Omelia della domenica del T.O. (20/11/2022 -Anno-) Cristo Re
Il vangelo di oggi sottolinea la crocifissione di Cristo Re in mezzo a due ladroni. Si può dire che in Luca questo significa l'incontro di Dio con Adamo, un abbraccio che accende nel cuore del peccatore una luce di pace. Il Figlio lo rivela condividendo la stessa pena, Le parole di perdono nei confronti di chi lo crocifigge rivelano che in questo momento si compie la salvezza predicata da Giovanni Battista, e professata nel Benedictus. Sulla Croce chiede al Padre ciò che da sempre Egli desidera donare all'uomo: la libertà dal peccato e dalla morte.
Si spezza il destino tragico sorto con il peccato originale; possiamo percorrere una via diversa la sua misericordia spezza il meccanismo perverso che dal peccato originale avvelena la vita dell'uomo. Siamo perdonati senza misura e dobbiamo perdonare ai nostri fratelli sempre e volentieri (70 volte 7). Questa novità nasce dal Cristo Crocifisso. Le sue vesti tirate a sorte (salmo 21 citato esplicitamente dal crocifisso di Matteo) ci dicono che Dio in Cristo non confeziona solo le tuniche di pelli per coprire Adamo ed Eva, egli “condivide” anche la nostra nudità, le sue vesti date sono il segno della nostra ritrovata dignità filiale (Figliol Prodigo).
Anche noi siamo invitati a guardare ciò che avviene insieme col popolo. Si confrontano la sapienza umana con quella di Dio: l'una dice “salva te stesso”, l'altra salva tutti donando se stesso fino in fondo. La sapienza di Dio è altra! Il Dio che conoscono i capi del popolo non può “perdersi”: se non si salva non è il messia e non può salvare nessun altro! E' anche quanto gli suggerisce il “cattivo” ladrone. Questo è un ideale a nostra immagine, non è il vero Dio, ma una nostra proiezione è la logica delle tre tentazioni di satana nel deserto che ritorna sulla bocca dei sacerdoti e dei capi del popolo e sulla bocca di uno dei due condannati: “ Pensa a te stesso, usa le cose per te, stupisci per obbligare a credere, adorami e sarai re, ricchissimo e potente.” Il vero Dio salva gli altri perdendo se stesso! E anche i soldati scherniscono e torturano, diventando crudeli, essi pensano che il re per eccellenza deve salvare se stesso, quindi Gesù è un re da nulla.
La scritta sul suo capo dovrebbe essere la motivazione della condanna, ma per Luca diventa la rivelazione dell'uomo riuscito secondo la sapienza di Dio. La sua gloria è nell'essere l'ultimo di tutti e il servo di tutti, il suo potere è servire, la sua vita è dare la vita. Mentre il cattivo ladrone diventa blasfemo nel sottolineare che Gesù è un “Dio inutile perché non salva se stesso” il buon ladrone da invece la lettura autentica della scena: Dio stesso si è caricato della nostra pena; Dio, rivelato dal figlio, si è messo nel posto giusto secondo la sua sapienza: al nostro fianco, condivide il nostro male e ci salva efficacemente.
Il buon ladrone bussa alla porta di questo strano Re che è giunto accanto a lui. Il Regno si compirà quando tutti entreranno nella figliolanza del Padre. “Oggi” la salvezza è inaugurata per tutti. La pecora perduta è caricata sulle spalle e portata a salvezza. Lo sposo prende in braccio la sposa per portarla nella sua casa, per vivere sempre insieme nel giardino preparato per loro fin dalla fondazione del mondo. La croce diventa talamo, trono ed altare.
