Omelia per la XXIX domenica del Tempo Ordinario (20 ottobre 2024 - Anno B)
É un brano di vangelo molto particolare, e certamente fuori dalla nostra mentalità comune. Sembra che Giacomo e Giovanni abbiano una mentalità “sindacale” e uno spirito di arrivismo che è molto comune anche nella società del nostro tempo. Gesù ha appena predetto per la terza volta il suo destino di passione e morte, di rifiuto da parte degli uomini e soprattutto dei capi politici e religiosi dei Giudei, e i due “figli del tuono” gli domandano di sedere uno alla destra e uno alla sinistra nel suo regno. Un altro evangelista fa intervenire anche la loro madre per fare questa “raccomandazione” a Gesù. Niente di nuovo sotto il sole! E gli altri discepoli, sdegnandosi contro i due “arrivisti” dimostrano di avere gli stessi criteri di valutazione e si lasciano trascinare dal risentimento e dall’invidia. Sembra di veder descritti alla lettera certi ambienti di lavoro a noi contemporanei!
Ma sotto questi atteggiamenti c’è un’idea
sbagliata di Gesù come Messia. La stessa idea sbagliata che avrà Pietro quando
rifiuterà che Gesù gli lavi i piedi. Si aspettavano un Messia potente e
glorioso, che liberasse Israele dai suoi oppressori e restaurasse il Regno di
Davide, o di Salomone, in tutto il suo splendore. E non erano soli! Tutti i
giudei del tempo, dagli zeloti ai sacerdoti e agli scribi e farisei avevano
questa idea, tanto che i dottori della legge del tempo, che normalmente
commentavano le scritture anche nelle virgole, quando arrivavano ai quattro
cantici del servo di Dio in Isaia, che presentano invece un Messia sofferente e
sconfitto, uomo dei dolori che ben conodce il patire, li saltavano a pié pari.
Un’idea del genere era troppo fuori dal loro orizzonte mentale! Tant’è vero che
insulteranno Gesù sulla croce proprio mettendo in discussione la sua identità
divina: “se sei il Figlio di Dio salva te stesso: scendi dalla croce e ti
crederemo!”. Solo dopo la Morte e la Risurrezione di Gesù i suoi discepoli
scopriranno le sua vera identità e questo manderà in frantumi l’idolo che di
lui si erano fatti”. “Stolti e tardi di cuore nel credere all’insegnamento
delle Scritture! Non bisognava che il Figlio di Dio soffrisse tutto questo
per entrare nella sua gloria?”.
Evidentemente i criteri di Dio sono
differenti, se non completamente opposti, a quelli umani. Gesù lo dice
chiaramente: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per
servire, e dare la sua vita in riscatto per molti”. Questa frase ci riporta a
un gesto fondamentale compiuto da Gesù che, avendo amato i suoi che erano nel
mondo li amò sino alla fine”, ed è la lavanda dei piedi. In quell’Ultima Cena
l’abbassamento del Figlio giunge al suo limite estremo, amare fino alla fine
vuol dire amare completamente senza risparmiare sé stesso. Già L’incarnazione è
un grande atto di amore e di umiltà per Chi, “pur essendo di natura divina non
considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso
divenendo simile agli uomini”. Il figlio di Dio si fa nostro fratello assumendo
tutti i nostri limiti fuorché il peccato. Ma nell’Ultima Cena Egli va oltre, si
fa nostro schiavo: erano gli schiavi infatti che lavavano i piedi ai commensali
al momento del loro arrivo. Gesù invece compie questo gesto al centro dell cena
pasquale, e in Giovanni questo gesto sostituisce il racconto dell’istituzione
dell’Eucaristia presente negli altri evangelisti e in S. Paolo. Possiamo capire
come questo susciti la meraviglia e anche, in Pietro, un senso di rifiuto. Ma
dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli Gesù va oltre ancora… si è fatto
uomo, si è fatto schiavo e poi si fa cibo per i suoi, si dona interamente senza
risparmiare per sé nemmeno il Suo corpo e il Suo sangue, e si dona a tutti,
anche a Giuda pur sapendo che l’avrebbe tradito e anche a Pietro pur sapendo
che lo avrebbe rinnegato. Egli amò sino alla fine perché “svuotò sé stesso” completamente,
senza misura, racchiudendo nel Sacramento dell’Eucaristia quanto avrebbe
compiuto sulla Croce e risorgendo dal sepolcro.
In questa luce possiamo comprendere
chiaramente l’insegnamento che Gesù imparte nel vangelo di oggi: “Voi sapete
che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi li
opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuol diventare grande tra voi sarà
vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”.
Come vedete si nota la coerenza di Gesù che di nuovo respinge le tre tentazioni
del demonio all’inizio della sua vita pubblica, satana infatti lo lusinga con
il desiderio del possesso, del potere e del successo. Lui invece è il Figlio e
il Servo per eccellenza e insegna ai suoi la stessa logica, che non è
certamente quella del mondo e nemmeno quella dell’aspettativa dei suoi
contemporanei.
É senza dubbio un insegnamento quanto mai
attuale anche per noi, immersi nell’arrivismo e nella sete di potere e di guadagno
che ci circonda. Guardare a Gesù, non cercare nulla di “superiore alle nostre
forze”, farci servi per amore e come lui amare senza misura, fino alla fine,
perché la misura dell’amare Dio è amare Dio senza misura” come dice S.
Bernardo, e amare il prossimo come se stessi, servendolo e facendocene carico
come Gesù. Buon samaritano per l’umanità intera.
Fr Gabriele
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