettiche che uno si sforza di acquistare per essere umanamente e cristianamente perfetto? Se così fosse non ci staccheremmo dalla concezione farisaica di una santità fatta di osservanze esteriori e di virtù acquisite “per essere visti dagli uomini” o per lodare noi stessi “perché non siamo come gli altri uomini”! Per scoprire la vera santità dobbiamo guardare a Cristo e non distogliere mai da Lui i nostri occhi, il nostro cuore, la nostra vita e la nostra persona stessa. Lui è il modello! Se leggiamo attentamente il vangelo di oggi vediamo descritto il suo ritratto fedele. Lui si è fatto povero sia materialmente che di spirito, era mite e umile di cuore, è stato afflitto e consolato, puro di cuore e quindi in costante rapporto di unione con Dio, affamato e assetato di giustizia, misericordioso, operatore di pace, perseguitato a causa della giustizia, insultato, perseguitato e contro di lui hanno detto ogni sorta di male. E nella Risurrezione ha ricevuto anche per noi la sua ricompensa nei cieli.

La santità è fare di lui il centro della nostra vita; unirsi a lui in modo profondo e vitale, senza che nessuna delle fibre del nostro essere si discosti da lui. E’ assumere i suoi stessi sentimenti e atteggiamenti, verso il Padre e verso il prossimo, come ci ricordava il vangelo di domenica scorsa riferendoci per bocca sua i due comandamenti dell’amore da cui dipendono la legge e i profeti.

Ed è certamente andare contro corrente rispetto alla mentalità del mondo, che professa le beatitudini “al contrario”: beati i ricchi, beati coloro che ridono e si divertono, beati quelli che si fanno strada da soli, non importa con che mezzi; beati quelli che si beffano della giustizia e della verità, beati i forti e i prepotenti che fomentano guerre, ingiustizie e distruzione pur di conquistare terre e poteri, che sfruttano gli altri e il pianeta pur di arricchire. Beati quelli che hanno una vita prospera e tranquilla disinteressandosi degli altri... e si potrebbe continuare.

Essere Santi è quindi prima di tutto “imparare a pensare secondo Dio e non secondo gli uomini guardando a Cristo come modello, come “forma di vita” per poter dire con S. Paolo: “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me!”.

E i Santi sono il capolavoro della Trinità: il Padre ci pensa e ci forma, “tessendoci nel seno di nostra madre” con i nostri pregi e le nostre fragilità, e ci crea guardando il Figlio come “progetto” e come fine della nostra vita. Ci crea diversi perché la sua fantasia è inesauribile, e scrive nella nostra natura anche la santità cui siamo chiamati, e poi lo Spirito Santo, se siamo docili alla sua azione, ci scolpisce a immagine di Cristo: unico “modello” di cui è innamorato, e ci plasma in modo originale, a seconda del materiale umano che ha a disposizione, rispettando e nobilitando le caratteristiche della nostra persona, mediante una conversione continua. E’ bello pensare che anche i santi hanno i nostri difetti e fragilità, però ce l’hanno fatta a vincerli e a trasformarli. Quanti tipi di santi ci sono! dai santi più famosi e ricordati nel calendario o nel martirologio ai “santi della porta accanto: i santi sconosciuti cui è particolarmente dedicata la solennità odierna. Ed è anche molto consolante essere consapevoli che il Padre ci ama tutti, come se fossimo “unici”, perché in ciascuno di noi, così diversi, vede l’immagine e la forma del Suo Figlio diletto nel quale ha posto tutta al sua compiacenza.

Ma oggi, e anche domani, commemorando i nostri defunti, noi festeggiamo anche la “comunione dei santi: il nostro essere corpo mistico di Cristo: un corpo fatto di peccatori in stato di conversione, di “santi della porta accanto” di apostoli, di martiri, di vergini e di pastori e dottori della chiesa, di monaci contemplativi e di missionari eroici, di operatori di pace, di misericordia e di carità. Sono nostri fratelli e ci amano e ci proteggono, camminano con noi e lavorano perché con il contributo di tutti la Chiesa sia sempre più la sposa di Cristo senza macchia né ruga. I santi ci accompagnano e intercedono per noi, dandoci la stessa certezza di S. Agostino che nel contemplarli diceva: “Se ci è riuscito questo o quello, perché non posso farcela anch’io?”

I santi ci desiderano, ci proteggono e intercedono per noi sempre, perché ci vedono in Dio e sono felici di ogni passo, se pur piccolo, nel nostro cammino di conversione: “C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che non per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. E allora accogliamo e viviamo con forza e con gioia queste esortazioni di S. Bernardo:


“Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano averci con loro e noi ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di quelli che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipiamo con i voti dell’anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l’aspirazione più intensa a condividerne la gloria”:


Fr Gabriele

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