Omelia per la messa del Giorno di Natale 2025
Eccoci di fronte un mistero amato, conosciuto, ma infinito e mai compreso. Mistero certo di gioia perché in esso è celato il segno di un amore incredibilmente immenso; ed essere amati fa sempre piacere, dà gioia e ancor più permette di vivere. Però nella nascita di Dio a Betlemme questo amore ci apre gli occhi a una realtà grande e anche tremenda. L’amore entra nelle grotte buie della storia dell’uomo e delle sue follie, come dell’immenso eroismo della carità che è la vera bellezza del mondo. L’amore abbraccia e stringe a sé, non guarda le brutture e le macchie dell’amato. Così è Dio. L’amore entra anche nelle grotte buie della nostra esistenza, del nostro mondo come pure del nostro peccato là dove siamo più soli, più tentati di disperazione, dove non riusciamo a vedere la Bellezza perché è velata (anche se nonostante tutto non cessa di esistere). Tutti i simboli natalizi, compresi i regali quando sono veramente tali, ci fanno uscire dal buio; Dio esiste ed è nella nostra vita, gli altri esistono e ci chiamano ad una comunione anche se tanto silenziosa come quella di Maria e Giuseppe intorno a Gesù. E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. La fedeltà di Dio è eterna: il Verbo non toglierà la sua tenda piantata nel nostro giardino invaso di rovi e gramigna e purtroppo sporco di sangue innocente. La festa dei Santi Innocenti fra tre giorni (anche se quest’anno non sarà nella liturgia) lo testimonia. È una festa inseparabile da quella di Natale; rischiamo di non ricordare dove Dio ha piantato la sua tenda, dove ha fatto costruire il suo vero Tempio e dove è il nostro cuore. Basta un granello di amore per far scattare un grande movimento, gli angeli che cantano nel cielo, i pastori che si muovono verso la grotta, i magi che si incamminano senza sapere dove andare, ma attirati da qualcosa, Qualcuno, che è il dono dell’amore divino; e Giovanni che adora il mistero e lo condivide con noi con parole bellissime e profonde. L’amore fa scattare anche la perversione annidata nel cuore dell’uomo: Erode è preso dalla paura, dalla gelosia, dall’invidia, la gente di Gerusalemme chiacchiera, ma non si muove e il Verbo posto in una mangiatoia rimane lo sconosciuto, l’adorato da ben pochi. Però quando Dio ama non è cosa banale, non dice paroline dolci, dice una Parola, ma questa sconvolge tutto, tutto l’odio perché è amore, la disperazione perché è Salvatore, la solitudine perché è comunione, la morte perché è vita. Nonostante la nostra miopia non possiamo più guardare la vita che ci circonda come prima perché nelle viscere della nostra esistenza non sradicabili c’è un bambino, il Dio eterno. Giorno di silenzio e di canti è questo, giorno di mistero e di gioia, che porta una ferita. La ferita rimarrà aperta e si rinnoverà fino al Golgota: piaga testimone di un amore che non diminuirà mai, che ci sveglia al mattino e ci consola la sera.
p. Cesare



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