Le tenebre avvolgono la scena, da mezzogiorno alle
tre del pomeriggio. Ci si rifà alla
profezia di Amos 8, 9-10: in quel giorno farò tramontare il sole a
mezzogiorno...cambierò le vostre feste in lutto. E' il giorno dell'uccisione di
Gesù, tutta la creazione partecipa a questo lutto: ma Dio è presente nel seme
che muore e porta un frutto di rigenerazione per tutto l'uomo e per tutto
l'universo. Il velo del tempio si squarcia e noi possiamo contemplare Dio ed
entrare direttamente in contatto con lui: è Gesù il volto di Dio per noi
malfattori. Non c'è più distanza, Gesù consegna la sua vita nelle mani del
Padre e da questo atto di affidamento avrà origine la nuova creazione. Gesù
rimane figlio dell'Abbà anche in quel momento, quando si congeda dal soffio
della vita. La morte può essere vissuta nella pace e nella fiducia. A chi si
affida a lui, come il buon ladrone Gesù dona la grazia di saper morire come
lui. E Luca questo lo afferma costruendo il racconto del martirio di Stefano in
parallelo con la crocifissione di Gesù. Gesù dice : “Padre perdona loro perché
non sanno quello che fanno” e Stefano “Signore Gesù non imputare loro questo
peccato”. Gesù dice “padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” e Stefano
dice “Signore Gesù accogli il mio spirito”. L'unica differenza è che Gesù si
rivolge al Padre, mentre Stefano a Gesù, ma i sentimenti e gli atteggiamenti e
il modo di vivere la morte sono gli stessi. Il centurione stesso viene
coinvolto in quest'atto di consegna: era il capo dei carnefici, colui che
guidava l'esecuzione, eppure nel suo atto di fede abbiamo l'eco della prima
vittoria di Gesù, che porta a Dio anche il suo torturatore.
Se
volessimo chiedere ai quattro evangelisti di prendere pennello e colori e di
dipingere il loro Gesù nel
momento supremo del sacrificio della Croce, ci troveremmo di fronte a ritratti
completamente diversi.
Marco
dipingerebbe un Gesù solo
e sofferente sulla croce: stagliato contro un cielo plumbeo e
oscuro, mettendo in risalto tutto lo strazio umano del suo corpo martoriato e
l’angoscia spirituale dell’esperienza dell’abbandono. Con ai suoi piedi un
pagano stupito, il centurione, che vedendolo morire a quel modo proclama: “Veramente
quest’uomo era Figlio di Dio!”
Matteo aggiungerebbe
al quadro, fondamentalmente come quello di Marco i due ladroni, e, sullo sfondo
il velo del tempio che si squarcia e i morti che escono dai sepolcri e d
entrano in Gerusalemme, apparendo a molti.
Luca, come
abbiamo visto, dipinge uno sfondo meno cupo, mette in risalto la presenza dei
due ladroni e due fasci di luce che illuminano la scena: quel “Padre,
perdona loro perché non sanno quello che fanno”, mentre lo stanno
inchiodando alla croce, e quell'“oggi sarai con me nel paradiso” detto al buon ladrone.
Giovanni dipingerebbe invece un Gesù glorioso, vestito dei paramenti
regali e sacerdotali, vivo sulla Croce, con gli occhi aperti e la corona regale
sul capo, su uno sfondo d’oro da Icona bizantina, già risorto e glorificato, che manda il
suo Spirito sulla Chiesa (raffigurata da Maria e da lui stesso ai piedi della
Croce) e la arricchisce dei sacramenti pasquali: il Battesimo e L’Eucaristia:
il sangue e l’acqua che sgorgano dal suo fianco squarciato, come l’acqua
risanatrice che scaturisce dal lato destro del Tempio nella visione di Ezechiele.
Visione che metterebbe sullo sfondo.
Questo è il Re di quel
reame dove servire è regnare, dove chi ama la sua vita la perde, ma chi la dona
totalmente la conserva eternamente. E allora lasciamoci ferire dall’ammonizione
di S.Bernardo: “Si vergogni che fa sfoggio di lusso e di ricercatezza sotto un
Capo coronato di spine!”
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