Omelia professione solenne di fr Cassiano 28 maggio 2022


 

È l’amore e la fedeltà di Dio che ci convoca qui quest’oggi.

Amore tenace, che non recede. Un amore che è là, sempre, nonostante i nostri cammini incerti e/o altalenanti. E di questo ne sei consapevole, caro fr. Cassiano. L’amore di Dio ti ha preceduto e ancora una volta bussa alla tua porta e ti chiede: mi ami tu?

 

Mi ami tu? Questa è la domanda che Gesù rivolge a Pietro. Ed è ciò che hai voluto scrivere sul ricordino della tua professione, invitandoci ad unirci al tuo rendimento di grazie per l’amore fedele di Dio, e a sostenere i tuoi passi con la nostra preghiera e la nostra vicinanza.

 

Mi ami tu?

Non sarà la prima volta che ti trovi a rispondere a questa domanda... come non lo era stato per Pietro, sulle rive del lago di Tiberiade, e come non lo è certamente per tutti quanti noi.

All’amore di Dio, stabile e fedele, la nostra adesione richiede un continuo ritorno. Chi di noi può essere all’altezza dell’amore di Dio e chi di noi può aderirvi pienamente?

 

È il cammino di tutta una vita, e non bisogna scandalizzarsi delle cadute che si possono avere lungo il cammino. In fondo ben sai e ben sappiamo che – come dicono i nostri padri - il monaco è colui che cade e sempre si rialza, cade e si rialza. Ma è forse anche grazie a questo camminare in modo discontinuo e a volte chiuso nelle nostre testardaggini che l’amore di Dio si rivela come un amore che salva. Dio continuamente ci cerca, continuamente ci visita e ci provoca chiedendoci: mi ami tu?

 

Con questa domanda, in fondo, Dio si fa mendicante di una nostra risposta, perché l’essere proprio di Dio è “essere in Comunione”: come tu Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi. Lo abbiamo ascoltato nel Vangelo.

Un desiderio profondo di Dio che in Gesù si fa preghiera incessante: che siano in noi… che io sia in loro… che siano con me dove io sono… perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.

Dio non si riesce a pensare senza di noi e mi piace credere che la preghiera di Gesù sia un nuovo atto di creazione.

Come all’inizio della Genesi la parola di Dio chiama all’esistenza tutto il creato, così anche la Parola di Gesù che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo è un atto creatore! Questa comunione con Dio e tra di noi in un unico amore è la preghiera di Gesù e proprio perché è la sua, possiamo credere che sia stata già accolta dal Padre.

 

Allora potremmo chiederci: perché se l’ha accolta, non la vediamo già compiuta? Perché ancora tante resistenze abitano nei nostri cuori e perché non gustiamo ancora in pienezza quell’amore che diventato perfetto scaccia il timore? Perché ancora tante piccole spine pungono il nostro vivere insieme?

Sperimentiamo una certa distanza tra la preghiera/prospettiva di Gesù e quello che è la realtà della nostra vita, del nostro oggi.

 

Ma Benedetto, nella sua regola ci invita a mai disperare della misericordia di Dio. Mai lasciarsi prendere dallo scoraggiamento, dalla sfiducia che l’opera di Dio non si compia, mai lasciarsi rattristare dalle dinamiche di male che ci sembrano ostacolare il cammino.

È su una promessa, è sulla Sua Parola che si basa la nostra speranza… lo canterai con le parole del Salmo tra poco e noi con te:

 

Accoglimi Signore secondo la tua Parola e avrò la vita, non deludermi nella mia speranza!

 

e con queste parole vogliamo dirGli: Credo che la tua Parola, Signore, si realizza, ne sono certo e ci voglio scommettere! Ma l’importante è sapersi in cammino e non aver la fretta o l’illusione di un compimento rapido… senza scoraggiamenti o tristezze! L’opera di Dio è un cantiere, sempre in opera… un po' come qui a Pra ‘d Mill.

 

Mentre preparavo l’omelia e pensavo a questo, mi tornavano in mente i molti colloqui nei quali, anche di fronte a cose semplici e pratiche, di campagna o di vita comunitaria, tu, caro fratello, mi dicevi spesso “ci vuole tempo! quasi invitandomi ad entrare in quella pazienza che si fonda sulla fiducia in Dio che compie la sua opera. Sì, ci vuole tempo! Hai ragione! Ci vuole tempo perché l’erba cresca, perché le piante portino frutto. Ci vuole tempo perché alcune dinamiche si sblocchino. Ci vuole tempo perché la Parola di Dio entri nei nostri cuori e riesca a trasformarli, a plasmarli. Ci vuole tempo perché prendiamo consapevolezza di ciò su cui abbiamo bisogno di essere salvati. Ci vuole tempo perché il desiderio che abita in noi prenda forma nel nostro cuore. Ci vuole tempo perché la comunione tra noi si approfondisca e diventi sempre più reale, vera. Ci vuole tempo per imparare ad amare.  

 

La perfezione dell’amore nella quale siamo invitati ad entrare non è qualcosa di scontato, né di immediato e neppure si può ottenere semplicemente con la forza delle nostre braccia. È opera di Dio e troverà il suo compimento allor quando accettiamo di arrenderci incondizionatamente al Suo Amore e quando ci lasciamo rivestire dai sentimenti che dimorano nel cuore di Dio.

 

Arrendersi incondizionatamente, abbandonando ogni pretesa di poter riuscire in qualcosa, ma coltivando il desiderio che ci apre all’accoglienza di questo amore. Il libro della Sapienza ci ricorda che questo tesoro, che per noi è la Carità di Dio, lo si chiede, lo si prega, lo si implora, lo si preferisce, lo si riconosce… insomma non lo si possiede ma si può solamente desiderarlo.

 

E raggiunti da questo amore, rivestiti di questo “Tesoro” non si può far altro che ridonarlo. Tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità, pazienza non sono opere nostre, ma Vita divina che dimorando piano piano in noi, diventa il nostro stile, diventa il nostro abito.

 

A noi il compito di stare in questo cantiere, con pazienza e speranza, coltivando incessantemente il buon zelo che Benedetto ci consegna alla fine della sua regola. Allora l’occasione della tua professione, fr. Cassiano, è per noi l’invito a continuare a dimorare in questo monastero, scuola di carità, prevenendoci nel renderci reciproco onore, sopportando con pazienza le nostre infermità fisiche e morali, prestandosi reciproca obbedienza, cercando sempre ciò che è utile all’altro, vivendo con cuore casto l’amore fraterno, temendo Dio amandolo, volendo bene, non solo all’abate, ma a tutti i fratelli con sincero e umile affetto, non anteponendo nulla al Cristo!

 

Unendoci alla preghiera di Gesù, e stringendoci attorno a te che oggi rinnovi il tuo sì al Signore, chiediamo al Padre che ci faccia giungere tutti insieme alla vita eterna.

P. Emanuele

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