Omelia della domenica (2021.01.31 - IV TO Anno B )

 


   “Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio”. Questo l’inizio laconico del Vangelo di S. Marco, che stiamo leggendo in queste prime domeniche dell’anno liturgico. E il titolo di Figlio di Dio ritornerà solo una volta sulla bocca di un uomo: il centurione sotto la croce, alla fine del cammino di fede di tutto il vangelo: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”.Nel corso del Vangelo però il titolo, o le sue espressioni equivalenti, ricorrono ancora, ma sulla bocca dei demoni, come nel vangelo di oggi, ma Gesù non le accetta, anzi impone loro di tacere e li scaccia dalla persone possedute. 

La prima parte del Vangelo di Marco si concentra poi sulla persona di Gesù, presentandola sotto tre aspetti principali: un profeta grande che insegna con autorità, un taumaturgo che guarisce le malattie e sa dominare gli elementi della natura, un esorcista potente che scaccia i demoni per instaurare il Regno di Dio.

   Un esempio del suo insegnamento con autorità lo abbiamo nel Vangelo di Matteo, nel discorso della Montagna, dove Gesù spiega la legge in modo molto diverso dai rabbini del suo tempo, che commentavano anche le virgole ed educavano a un’osservanza tanto letterale quanto esteriore della Legge, ripetendo gli insegnamenti dei grandi maestri. 

Gesù invece mette sempre in risalto lo spirito della legge e la sua osservanza interiore, come mezzo per tenersi sempre uniti a Dio e guardare cose e persone con i suoi stessi occhi: “Avete udito che si è detto dagli antichi: occhio per occhio, dente per dente, ma io vi dico: “Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano: Avete udito che si è detto dagli antichi: non commettere adulterio ma io vi dico: chi guarda una donna desiderandola, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. 

La forza è tutta in quel “ma io vi dico” che fa di Gesù il nuovo Mosè che dona la legge nuova del Regno.

    Nel vangelo di oggi è ben chiara anche la presentazione di Gesù esorcista, che scaccia i demoni con il dito di Dio distruggendo il regno di Satana per sostituirvi il Regno di Dio. E questo  lo grida chiaramente proprio l’indemoniato nel vangelo di oggi: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”. 

Notiamo che nei Vangeli gli unici che fanno chiasso o creano scompiglio e turbamento sono i demoni o coloro che sono posseduti o sobillati da essi: “e lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte uscì da lui”. In genere invece Dio si manifesta, come al profeta Elia “nella voce di un silenzio sottile”. E questo spinge la nostra riflessione sulla realtà del demonio e della sua azione. Egli è omicida e mentitore fin dal principio, quindi ama dare di sé un’immagine falsa per poter ingannare meglio le anime. 

Anche una certa cinematografia horror, dal film “l’esorcista” in poi, calca la mano su quest’aspetto, e presenta lo spirito del male come colui che possiede le persone e fornisce manifestazioni terrificanti di sé. Ma forse Satana si presenta così per spaventarci ed ingannarci, e per distogliere così l’attenzione dal suo più subdolo e nascosto modo di tentare le anime, spingendole al male con un uso sbagliato della loro libertà, e ripiegando l’uomo sul proprio io, che lentamente si sostituisce a Dio (S. Bernardo parla di “homo incurvatus”). 

E’ il modo con cui ha tentato perfino Gesù nel deserto, offrendogli il dominio sulle cose, sulle persone e sui regni della terra, oppure mettendosi addirittura sulla bocca di Pietro per distoglierlo dalla Croce e dalla volontà del Padre. Gesù combatte il modo eclatante di manifestarsi del maligno scacciandolo con la potenza di Dio, e combatte il secondo modo con la forza dello Spirito Santo, con la Parola, l’umiltà e l’obbedienza alla volontà del Padre: dandoci un esempio di come si affrontano le attraenti lusinghe del maligno e tenendo sempre lo sguardo fisso su Dio e sui fratelli, e non sul nostro io. In un libro di qualche anno fa’: “Le lettere di Berlicche”, un demonio esperto suggeriva a un diavoletto di primo pelo di non tentare subito l’uomo, ma di distaccarlo prima di tutto da Gesù Cristo e poi dal proprio presente, illudendolo che in un altro posto o in un altro tempo o con altre persone sarebbe stato meglio. Fatto questo era facilissimo spingerlo in ogni peccato. 

E’ solo nel nostro presente che possiamo santificarci rimanendo uniti a Cristo e ai fratelli che abbiamo accanto, perché i veri mostri da combattere non sono solo fuori di noi, ma principalmente dentro di noi. Sono i “pensieri” di cui è piena la letteratura monastica, che richiedono da noi una costante vigilanza e conversione, si introducono in noi attraverso i sensi e ci chiudono nella gabbia dorata della schiavitù del nostro io, facendoci prigionieri della “carne” in senso paolino: cioè di tutto l’uomo che si sottrae allo Spirito di Dio e finisce per portare frutti come: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordie, invidie, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Chi invece combatte l’uomo vecchio radicato nei criteri della carne e si lascia guidare dallo Spirito produce amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé, com’è ben spiegato in Galati 5. 

Non possiamo sottrarci a questo combattimento spirituale se vogliamo giungere alla pace interiore ma dobbiamo sostenerlo, e per tutta la vita, seguendo l’esempio di Gesù e lasciandoci pervadere dallo Spirito Santo. A questo proposito vorrei concludere con una piccola storiella moderna ma degna degli apoftegmi dei Padri del deserto:

 

“COMBATTERE I NEMICI DELLA FELICITA'"

Si racconta di un eremita: una di quelle persone che per amore a Dio si rifugiano nella solitudine del deserto, del bosco o delle montagne per dedicarsi solamente alla orazione e alla penitenza. Molte volte si lamentava di essere sempre occupatissimo. La gente non capiva come fosse possibile che avesse tanto da fare nel suo ritiro. Ed egli spiegò: "Devo domare due falconi, allenare due aquile, tenere quieti due conigli, vigilare su un serpente, caricare un asino e sottomettere un leone". "Non vediamo nessun animale vicino alla grotta dove vivi. Dove sono tutti questi animali?". Allora  l'eremita diede una spiegazione che tutti compresero. "Questi animali li abbiamo dentro di noi. I due falconi, si lanciano sopra tutto ciò che gli si presenta, buono e cattivo. Devo allenarli perché si lancino solo sopra le buone prede... Sono i miei occhi. Le due aquile con i loro artigli feriscono e distruggono. Devo allenarle perché si mettano solamente al servizio e aiutino senza ferire... Sono le mie mani. E i conigli vanno dovunque gli piaccia, tendono a fuggire gli altri e schivare le situazioni difficili. Gli devo insegnare a stare quieti anche quando c'è una sofferenza, un problema o qualsiasi cosa che non mi piaccia... Sono i miei piedi. La cosa più difficile è sorvegliare il serpente anche se si trova rinchiuso in una gabbia con 32 sbarre. E' sempre pronto a mordere e avvelenare quelli che gli stanno intorno appena si apre la gabbia, se non lo vigilo da vicino, fa danno... E' la mia lingua. L'asino è molto ostinato, non vuole fare il suo dovere. Pretende di stare a riposare e non vuole portare il suo carico di ogni giorno... E' il mio corpo.
Finalmente ho necessità di domare il leone, vuole essere il re, vuole essere sempre il primo, È vanitoso e orgoglioso... Questo è... il mio cuore".  Se vuoi essere veramente felice non trascurare questo combattimento spirituale…”

                                                       Fr Gabriele

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