Omelia Ascensione del Signore (21/05/2023 -Anno A-)


 

Quando ci si dispone per un viaggio, un’avventura, un passo importante della propria vita bisogna giustamente fare i conti con la realtà, la disponibilità di mezzi, di forze, di competenze per affrontare quell’esperienza. Sarebbe da sprovveduti voler affrontare imprese che oggettivamente superano le nostre possibilità, vuoi per una mancanza strutturale -inutile pretendere di volare, non essendo dotati di ali-, vuoi per una mancanza di allenamento, di potenziamento delle qualità richieste -gli alpinisti esperti ci dimostrano che l’uomo può raggiungere le vette più alte del mondo, e tuttavia non per questo la maggior parte di noi potrebbe domani avventurarsi in una tale impresa-.

C’è però ancora un aspetto da prendere in considerazione al momento di decidere se lanciarsi in una grande impresa: è quello del desiderio che tale impresa suscita in noi. Il desiderio ha permesso il raggiungimento di alte vette a uomini che in quanto a qualità naturali e ad allenamento non apparivano inizialmente dotati dell’equipaggiamento necessario.

San Paolo nella seconda lettura ci presenta il Vangelo, e ci propone di assumere, di intraprendere la vita in Cristo non facendo troppo affidamento sulle nostre capacità umane, sul bagaglio naturale di cui siamo dotati, ma sul desiderio che una tale avventura suscita in noi: 

“Il Dio del Signore Gesù Cristo ... vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore”.

Ci si mette in cammino dunque perché si è attratti da qualcosa. Certo, bisognerà fare i conti per capire se con un esercito di diecimila uomini si sarà in grado di affrontarne uno di ventimila, o se si dispone dei mezzi per costruire una torre e non dover lasciare l’opera incompiuta a metà ... Ma senza il desiderio della conquista di quel regno, senza il desiderio di innalzarsi verso il cielo, non basterebbe la garanzia della sovrabbondanza di forze e di mezzi per lanciarsi nell’impresa. “Il Dio del Signore Gesù Cristo vi faccia comprendere a quale speranza siete stati chiamati”: è la speranza del raggiungimento di quel regno a cui Lui stesso oggi ascende, e nel quale ci garantisce di aver preparato molti posti; è la speranza di essere innalzati accanto a Lui nella gloria.

San Paolo precisa che abbiamo bisogno di conoscerlo in profondità per nutrire questa speranza e riaccendere costantemente il desiderio di Lui, del suo regno, dell’essere innalzati accanto a lui per stare alla sua presenza.

Finché una cosa non la si conosce, non la si può desiderare: si può intuirne un vago bisogno, difficile da nominare, da riconoscere. E invece, nella misura in cui si approfondisce l’identità di quell’oggetto, di quella persona, e la sua corrispondenza con ciò per cui siamo fatti, la sua attinenza con ciò che ci attrae, ci completa e ci rende felici, allora nasce una reale ricerca e adesione a quella persona.

Il nostro desiderio di eterno, di infinito, si incrocia con il traguardo che oggi Gesù raggiunge, ci prospetta e ci promette; il nostro bisogno di cura, ricevuta e data, è intercettato dalla promessa che oggi Gesù fa ai suoi discepoli appena prima di ascendere al cielo: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

A motivo della necessità di questa profonda conoscenza di Lui, che consenta ad ogni uomo di orientare il proprio desiderio e la propria ricerca di felicità, l’ascensione del Signore è accompagnata anche da una missione che Gesù affida ai suoi: annunciare, battezzare, insegnare e camminare sulla via tracciata dal Maestro, sulla via del Vangelo.


In tal senso sarebbe più logico aspettarsi che la Pentecoste preceda l’Ascensione. Per compiere questa missione di annuncio che il Signore ci affida, sembrerebbe innanzitutto necessario disporre di quell’equipaggiamento idoneo per tale avventura, essere rivestiti di quelle qualità, naturali o soprannaturali che siano, per avventurarsi in questa impresa, vale a dire i sette doni dello Spirito santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio. 

Ma la missione può realizzarsi, può essere autentica soltanto se all’origine c’è il nostro desiderio di Lui, del suo regno, dell’innalzamento accanto a Lui; se la nostra vita testimonia e lascia trasparire questo desiderio.

Ecco allora perché oggi celebriamo l’ascensione del Signore, il compimento della vita terrena di Gesù, il raggiungimento del traguardo suo e l’annuncio del nostro: per suscitare, riaccendere il desiderio di intraprendere l’avventura della vita sotto la guida del Vangelo.

Fr Amedeo


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