Omelia Santo Natale 25/12/2021


 

Le scene dei Vangeli che hanno accompagnato i giorni di preparazione al Natale descrivevano quasi sempre contesti molto familiari: la casa di Maria, di Giuseppe, di Elisabetta. Il Vangelo, Parola scritta per risuonare nelle piazze, trova le sue origini in luoghi “domestici”, luoghi dove i primordi di una vita possano essere custoditi e accolti in spazi “a misura d’uomo”.

Dio cerca spazi “a misura d’uomo” e la Parola, per dimorare e prendere carne, cerca delle case, desidera delle famiglie.

 

Ed è proprio bello il dettaglio che risuona in questa notte attraverso il Vangelo di Luca. Dio, nel coinvolgere l’uomo nella storia della salvezza, lo fa entrando in una casa, in una famiglia… appartenendo!

La precisazione ci viene offerta da Luca quando ci presenta Giuseppe. Certo! era lo sposo di Maria, ma lo si presenta specificando che egli apparteneva alla casa e alla famiglia di Davide. Quella di Davide era una stirpe gloriosa e che avrebbe visto dare i natali al Messia. Ma al di là dell’”importanza” di questa stirpe, ciò che conta è che Giuseppe gli appartenesse. Dice Luca: Giuseppe apparteneva ad una casa e ad una famiglia… un legame specifico con un luogo ed un preciso gruppo di persone.

 

È proprio lì, al cuore di questa appartenenza, in un luogo e in una specifica famiglia che si compiono i giorni. Il Verbo di Dio prende carne e viene ad abitare in mezzo a noi! Questo dimorare di Dio “in mezzo a noi” si connota in modo specifico! Non è una espressione vaga, che riguarda un “noi” generico, una massa indistinta, ma questo “in mezzo a noi” prende forma in un luogo e in mezzo a delle persone precise legate tra loro da qualche vincolo di appartenenza. Dio desidera “appartenere” e proprio mentre Giuseppe e Maria si trovano “in quel luogo”, a Betlemme, luogo dell’appartenenza, i “giorni si compiono”! Dio abita delle appartenenze, delle case, delle famiglie.

 

Nel cuore di questa notte celebriamo la nascita del “Dio con noi” in una casa e in una famiglia. E forse potremmo fare lo sforzo di immaginare che questa casa e questa famiglia sia la casa e la famiglia nella quale siamo, alla quale siamo legati, alla quale apparteniamo, così come essa è. Celebrare per noi il Natale oggi è provare a riconoscere che è nel cuore della nostra casa, della nostra comunità che si “compiono i giorni”, che Dio vuole nascere.

 

Ma se “l’appartenenza” è il “luogo” dove il Cristo desidera nascere, c’è da chiedersi cosa significhi appartenere e come vivere questa appartenenza, perché vi può essere un modo sano e un modo malato di vivere una appartenenza. L’appartenenza non è semplicemente un legame, ma un qualcosa che tocca corde profonde. Chi dice di “appartenere” afferma che il senso proprio di ciò che si è trova le sue radici in ciò a cui si appartiene. Si riconosce che la nostra vita proviene dalla realtà a cui apparteniamo.

 

Se lo vediamo dal punto di vista di Dio, il Suo desiderio di appartenere, di legarsi a questa umanità è una verità sconvolgente! Facendosi uomo e appartenendo realmente ad una casa e una famiglia sembra volerci dire che la Sua Vita divina non può essere piena al di fuori di questa relazione e questa appartenenza personale con l’uomo, con una comunità. E questo continua a rinnovarlo nella storia.

 

Ma dal nostro punto di vista, questo invito a vivere le appartenenze per cogliere in esse il “compimento dei giorni” è una bella provocazione. La “Vita” divina, di cui tutti abbiamo bisogno e che speriamo, passa attraverso il legame, e si fa trovare nell’appartenenza al quel contesto di persone che sono a noi prossime. La celebrazione di oggi sembra dirci che Dio abita i legami… Appartenere, legarsi è bello ed impegnativo. Se da una parte dà sicurezza, fa sentire protetti, è un ottimo rimedio per la solitudine, d’altra parte l’appartenenza potrebbe avere dei risvolti che possono sembrare anche mortificanti… o almeno in alcuni momenti possono sembrarci così. Il legame limita, vincola, sembra a volte privare della libertà di poter fare, di poter essere.

