Omelia per la messa della Notte di Natale 2025
Nel cuore di questa notte contempliamo la nascita di un
Bambino. Di Dio che prende dimora in questo mondo nella vita di una piccola
creatura, nata dalla Vergine Maria. Questo mistero tanto grande, sul quale la
liturgia ci invita a soffermarci ogni anno, ci stupisce sempre, ci infonde una
certa pace e serenità. Ma tutti questi sono sentimenti che possono nascere di
fronte ad un mistero che rischiamo di aver addomesticato ben bene.
Naturalmente c’è sempre uno stupore e una meraviglia di fronte alla nascita di un piccolo bambino o bambina. E così potrebbe accadere che ci avviciniamo a questa festa, ci stringiamo attorno al presepe, con gli stessi sentimenti con cui andiamo a salutare un piccolo neonato felicitandoci con i genitori.
Al tempo stesso, forse, ci ritroviamo a vivere la gioia e la
serenità di chi gusta gli affetti familiari - di cui da sempre questa festa è
stata “custode” - con un bagaglio di “tradizioni” e di “riti” che si
rispolverano per l’occasione e che danno colore a questa ricorrenza: le luci e
gli addobbi, i doni scambiati, la cura della tavola.
Oppure potremmo essere giunti a questa notte con la
nostalgia, a volte anche straziante, di chi quegli affetti li vorrebbe
ritrovare, ma si trova in una situazione nella quale la vita sembra essere
avversa, nemica e sembra privare della gioia che tanto è annunciata in questi
giorni e che si vorrebbe profondamente vivere.
Insomma, questa festa nella quale celebriamo la nascita di una nuova Vita, porta forse con sé tutto il mondo delle “aspettative” di cose “già note”! Gesù è nato e trova un posto a lui assegnato nel solito angolo della casa, come anche le altre cose hanno il loro posto in questi giorni: l’albero, i doni, il presepe, la stella, i posti a tavola. E ci capita così di celebrare la nascita di un Dio-Bambino, che sebbene neonato, ha piuttosto la fisionomia di un Dio vecchio di 2000 anni, già conosciuto e che non ci riserva più sorprese… e forse al quale chiediamo di non riservarci sorprese! Già la vita è ricca di sorprese che ci destabilizzano e chiediamo che almeno il Signore ci lasci tranquilli… almeno questa notte!
Ma questa celebrazione non dovrebbe lasciarci “tranquilli”! Se ogni anno celebriamo un Dio che si fa bambino, è perché il Signore ci vuole ricordare che Lui, abitando questa nostra vita e camminando davanti a noi, si presenta sempre in “vesti nuove”, perché Lui è sempre al di là di quanto già conosciamo. E vuole anche che le nostre vite non si accontentino del poco che hanno raggiunto: siamo chiamati a qualcosa di sempre più grande.
C’è una grazia “che
porta salvezza” che ci attende, che sta davanti a noi! C’è una vita che
spezza il giogo e le sbarre che pesano sulle nostre spalle senza che nemmeno
noi ce ne accorgiamo. Come ogni vita nuova che si affaccia su questa terra, anche
la celebrazione di questa notte, per quanto sia fonte di gioia, chiede che
tutti gli equilibri nei quali riponiamo le nostre sicurezze siano rimessi in
discussione perché una nuova Vita germogli.
Il Signore si presenta a noi nella carne di un bambino e questa vita che si fa spazio ci chiede di cantare “un canto nuovo”. Ma quale è il canto nuovo che possiamo intonare questa notte? Quale è il nome nuovo con il quale possiamo lodare il Signore oggi? Quale è la salvezza che sta operando ora nella nostra vita? come il Signore ci sta visitando?
La liturgia di oggi ci consegna qualche criterio per discernere e mi soffermo su due aspetti a partire da due immagini che la Parola ci consegna: la luce e il neonato.
Innanzitutto la luce. Il Signore entra nelle nostre vite come una luce che brilla nelle tenebre. Queste tenebre possono essere quei momenti bui nei quali ci è chiuso ogni orizzonte e che mettono alla prova la speranza e ci possono ripiegare in una sorta di tristezza. Oppure possono essere semplicemente il vivere una vita, anche piuttosto serena, ma ferma, immobile, che non ha grandi aspettative, non ha voglia di esplorare nuove dimensioni o di rimettersi in cammino. Ma se interrompiamo tutte le nostre “abitudini” e corse che rischiano di affannare questi giorni, e proviamo ad alzare la testa, a risvegliare il nostro cuore alla ricerca, forse una luce all’orizzonte la intravvederemo. In questa notte il Signore ci dice che Lui viene a noi con una luce, forse una piccola scintilla, che ci precede e che illumina anche solo un pezzo di strada nuovo, un bagliore che rende almeno possibile un primo passo. Se osiamo tenere il passo dietro a questa luce, sperimenteremo il cuore pacificarsi, dilatarsi e il nostro sguardo purificarsi. Ci renderemo conto di quanta bellezza abbiamo davanti a noi, e di quali zavorre impediscono o rendono goffi i nostri cammini. Ci attendono orizzonti ampi, quelli preparati dal cuore di Dio, ed invitati a camminare con Lui siamo esortati forse ad avere il coraggio di abbandonare tutto ciò che, sebbene rassicurarci, ci trattiene e ci immobilizza.
Poi un secondo criterio di discernimento. Questa bellezza che abbiamo davanti si presenta a noi nelle vesti di un neonato. Una nuova vita. Mi colpisce che questa nuova vita il Signore la presenta attraverso qualcosa di piccolo, fragile e indifeso, ma che al tempo stesso custodisce in sé qualcosa di grande, di potente, di forte. La piccola vita custodisce una grande potenzialità. E solo Dio è capace di conciliare questi estremi. È interessante vedere come la Scrittura ci presenta Dio e l’opera di Dio sempre a partire da cose piccole che hanno un grande potenziale: il seme, il lievito, la vita di un piccolo neonato. In questo tempo di Avvento attirava la mia attenzione l’immagine del Germoglio. I profeti, parlando del Messia che viene, hanno usato questa metafora. Il germoglio è qualcosa di fragile, che richiede cura, ma al tempo stesso potente, tale da riuscire a superare quelle resistenze e quegli impedimenti che sembrerebbero essere più forti: il peso della terra che copre il seme, la dura scorza dell’albero, che sembrerebbe resistere al nascere della gemma. Così la vita divina che raggiunge le nostre vite: si presenta come un germoglio, piccolo, apparentemente fragile eppure è più potente di qualsiasi cosa che possa rappresentare un impedimento.
Il profeta Zaccaria usa una bella espressione per parlare
del Messia che viene:
“Ecco un uomo il cui nome è Germoglio: là dov’è, qualcosa
germoglierà!” (Zc 6,12). Il Signore entra nelle nostre vite come un germoglio,
come una piccola vita, potente e che chiede al tempo stesso cura, attenzione. Bisogna
solo fargli spazio. Ma questa parola del profeta ci dice anche che per noi ci
deve essere una unica preoccupazione: quella di dimorare lì dove troviamo questo
Germoglio, dove piccoli segnali di vita si affacciano all’orizzonte. Poi qualcosa
accadrà… qualcosa fiorirà nella nostra vita!
È questa una promessa, è questa una certezza!
In questa notte di Natale, contemplando Dio-bambino deposto in una mangiatoia, chiediamo che la Luce che viene nel mondo rischiari il nostro sguardo e ci aiuti a riconoscere i piccoli germogli di Vita che l’amore fedele di Dio continua a seminare lungo il nostro cammino.



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