Omelia della domenica III Avvento (11/12/2022 -Anno A-)

 


Come tutti i grandi personaggi della Scrittura, da Abramo a Maria Santissima, anche a S. Giovanni Battista non viene risparmiata la prova. Il vangelo di oggi ce lo presenta in carcere: sta pagando di persona per i suoi rimproveri ad Erode adultero e per la radicalità della sua vita e del suo messaggio, che ha certamente provocato i bempensanti e i potenti che lo ascoltavano. Ma non è solo una prova “fisica”: quella di essere imprigionato, è anche una prova della fede. Qualche domenica fa’ lo sentivamo chiamare i farisei che si presentavano al suo battesimo: “razza di vipere” e presentare il Messia come colui che battezza in Spirito Santo e fuoco, come un giudice severo e inflessibile che tiene in mano il ventilabro per separare il buon grano dalla pula, destinata a essere arsa da in fuoco inestinguibile. Però Gesù si presenta come umile e misericordioso, mite e non certo terribile… forse le immagini forti espresse dal Battista sono più adatte a Colui che opera il Giudizio universale, al Signore che separa le pecore dai capri e che benedice e accoglie gli uni e maledice e scaccia gli altri nell’inferno, più che al Gesù che sta operando con tanta condiscendenza e umiltà, guarendo i malati e perdonando i peccatori, mescolandosi con i poveri i pubblicani e le prostitute. E allora nel cuore del precursore ( che pure aveva indicato Gesù come “l’agnello di Dio”e aveva inviato alcuni dei suoi alla sua sequela) sorge un dubbio che si esprime nella domanda che a suo nome i suoi inviati rivolgono a Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. E Gesù gli risponde con una profezia dal Profeta Isaia, che presenta proprio il Messia come colui che guarisce e predica la buona novella ai poveri, e queste caratteristiche sono prevalenti sulla figura del giudice inflessibile e rimuneratore. Proprio davanti al Gesù mite e umile di cuore le persone si schierano per o contro di lui, alcuni lo accettano, altri lo a causa del suo “mescolarsi” con gli ultimi, i poveri, i malati e i peccatori e alla sua libertà nell’andare allo spirito della legge senza accontentarsi di una pura osservanza esteriore.

Chi si apre a Lui nella fede capisce che proprio nel rapporto con Lui si attua la salvezza o la condanna, anche se la buona novella è rivolta a tutti. La risposta di Gesù al Battista si conclude con una sentenza; “e beato colui che non si scandalizza di me”. Sentenza rivolta al Battista prima di tutto, con l’invito a vedere attuata in Gesù la profezia di Isaia ed a approfondire quindi la sua vera identità. In Gesù giustizia e misericordia coincidono: non sono contrapposte, e la misericordia è molto più esigente della giustizia per chi se ne lascia pervadere: mai ripagheremo un amore così grande se non tentando di amare così a nostra volta.

Più conosciamo e aderiamo pienamente al nostro Dio, che si rivela in Gesù, più somigliamo a Lui.

Dice il salmo: “Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano. dalla loro bocca non escono suoni” e conclude con una sentenza tanto terribile quanto vera: “sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida!” In fondo, se non conosciamo il Dio vivo e vero finiamo per assomigliare agli idoli che ci costruiamo dentro! E questo è è il messaggio che oggi la chiesa ci offre: convertiamoci al vero Dio demolendo gli idoli che abbiamo dentro e saremo nella gioia, perché conosceremo meglio anche noi stessi, “specchiandoci” in Lui. E allora Giovanni Battista riconoscerà che il Messia non è solo il giudice giusto e inflessibile, ma anche l’Agnello di Dio, che prende su di sé i peccati del mondo, e capirà che davanti al Lui, che deve crescere, il suo compito è quello di diminuire e di ritrarsi.

La seconda parte del Vangelo è l’elogio di Giovanni Battista da parte di Gesù. Accade un po’ come nell’episodio della Confessione di Pietro: egli dice a Gesù: “tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, e Gesù, di rimando gli svela la sua identità profonda e la sua missione: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Così qui, dopo essersi rivelato al Battista, parla di lui alla gente elogiando la sua persona e definendo la sua missione: non è una canna sbattuta dal vento nel deserto, non è un uomo che vive nei palazzi dei re avvolto in morbide vesti: è un profeta, e più che un profeta perché precursore del Messia: è il più grande tra i nati di donna, ma chi lo ascolta ed entra nel regno dei cieli, anche se il più piccolo, è più grande di lui, perché pienamente incorporato a Cristo come figlio “innestato pienamente”nel Figlio di Dio, avendo lavato le sue vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnelllo.

Possiamo quindi trarre da questo vangelo un grande insegnamento per il nostro cammino di conversione incontro al Signore che viene: più penetreremo nel suo mistero e nella sua persona, più lo conosceremo nella sua vera identità, più Egli ci rivelerà a noi stessi, facendoci conoscere chi siamo in realtà e che cosa vuole da noi per la salvezza di tutti. E questo ci dovrebbe trasmettere la gioia cui questa domenica “Gaudete!” ci invita, anche col segno dei paramenti rosacei che addolciscono l’austero viola dei tempi liturgici penitenziali.

Dobbiamo essere nella gioia perché il Dio con noi, il Cristo, ci fa diventare sempre più noi stessi e ci comunica la fede e la forza per “fare di Lui il cuore del mondo”: egli guarisce i ciechi, fa camminare gli storpi, monda i lebbrosi, fa sentire i sordi e risuscita i morti, e a noi poveri annuncia la buona novella, e, senza spaventarsi dei nostri limiti e della nostra miseria, ci invita a portare il vangelo a tutti con la novità della nostra vita totalmente pervasa da Lui. Anche noi quindi, come il Battista, siamo chiamati ad essere lampade che ardono e risplendono, poste sopra il lucerniere per illuminare tutta la casa e coloro che vi abitano, splendenti della Sua luce come la Stella che guiderà i magi e, con loro tutti i popoli, all’incontro con Lui, vero Tempio di Dio, alla grotta di Betlemme, nella gioia e nel giubilo, dopo aver percorso la “via santa” profetizzata da Isaia nella prima lettura, e ci renderemo conto, con grande e felice stupore, che questa che non è altro che lo stesso Cristo: via verità e vita che già ci guida verso la Gerusalemme celeste, dove saremo eternamente illuminata da Dio e dalla sua lampada, che è l’Agnello.


Fr Gabriele

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