Ma appartenere è la massima forma dell’amore… e come riconoscere se una appartenenza è sana o malata? Come comprenderlo?

Appartenere è per vivere nella libertà, ma c’è tanta differenza tra un vivere “liberi di” ed un vivere “liberi per”. Il mistero di questa notte ci aiuta a comprendere in profondità.

 

Abita in noi il desiderio di essere “liberi da” incombenze, limiti, pesi e “liberi di” fare, di esprimersi, di realizzare. E questa libertà cerca dei legami, crea delle appartenenze, ma sono legami tra persone “simili” e le alleanze che si possono creare sono alleanze che possono rischiare di scivolare in dinamiche di competizione se non di contrapposizione. Vivere appartenenze che si basano su questo essere “liberi di” alimenta la paura nei confronti di qualcuno o qualcosa che minaccia questa mia libertà, per cui ci si trova ad alimentare il sospetto nei confronti degli altri, a vivere spesso sulla difensiva e a cercare strategie e alibi quando sembra che dei legami di appartenenza chiedono un conto salato, ci chiedono “troppo”. Pensando ai personaggi che incontreremo in questo tempo di natale, è un po' l’atteggiamento di Erode che si sente minacciato nella propria “libertà” chiuso nel proprio palazzo, come quelle persone che vivono nelle cittadelle fortificate dei propri ideali, cercano di difendere la propria identità che si pensa possa essere messa a repentaglio dall’altro, dal diverso. La ricerca di questa forma di “libertà” genera legami, appartenenze, ma sono appartenenze che vivono di equilibri e dinamiche calcolate, perfette e controllate, che cercano di custodire privilegi e spazi che cercano di togliere la fatica e le dinamiche propulsive della vita. Sono appartenenze che cercano di ricreare un ambiente asettico nel quale poter stare “comodi”, come sotto una campana di vetro. Ma sotto la campana di vetro l’ossigeno manca e non si può dare la colpa a ciò che sta fuori di noi, attorno a sé.

 

Gesù invece desiderando appartenere a questa umanità, legandosi ad una “casa” ed una “famiglia”, ci ha mostrato la vera libertà che è fonte di vita e che è una libertà per amare, una libertà per donarsi!

Dio si offre, si consegna in un piccolo bambino, in una mangiatoia, in una grotta che non ha porte. Non si difende, desidera solo appartenere, legarsi, donarsi. Ed è da questo suo dono di sé che siamo riscattati, ed è da questo suo appartenere alla famiglia umana che è dato a noi di appartenere alla vita divina, ci dice san Paolo. Vi è qui un mirabile scambio di doni, che nasce da una appartenenza, e che è frutto della libertà di Dio, che è la Carità.

 

Il Mistero del Natale che questa notte contempliamo ci esorta a vivere di questa libertà, e le nostre “appartenenze” a delle case e a delle famiglie è la via che ci è offerta per crescere in questa libertà, dove trovare la vita divina.

In quella mangiatoia Dio ha donato sé stesso e ci mostra la via: in lui appartenenza e “libertà per amare” coincidono. Per noi la strada è più lunga. Tra l’appartenenza che scegliamo e la libertà alla quale siamo chiamati c’è tutto il cammino di una vita, c’è il cammino della pasqua. Ma accettando di essere scomodati dal legame autentico con i nostri fratelli e con le nostre sorelle, come continua provocazione ad uscire da noi stessi, possiamo riconoscere in questo segno della misericordia divina che desidera salvarci, aiutandoci a passare da una “libertà di” ad una “libertà per”.

 

L’augurio che possiamo allora scambiarci in questa notte è quello di appartenersi, onorando con la nostra povera fedeltà, il prezioso legame che ci unisce e che ci invita ad uscire continuamente da noi stessi.

Allora le nostre famiglie e le nostre comunità saranno cellule viventi di carità ed incarneranno nuovamente il mistero del Natale, perché la carità che sarà messa in circolo sarà il segno che Dio è in mezzo a noi!

P.Emanuele

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