Omelia solennità dell'Immacolata Concezione (08/12/2021 - Anno C-)

In un film di qualche anno fa veniva rappresentato quello che si immagina possa essere stata la terra, in delle condizioni estreme e con tutti gli sconvolgimenti terrestri e climatici che possono aver dato origine alla materia organica e alle prime forme di vita. In una scena successiva, in un mondo ormai reso ospitale dal clima favorevole e dalla vegetazione, si vede un grosso dinosauro che attraversa a passi pesanti il letto asciutto di un fiume. L’inquadratura si focalizza quindi su una piccola lucertola che malauguratamente si trova sulla traiettoria del dinosauro, e la zampa dell’animale che la sta per schiacciare. Ma all’ultimo istante il dinosauro si accorge della malcapitata, con un gran sforzo blocca la sua imponente mole e allunga il passo risparmiandole la vita.

Immagino che intenzionalmente il film volesse far riflettere lo spettatore sul perché di un tale gesto. Perché quello scomodarsi, da parte di un animale primitivo e irrazionale, per non sopprimere la vita di un animaletto alla sua vista insignificante. Ho pensato che questo gesto così gratuito potesse essere considerato, potesse significare il “bene originale”. Una originaria, istintiva presa di coscienza del valore inalienabile della vita, qualunque sia il suo stadio e la sua evoluzione. Una innata consapevolezza che non siamo gli autori e i proprietari della vita e il conseguente rispetto che dobbiamo avere verso ogni altra creatura. Da quel “bene originale” scaturisce lo stupore che possiamo provare di fronte al mistero dell’origine della vita e di ogni nascita, la commozione e la compassione che ci possono assalire di fronte a una creatura che soffre o che sta esalando l’ultimo respiro. In quel “bene originale” possiamo vedere ogni forma di attenzione benevola per sé e per l’altro, la cura nella scelta della parola più appropriata per non ferirlo, la generosità dell’accontentarsi di una parte qualsiasi affinché l’altro possa gioire della parte migliore, l’instancabile pazienza e speranza anche di fronte all’ennesimo fallimento proprio o altrui.

Mi sembra che questo bene originale, questa cura per la vita nei suoi più piccoli aspetti, sia il segno della presenza di Dio, sia lo stile di Dio, come lo descrive il profeta Isaia: “non griderà né alzerà il tono, …, non spezzerà la canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra” (Is 42,2-5).

È evidente quanto ormai ci siamo allontanati dal “bene originale”, osservando come nel nostro avanzare, non solo non siamo più disposti a scomodarci per salvaguardare le tante forme inferiori di vita che involontariamente finiscono sotto i nostri piedi, ma rischiamo di non essere più capaci neppure di provare questi sentimenti di bene nei confronti dei nostri simili. È la conseguenza di quello che abbiamo chiamato peccato originale. La prima lettura ce lo descrive come l’adesione a una parola ingannatrice che ha insinuato nell’uomo il dubbio della bontà e lealtà di Dio, e la brama di diventare come Lui. Adesione che ha comportato la perdita dell’amicizia e della fiducia nei suoi confronti, la perdita di quel “bene originale” di cui avvertiamo la mancanza e la nostalgia, insieme alle tragiche conseguenze che ne sono derivate.

Ma la festa di oggi, l’immacolata concezione di Maria, ci ricorda che questo “bene originale” non è andato perduto. Maria è colei che è stata concepita senza peccato originale, cioè colei nella quale c’è l’integrità del “bene originale”, la pienezza della grazia. “Rallegrati, piena di grazia”, le dice l’angelo; e con lei rallegriamoci anche noi, perché grazie a questa integrità di bene, di cui è stata colmata per essere la madre di Dio, è entrato nel mondo l’agnello di Dio che toglie i nostri peccati e ci è dato di ritrovare l’amicizia, di ritornare in comunione con Colui che è l’origine del bene, con Dio.


Fr Amedeo



 

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